Alimentazione - Infermieri Net
Alimentazione e dietetica
Thursday, August 31, 2006
Sunday, March 16, 2003
QUANDO GLI ZUCCHERI VANNO SU E GIU’
Catia Trevisani, medico e direttrice della Scuola Italiana di Medicina Olistica (SIMO) []
Oltre ai più noti macronutrienti: zuccheri (carboidrati), grassi (lipidi) e proteine, il nostro organismo necessita, per vivere, anche dei cosiddetti micronutrienti. Si tratta di fibre, minerali e vitamine, indicati con il termine “micro”, non tanto per la loro minore importanza per il nostro metabolismo, quanto per il fatto di essere presenti in piccole quantità. Tra i macronutrienti sono soprattutto i carboidrati, contenuti in cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi ad essere interessati direttamente al fenomeno dell’ipoglicemia. Semplici o complessi Dal punto di vista chimico, i carboidrati si distinguono in zuccheri semplici e zuccheri complessi, quest’ultimi sono legati fra loro per formare ‘catene’ di varia lunghezza. Un monosaccaride è un carboidrato formato da una sola molecola di zucchero (esempio: glucosio, fruttosio, galattosio); un disaccaride è un carboidrato formato da due molecole di zucchero (es: glucosio + glucosio = malto; glucosio + fruttosio = saccarosio; glucosio + galattosio = lattosio); infine gli oligosaccaridi sono formati da 3 a 11 molecole di zuccheri; le destrine sono formate da centinaia di oligosaccaridi; i carboidrati complessi sono formati da migliaia di oligosaccaridi (è il caso di: amidi, cellulosa, pectine, glicogeno). Con il processo della digestione tutti i vari tipi di carboidrati vengono trasformati in glucosio. Gli zuccheri semplici vengono assorbiti dall’intestino e convogliati al fegato il quale ne regola il metabolismo; quando il glucosio è in eccesso il fegato lo trasforma in grosse molecole (glicogeno) che fungono da deposito per fornire energia in caso di emergenza. Quando i depositi di glicogeno raggiungono la saturazione il glucosio in eccesso viene convertito in acidi grassi e trigliceridi, i famosi grassi che vengono poi immagazzinati come tessuto adiposo in varie parti del corpo. Cosa accade durante il digiuno Il mantenimento dei valori del livello di glucosio nel sangue (glicemia) entro limiti relativamente ristretti (50-85 mg/100 ml) è una caratteristica fondamentale di un organismo che gode buona salute. Non bisogna dimenticare che il glucosio è il substrato energetico principale del cervello ed una sua carenza, allo stesso modo di una carenza di ossigeno, produce disturbi più o meno gravi della funzione cerebrale. Questo perché il cervello non è in grado di utilizzare altri substrati come fonte di energia, al contrario di quasi tutti gli altri tessuti corporei che in carenza di zuccheri utilizzano dei derivati dei grassi (acidi grassi liberi). Durante la prima fase del digiuno, per esempio, l’organismo mantiene un’adeguata funzione cerebrale grazie alla capacità del fegato di liberare glucosio dai depositi, inoltre il fegato è in grado di sintetizzare glucosio a partire da altri precursori che vengono messi a disposizione dai tessuti periferici. Nello stesso tempo diminuisce l’utilizzazione del glucosio da parte degli altri tessuti che “si accontentano” di altre sostanze, lasciando il prezioso glucosio prodotto dal fegato al grande signore “il cervello”. Tutti questi meccanismi di adattamento sono controllati da ormoni e sono estremamente efficaci. I quattro ormoni che in questo ambito entrano in gioco sono: adrenalina e cortisolo (sono i due ormoni dello stress), glucagone (esatto antagonista dell’insulina, prodotto dal pancreas) e l’ormone della crescita, GH. Diversi tipi di glicemia L’ipoglicemia è appunto un abbassamento della glicemia (valori inferiori ai 50 mg/100 ml); più propriamente l’abbassamento eccessivamente rapido della glicemia o la fluttuazione della stessa. Ovviamente si tratta di un fenomeno che può manifestarsi con modalità diverse. L’ipoglicemia organica, è abbastanza rara ed è provocata da anomalie pancreatiche, patologie del fegato, dei surreni, della tiroide o della ghiandola ipofisi, si tratta di malattie che portano ad uno squilibrio del sistema di controllo, il sistema ormonale. L’ipoglicemia funzionale è invece molto comune, è provocata da un’eccessiva secrezione di insulina (ormone rilasciato dal pancreas) come reazione ad un consumo elevato di dolci e di stimolanti. I sintomi generali più comuni a questi disturbi sono: sensazione di stanchezza, mancanza di forze, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, vertigini, tendenza agli svenimenti con o senza oscuramenti della vista, irritabilità, sudorazione, estremità fredde, dolori muscolari, tremori, mal di testa, tachicardia, sbalzi d’umore fino ad apatia, depressione, ansietà, insonnia e fobie. In particolare, la sudorazione, i tremori, l’ansietà, il nervosismo e il senso di fame sono dovuti alla liberazione di adrenalina. Qui non discutiamo dell’ipoglicemia grave che comporta sintomi cerebrali fino alle convulsione e la perdita di coscienza in quanto sono rari e legati a patologie importanti. Le cause più comuni Le cause più comuni dell’ipoglicemia funzionale sono: I. Elevato consumo di zuccheri e di farine raffinate II. Intervalli troppo lunghi tra i pasti III. Caffè e stimolanti IV. Carenze nutrizionali V. Stress ed esaurimento dei surreni VI. Carenze enzimatiche Attenzione a non confondere l’ipoglicemia con l’anemia di cui tratteremo nel prossimo numero, anch’essa dà alcuni sintomi simili come stanchezza, tachicardia, eccetera, ma ha un’origine completamente diversa. Il ruolo della GTF La regolazione del metabolismo del glucosio è anche influenzata da una molecola (GTF) che stimola e migliora le funzioni dell’Insulina, ormone che consente l’ingresso di glucosio nelle cellule dalle quali poi deve essere utilizzato. Questa molecola contiene Cromo, un minerale fondamentale per l’organismo (purché non si trovi in eccesso) che si trova nel lievito e nei cereali integrali, anche le vitamine del gruppo B, di cui sono particolarmente ricchi nei cereali integrali, svolgono un ruolo molto importante nel metabolismo degli zuccheri. Consigli alimentari Se questo è il quadro complessivo legato all’assorbimento degli zuccheri. Quali sono gli alimenti consigliati per evitare squilibri e disturbi metabolici? Ad essere sconsigliati sono soprattutto gli stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola); gli zuccheri raffinati; alcuni ortaggi come patate e zucca; dolcificanti come il miele; i cibi in scatola; i succhi di frutta e le bevande gasate. In particolare il consumo di caffeina è da evitare perché provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico, per lo stesso motivo è consigliabile non fumare. Anche il consumo di alcool è sconsigliabile perché danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; inoltre ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare. Dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati non vanno bene perché rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza. Per evitare l’insorgere di ipoglicemia funzionale è necessario fare attenzione anche all’apporto proteico, decisamente out sono carne di maiale, insaccati e carni rosse; mentre ampiamente consigliati sono cereali integrali, verdure e frutta di stagione, germogli di legumi e cereali, legumi, latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari), proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè), frutta secca, semi, oli spremuti a freddo, alghe e come bevande, tisane, caffè d’orzo e the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè). Va invece consumati con moderazione la frutta troppo dolce (banane, uva, meloni, anguria) il pesce, le uova; mentre ai carnivori impenitenti si consiglia almeno di preferire le carni bianche. Poco, ma spesso Due utili precauzioni per poter mantenere stabile il livello di glicemia a livello corporeo, soprattutto inizialmente, consiste nel consumare 6-8 piccoli pasti nel corso della giornata e nel mantenere stabili gli orari dei pasti. A questo proposito un’importanza particolare riveste anche la colazione, mentre molte utile è l’abitudine di assumere al risveglio un bicchiere d’acqua con spremuto ½ limone, ½ arancia o ½ pompelmo, oppure arricchita con un cucchiaino di aceto di mele. In sua sostituzione si può assumere una tazza di una tisana alle erbe (Tarassaco radice e foglie, bacche di ginepro, menta, camomilla, malva), assicurandosi che si tratti di erbe provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Altri alimenti consigliati sono: lievito di birra (in quanto contiene cromo, zinco, selenio e vitamine del gruppo B); lecitina di soia (coadiuvante delle funzioni epatiche); succo di ribes nero (contenente vitamina C che normalizza le funzioni dei surreni); semi (per il contenuto in Zinco) e olio di germe di grano (ricco di vitamina E). La crema Budwig In conclusione è indispensabile ridurre il più possibile gli zuccheri semplici a rapido assorbimento e consumare carboidrati complessi ad assorbimento lento in modo da rendere stabile il livello glicemico. I consigli della Macrobiotica in questo senso sono dunque utilissimi, ma anche il Metodo dietetico della dottoressa Kousmine ha qualcosa di veramente utile da insegnare a chi soffre dei sintomi tipi dell’ipoglicemia che riguardano certamente una grande fetta della popolazione. Tornando alla colazione, una proposta molto valida rimane la famosa crema Budwig leggermente modificata. Si tratta di un pasto naturale, composto solo da alimenti freschi. E’ un piatto che sazia, è delizioso, contiene tutte i principi nutritivi di cui si è parlato precedentemente ed assicura un livello glicemico costante per un tempo sufficientemente lungo. E’ il miglior sostituto alla tradizionale tazzina di caffè del mattino e fa miracoli. Una mente lucida, pronta, chiara, libera da irritazione e nervosismo, è più che mai importante per il benessere personale e questo è in qualche modo legato al nutrimento che ogni giorno scegliamo di offrire al nostro cervello. Per raggiungere questi risultati basta davvero poco. E’ sufficiente rispettare alcune semplici regole, in grado di assicurare all’organismo un benessere duraturo e una migliore qualità di vita al nostro quotidiano. ALIMENTI CONSIGLIATI Alimenti SI Alimenti No Latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari) Stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola) Cereali integrali Carboidrati raffinati Oli spremuti a freddo Dolcificanti Verdure di stagione Patate e zucca Frutta secca Miele Legumi Cibi in scatola Frutta di stagione Succhi di frutta e bevande gasate Proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè) Carne di maiale, insaccati, carni rosse Tisane, orzo, the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè) Germogli di legumi e cereali Semi oleosi Alghe Da consumare con moderazione Frutta troppo dolce come: banane, uva, meloni, anguria Carne bianca Pesce Uova I segreti del tè bancha Dalle modalità di raccolta e dalla natura dei trattamenti a cui sono sottoposte le foglie dipende gran parte delle proprietà organolettiche farmacologi che e nutrizionali che caratterizzano le numerosissime varietà di tè oggi in commercio, raggruppabili schematicamente in quattro grandi famiglie: tè verde, tè oolong, tè nero e tè bancha, di cui sono diffusi sul mercato italiano essenzialmente due tipi il Kukicha (o ì tè di tre anni) e l'Hojicha (o The bancha in foglie). Il primo è in realtà una miscela, composta per il 40% da rametti di tre anni ottenuti dalla parte inferiore della pianta; per l'altro 40% da rametti di dieci anni, raccolti in inverno; per il rimanente 20% da foglie e da rametti più sottili di un anno, raccolti in marzo e in giugno. L'Hojicha è invece preparato con le giovani foglie che si sviluppano dopo la raccolta dei germogli. Dopo essere passate a vapore per 2-3 minuti, le foglie vengono fatte asciugare lentamente in forno per bloccare ogni processo di fermentazione, lasciate riposare un anno ed infine tostate. I bancha si differenziano dagli altri tipi di tè per il bassissimo contenuto di caffeina (0,5-1,5% nell'Hojicha), del tutto assente nel Kukicha. La buona dotazione di oli essenziali, vitamine (B2, A, PP), sali minerali (calcio, ferro, potassio e fluoro). Di particolare interesse è il contenuto di tannini, responsabili del caratteristico sapore astringente, grazie all’efficace azione antibatterica e antivirale. Un'altra interessante caratterista del tè sembra essere rappresentata dall'attività anticarie anch'essa imputata all'elevato contenuto di tannini e potenziata dalla presenza di fluoruri. Un altro vantaggio dei tè bancha è la possibilità di acquistare miscele provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Si tratta di un aspetto certo non trascurabile per un gruppo di alimenti provenienti da aree geografiche dove, a causa dell'assenza di adeguate regolamentazioni, vengono utilizzati spesso senza controllo pesticidi vietati in Europa e negli Stati Uniti. I fattori negativi che influiscono particolarmente sul metabolismo dei carboidrati · Consumo di caffeina: provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico · Consumo di tabacco (vedi caffeina) · Consumo di alcool: danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare · Consumo di dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati: rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza.
fonte:http://www.aamterranuova.it/
QUANDO GLI ZUCCHERI VANNO SU E GIU’
Catia Trevisani, medico e direttrice della Scuola Italiana di Medicina Olistica (SIMO) []
Oltre ai più noti macronutrienti: zuccheri (carboidrati), grassi (lipidi) e proteine, il nostro organismo necessita, per vivere, anche dei cosiddetti micronutrienti. Si tratta di fibre, minerali e vitamine, indicati con il termine “micro”, non tanto per la loro minore importanza per il nostro metabolismo, quanto per il fatto di essere presenti in piccole quantità. Tra i macronutrienti sono soprattutto i carboidrati, contenuti in cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi ad essere interessati direttamente al fenomeno dell’ipoglicemia. Semplici o complessi Dal punto di vista chimico, i carboidrati si distinguono in zuccheri semplici e zuccheri complessi, quest’ultimi sono legati fra loro per formare ‘catene’ di varia lunghezza. Un monosaccaride è un carboidrato formato da una sola molecola di zucchero (esempio: glucosio, fruttosio, galattosio); un disaccaride è un carboidrato formato da due molecole di zucchero (es: glucosio + glucosio = malto; glucosio + fruttosio = saccarosio; glucosio + galattosio = lattosio); infine gli oligosaccaridi sono formati da 3 a 11 molecole di zuccheri; le destrine sono formate da centinaia di oligosaccaridi; i carboidrati complessi sono formati da migliaia di oligosaccaridi (è il caso di: amidi, cellulosa, pectine, glicogeno). Con il processo della digestione tutti i vari tipi di carboidrati vengono trasformati in glucosio. Gli zuccheri semplici vengono assorbiti dall’intestino e convogliati al fegato il quale ne regola il metabolismo; quando il glucosio è in eccesso il fegato lo trasforma in grosse molecole (glicogeno) che fungono da deposito per fornire energia in caso di emergenza. Quando i depositi di glicogeno raggiungono la saturazione il glucosio in eccesso viene convertito in acidi grassi e trigliceridi, i famosi grassi che vengono poi immagazzinati come tessuto adiposo in varie parti del corpo. Cosa accade durante il digiuno Il mantenimento dei valori del livello di glucosio nel sangue (glicemia) entro limiti relativamente ristretti (50-85 mg/100 ml) è una caratteristica fondamentale di un organismo che gode buona salute. Non bisogna dimenticare che il glucosio è il substrato energetico principale del cervello ed una sua carenza, allo stesso modo di una carenza di ossigeno, produce disturbi più o meno gravi della funzione cerebrale. Questo perché il cervello non è in grado di utilizzare altri substrati come fonte di energia, al contrario di quasi tutti gli altri tessuti corporei che in carenza di zuccheri utilizzano dei derivati dei grassi (acidi grassi liberi). Durante la prima fase del digiuno, per esempio, l’organismo mantiene un’adeguata funzione cerebrale grazie alla capacità del fegato di liberare glucosio dai depositi, inoltre il fegato è in grado di sintetizzare glucosio a partire da altri precursori che vengono messi a disposizione dai tessuti periferici. Nello stesso tempo diminuisce l’utilizzazione del glucosio da parte degli altri tessuti che “si accontentano” di altre sostanze, lasciando il prezioso glucosio prodotto dal fegato al grande signore “il cervello”. Tutti questi meccanismi di adattamento sono controllati da ormoni e sono estremamente efficaci. I quattro ormoni che in questo ambito entrano in gioco sono: adrenalina e cortisolo (sono i due ormoni dello stress), glucagone (esatto antagonista dell’insulina, prodotto dal pancreas) e l’ormone della crescita, GH. Diversi tipi di glicemia L’ipoglicemia è appunto un abbassamento della glicemia (valori inferiori ai 50 mg/100 ml); più propriamente l’abbassamento eccessivamente rapido della glicemia o la fluttuazione della stessa. Ovviamente si tratta di un fenomeno che può manifestarsi con modalità diverse. L’ipoglicemia organica, è abbastanza rara ed è provocata da anomalie pancreatiche, patologie del fegato, dei surreni, della tiroide o della ghiandola ipofisi, si tratta di malattie che portano ad uno squilibrio del sistema di controllo, il sistema ormonale. L’ipoglicemia funzionale è invece molto comune, è provocata da un’eccessiva secrezione di insulina (ormone rilasciato dal pancreas) come reazione ad un consumo elevato di dolci e di stimolanti. I sintomi generali più comuni a questi disturbi sono: sensazione di stanchezza, mancanza di forze, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, vertigini, tendenza agli svenimenti con o senza oscuramenti della vista, irritabilità, sudorazione, estremità fredde, dolori muscolari, tremori, mal di testa, tachicardia, sbalzi d’umore fino ad apatia, depressione, ansietà, insonnia e fobie. In particolare, la sudorazione, i tremori, l’ansietà, il nervosismo e il senso di fame sono dovuti alla liberazione di adrenalina. Qui non discutiamo dell’ipoglicemia grave che comporta sintomi cerebrali fino alle convulsione e la perdita di coscienza in quanto sono rari e legati a patologie importanti. Le cause più comuni Le cause più comuni dell’ipoglicemia funzionale sono: I. Elevato consumo di zuccheri e di farine raffinate II. Intervalli troppo lunghi tra i pasti III. Caffè e stimolanti IV. Carenze nutrizionali V. Stress ed esaurimento dei surreni VI. Carenze enzimatiche Attenzione a non confondere l’ipoglicemia con l’anemia di cui tratteremo nel prossimo numero, anch’essa dà alcuni sintomi simili come stanchezza, tachicardia, eccetera, ma ha un’origine completamente diversa. Il ruolo della GTF La regolazione del metabolismo del glucosio è anche influenzata da una molecola (GTF) che stimola e migliora le funzioni dell’Insulina, ormone che consente l’ingresso di glucosio nelle cellule dalle quali poi deve essere utilizzato. Questa molecola contiene Cromo, un minerale fondamentale per l’organismo (purché non si trovi in eccesso) che si trova nel lievito e nei cereali integrali, anche le vitamine del gruppo B, di cui sono particolarmente ricchi nei cereali integrali, svolgono un ruolo molto importante nel metabolismo degli zuccheri. Consigli alimentari Se questo è il quadro complessivo legato all’assorbimento degli zuccheri. Quali sono gli alimenti consigliati per evitare squilibri e disturbi metabolici? Ad essere sconsigliati sono soprattutto gli stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola); gli zuccheri raffinati; alcuni ortaggi come patate e zucca; dolcificanti come il miele; i cibi in scatola; i succhi di frutta e le bevande gasate. In particolare il consumo di caffeina è da evitare perché provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico, per lo stesso motivo è consigliabile non fumare. Anche il consumo di alcool è sconsigliabile perché danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; inoltre ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare. Dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati non vanno bene perché rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza. Per evitare l’insorgere di ipoglicemia funzionale è necessario fare attenzione anche all’apporto proteico, decisamente out sono carne di maiale, insaccati e carni rosse; mentre ampiamente consigliati sono cereali integrali, verdure e frutta di stagione, germogli di legumi e cereali, legumi, latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari), proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè), frutta secca, semi, oli spremuti a freddo, alghe e come bevande, tisane, caffè d’orzo e the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè). Va invece consumati con moderazione la frutta troppo dolce (banane, uva, meloni, anguria) il pesce, le uova; mentre ai carnivori impenitenti si consiglia almeno di preferire le carni bianche. Poco, ma spesso Due utili precauzioni per poter mantenere stabile il livello di glicemia a livello corporeo, soprattutto inizialmente, consiste nel consumare 6-8 piccoli pasti nel corso della giornata e nel mantenere stabili gli orari dei pasti. A questo proposito un’importanza particolare riveste anche la colazione, mentre molte utile è l’abitudine di assumere al risveglio un bicchiere d’acqua con spremuto ½ limone, ½ arancia o ½ pompelmo, oppure arricchita con un cucchiaino di aceto di mele. In sua sostituzione si può assumere una tazza di una tisana alle erbe (Tarassaco radice e foglie, bacche di ginepro, menta, camomilla, malva), assicurandosi che si tratti di erbe provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Altri alimenti consigliati sono: lievito di birra (in quanto contiene cromo, zinco, selenio e vitamine del gruppo B); lecitina di soia (coadiuvante delle funzioni epatiche); succo di ribes nero (contenente vitamina C che normalizza le funzioni dei surreni); semi (per il contenuto in Zinco) e olio di germe di grano (ricco di vitamina E). La crema Budwig In conclusione è indispensabile ridurre il più possibile gli zuccheri semplici a rapido assorbimento e consumare carboidrati complessi ad assorbimento lento in modo da rendere stabile il livello glicemico. I consigli della Macrobiotica in questo senso sono dunque utilissimi, ma anche il Metodo dietetico della dottoressa Kousmine ha qualcosa di veramente utile da insegnare a chi soffre dei sintomi tipi dell’ipoglicemia che riguardano certamente una grande fetta della popolazione. Tornando alla colazione, una proposta molto valida rimane la famosa crema Budwig leggermente modificata. Si tratta di un pasto naturale, composto solo da alimenti freschi. E’ un piatto che sazia, è delizioso, contiene tutte i principi nutritivi di cui si è parlato precedentemente ed assicura un livello glicemico costante per un tempo sufficientemente lungo. E’ il miglior sostituto alla tradizionale tazzina di caffè del mattino e fa miracoli. Una mente lucida, pronta, chiara, libera da irritazione e nervosismo, è più che mai importante per il benessere personale e questo è in qualche modo legato al nutrimento che ogni giorno scegliamo di offrire al nostro cervello. Per raggiungere questi risultati basta davvero poco. E’ sufficiente rispettare alcune semplici regole, in grado di assicurare all’organismo un benessere duraturo e una migliore qualità di vita al nostro quotidiano. ALIMENTI CONSIGLIATI Alimenti SI Alimenti No Latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari) Stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola) Cereali integrali Carboidrati raffinati Oli spremuti a freddo Dolcificanti Verdure di stagione Patate e zucca Frutta secca Miele Legumi Cibi in scatola Frutta di stagione Succhi di frutta e bevande gasate Proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè) Carne di maiale, insaccati, carni rosse Tisane, orzo, the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè) Germogli di legumi e cereali Semi oleosi Alghe Da consumare con moderazione Frutta troppo dolce come: banane, uva, meloni, anguria Carne bianca Pesce Uova I segreti del tè bancha Dalle modalità di raccolta e dalla natura dei trattamenti a cui sono sottoposte le foglie dipende gran parte delle proprietà organolettiche farmacologi che e nutrizionali che caratterizzano le numerosissime varietà di tè oggi in commercio, raggruppabili schematicamente in quattro grandi famiglie: tè verde, tè oolong, tè nero e tè bancha, di cui sono diffusi sul mercato italiano essenzialmente due tipi il Kukicha (o ì tè di tre anni) e l'Hojicha (o The bancha in foglie). Il primo è in realtà una miscela, composta per il 40% da rametti di tre anni ottenuti dalla parte inferiore della pianta; per l'altro 40% da rametti di dieci anni, raccolti in inverno; per il rimanente 20% da foglie e da rametti più sottili di un anno, raccolti in marzo e in giugno. L'Hojicha è invece preparato con le giovani foglie che si sviluppano dopo la raccolta dei germogli. Dopo essere passate a vapore per 2-3 minuti, le foglie vengono fatte asciugare lentamente in forno per bloccare ogni processo di fermentazione, lasciate riposare un anno ed infine tostate. I bancha si differenziano dagli altri tipi di tè per il bassissimo contenuto di caffeina (0,5-1,5% nell'Hojicha), del tutto assente nel Kukicha. La buona dotazione di oli essenziali, vitamine (B2, A, PP), sali minerali (calcio, ferro, potassio e fluoro). Di particolare interesse è il contenuto di tannini, responsabili del caratteristico sapore astringente, grazie all’efficace azione antibatterica e antivirale. Un'altra interessante caratterista del tè sembra essere rappresentata dall'attività anticarie anch'essa imputata all'elevato contenuto di tannini e potenziata dalla presenza di fluoruri. Un altro vantaggio dei tè bancha è la possibilità di acquistare miscele provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Si tratta di un aspetto certo non trascurabile per un gruppo di alimenti provenienti da aree geografiche dove, a causa dell'assenza di adeguate regolamentazioni, vengono utilizzati spesso senza controllo pesticidi vietati in Europa e negli Stati Uniti. I fattori negativi che influiscono particolarmente sul metabolismo dei carboidrati · Consumo di caffeina: provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico · Consumo di tabacco (vedi caffeina) · Consumo di alcool: danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare · Consumo di dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati: rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza.
QUANDO GLI ZUCCHERI VANNO SU E GIU’ -
Catia Trevisani, medico e direttrice della Scuola Italiana di Medicina Olistica (SIMO) []
Oltre ai più noti macronutrienti: zuccheri (carboidrati), grassi (lipidi) e proteine, il nostro organismo necessita, per vivere, anche dei cosiddetti micronutrienti. Si tratta di fibre, minerali e vitamine, indicati con il termine “micro”, non tanto per la loro minore importanza per il nostro metabolismo, quanto per il fatto di essere presenti in piccole quantità. Tra i macronutrienti sono soprattutto i carboidrati, contenuti in cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi ad essere interessati direttamente al fenomeno dell’ipoglicemia. Semplici o complessi Dal punto di vista chimico, i carboidrati si distinguono in zuccheri semplici e zuccheri complessi, quest’ultimi sono legati fra loro per formare ‘catene’ di varia lunghezza. Un monosaccaride è un carboidrato formato da una sola molecola di zucchero (esempio: glucosio, fruttosio, galattosio); un disaccaride è un carboidrato formato da due molecole di zucchero (es: glucosio + glucosio = malto; glucosio + fruttosio = saccarosio; glucosio + galattosio = lattosio); infine gli oligosaccaridi sono formati da 3 a 11 molecole di zuccheri; le destrine sono formate da centinaia di oligosaccaridi; i carboidrati complessi sono formati da migliaia di oligosaccaridi (è il caso di: amidi, cellulosa, pectine, glicogeno). Con il processo della digestione tutti i vari tipi di carboidrati vengono trasformati in glucosio. Gli zuccheri semplici vengono assorbiti dall’intestino e convogliati al fegato il quale ne regola il metabolismo; quando il glucosio è in eccesso il fegato lo trasforma in grosse molecole (glicogeno) che fungono da deposito per fornire energia in caso di emergenza. Quando i depositi di glicogeno raggiungono la saturazione il glucosio in eccesso viene convertito in acidi grassi e trigliceridi, i famosi grassi che vengono poi immagazzinati come tessuto adiposo in varie parti del corpo. Cosa accade durante il digiuno Il mantenimento dei valori del livello di glucosio nel sangue (glicemia) entro limiti relativamente ristretti (50-85 mg/100 ml) è una caratteristica fondamentale di un organismo che gode buona salute. Non bisogna dimenticare che il glucosio è il substrato energetico principale del cervello ed una sua carenza, allo stesso modo di una carenza di ossigeno, produce disturbi più o meno gravi della funzione cerebrale. Questo perché il cervello non è in grado di utilizzare altri substrati come fonte di energia, al contrario di quasi tutti gli altri tessuti corporei che in carenza di zuccheri utilizzano dei derivati dei grassi (acidi grassi liberi). Durante la prima fase del digiuno, per esempio, l’organismo mantiene un’adeguata funzione cerebrale grazie alla capacità del fegato di liberare glucosio dai depositi, inoltre il fegato è in grado di sintetizzare glucosio a partire da altri precursori che vengono messi a disposizione dai tessuti periferici. Nello stesso tempo diminuisce l’utilizzazione del glucosio da parte degli altri tessuti che “si accontentano” di altre sostanze, lasciando il prezioso glucosio prodotto dal fegato al grande signore “il cervello”. Tutti questi meccanismi di adattamento sono controllati da ormoni e sono estremamente efficaci. I quattro ormoni che in questo ambito entrano in gioco sono: adrenalina e cortisolo (sono i due ormoni dello stress), glucagone (esatto antagonista dell’insulina, prodotto dal pancreas) e l’ormone della crescita, GH. Diversi tipi di glicemia L’ipoglicemia è appunto un abbassamento della glicemia (valori inferiori ai 50 mg/100 ml); più propriamente l’abbassamento eccessivamente rapido della glicemia o la fluttuazione della stessa. Ovviamente si tratta di un fenomeno che può manifestarsi con modalità diverse. L’ipoglicemia organica, è abbastanza rara ed è provocata da anomalie pancreatiche, patologie del fegato, dei surreni, della tiroide o della ghiandola ipofisi, si tratta di malattie che portano ad uno squilibrio del sistema di controllo, il sistema ormonale. L’ipoglicemia funzionale è invece molto comune, è provocata da un’eccessiva secrezione di insulina (ormone rilasciato dal pancreas) come reazione ad un consumo elevato di dolci e di stimolanti. I sintomi generali più comuni a questi disturbi sono: sensazione di stanchezza, mancanza di forze, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, vertigini, tendenza agli svenimenti con o senza oscuramenti della vista, irritabilità, sudorazione, estremità fredde, dolori muscolari, tremori, mal di testa, tachicardia, sbalzi d’umore fino ad apatia, depressione, ansietà, insonnia e fobie. In particolare, la sudorazione, i tremori, l’ansietà, il nervosismo e il senso di fame sono dovuti alla liberazione di adrenalina. Qui non discutiamo dell’ipoglicemia grave che comporta sintomi cerebrali fino alle convulsione e la perdita di coscienza in quanto sono rari e legati a patologie importanti. Le cause più comuni Le cause più comuni dell’ipoglicemia funzionale sono: I. Elevato consumo di zuccheri e di farine raffinate II. Intervalli troppo lunghi tra i pasti III. Caffè e stimolanti IV. Carenze nutrizionali V. Stress ed esaurimento dei surreni VI. Carenze enzimatiche Attenzione a non confondere l’ipoglicemia con l’anemia di cui tratteremo nel prossimo numero, anch’essa dà alcuni sintomi simili come stanchezza, tachicardia, eccetera, ma ha un’origine completamente diversa. Il ruolo della GTF La regolazione del metabolismo del glucosio è anche influenzata da una molecola (GTF) che stimola e migliora le funzioni dell’Insulina, ormone che consente l’ingresso di glucosio nelle cellule dalle quali poi deve essere utilizzato. Questa molecola contiene Cromo, un minerale fondamentale per l’organismo (purché non si trovi in eccesso) che si trova nel lievito e nei cereali integrali, anche le vitamine del gruppo B, di cui sono particolarmente ricchi nei cereali integrali, svolgono un ruolo molto importante nel metabolismo degli zuccheri. Consigli alimentari Se questo è il quadro complessivo legato all’assorbimento degli zuccheri. Quali sono gli alimenti consigliati per evitare squilibri e disturbi metabolici? Ad essere sconsigliati sono soprattutto gli stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola); gli zuccheri raffinati; alcuni ortaggi come patate e zucca; dolcificanti come il miele; i cibi in scatola; i succhi di frutta e le bevande gasate. In particolare il consumo di caffeina è da evitare perché provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico, per lo stesso motivo è consigliabile non fumare. Anche il consumo di alcool è sconsigliabile perché danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; inoltre ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare. Dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati non vanno bene perché rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza. Per evitare l’insorgere di ipoglicemia funzionale è necessario fare attenzione anche all’apporto proteico, decisamente out sono carne di maiale, insaccati e carni rosse; mentre ampiamente consigliati sono cereali integrali, verdure e frutta di stagione, germogli di legumi e cereali, legumi, latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari), proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè), frutta secca, semi, oli spremuti a freddo, alghe e come bevande, tisane, caffè d’orzo e the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè). Va invece consumati con moderazione la frutta troppo dolce (banane, uva, meloni, anguria) il pesce, le uova; mentre ai carnivori impenitenti si consiglia almeno di preferire le carni bianche. Poco, ma spesso Due utili precauzioni per poter mantenere stabile il livello di glicemia a livello corporeo, soprattutto inizialmente, consiste nel consumare 6-8 piccoli pasti nel corso della giornata e nel mantenere stabili gli orari dei pasti. A questo proposito un’importanza particolare riveste anche la colazione, mentre molte utile è l’abitudine di assumere al risveglio un bicchiere d’acqua con spremuto ½ limone, ½ arancia o ½ pompelmo, oppure arricchita con un cucchiaino di aceto di mele. In sua sostituzione si può assumere una tazza di una tisana alle erbe (Tarassaco radice e foglie, bacche di ginepro, menta, camomilla, malva), assicurandosi che si tratti di erbe provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Altri alimenti consigliati sono: lievito di birra (in quanto contiene cromo, zinco, selenio e vitamine del gruppo B); lecitina di soia (coadiuvante delle funzioni epatiche); succo di ribes nero (contenente vitamina C che normalizza le funzioni dei surreni); semi (per il contenuto in Zinco) e olio di germe di grano (ricco di vitamina E). La crema Budwig In conclusione è indispensabile ridurre il più possibile gli zuccheri semplici a rapido assorbimento e consumare carboidrati complessi ad assorbimento lento in modo da rendere stabile il livello glicemico. I consigli della Macrobiotica in questo senso sono dunque utilissimi, ma anche il Metodo dietetico della dottoressa Kousmine ha qualcosa di veramente utile da insegnare a chi soffre dei sintomi tipi dell’ipoglicemia che riguardano certamente una grande fetta della popolazione. Tornando alla colazione, una proposta molto valida rimane la famosa crema Budwig leggermente modificata. Si tratta di un pasto naturale, composto solo da alimenti freschi. E’ un piatto che sazia, è delizioso, contiene tutte i principi nutritivi di cui si è parlato precedentemente ed assicura un livello glicemico costante per un tempo sufficientemente lungo. E’ il miglior sostituto alla tradizionale tazzina di caffè del mattino e fa miracoli. Una mente lucida, pronta, chiara, libera da irritazione e nervosismo, è più che mai importante per il benessere personale e questo è in qualche modo legato al nutrimento che ogni giorno scegliamo di offrire al nostro cervello. Per raggiungere questi risultati basta davvero poco. E’ sufficiente rispettare alcune semplici regole, in grado di assicurare all’organismo un benessere duraturo e una migliore qualità di vita al nostro quotidiano. ALIMENTI CONSIGLIATI Alimenti SI Alimenti No Latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari) Stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola) Cereali integrali Carboidrati raffinati Oli spremuti a freddo Dolcificanti Verdure di stagione Patate e zucca Frutta secca Miele Legumi Cibi in scatola Frutta di stagione Succhi di frutta e bevande gasate Proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè) Carne di maiale, insaccati, carni rosse Tisane, orzo, the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè) Germogli di legumi e cereali Semi oleosi Alghe Da consumare con moderazione Frutta troppo dolce come: banane, uva, meloni, anguria Carne bianca Pesce Uova I segreti del tè bancha Dalle modalità di raccolta e dalla natura dei trattamenti a cui sono sottoposte le foglie dipende gran parte delle proprietà organolettiche farmacologi che e nutrizionali che caratterizzano le numerosissime varietà di tè oggi in commercio, raggruppabili schematicamente in quattro grandi famiglie: tè verde, tè oolong, tè nero e tè bancha, di cui sono diffusi sul mercato italiano essenzialmente due tipi il Kukicha (o ì tè di tre anni) e l'Hojicha (o The bancha in foglie). Il primo è in realtà una miscela, composta per il 40% da rametti di tre anni ottenuti dalla parte inferiore della pianta; per l'altro 40% da rametti di dieci anni, raccolti in inverno; per il rimanente 20% da foglie e da rametti più sottili di un anno, raccolti in marzo e in giugno. L'Hojicha è invece preparato con le giovani foglie che si sviluppano dopo la raccolta dei germogli. Dopo essere passate a vapore per 2-3 minuti, le foglie vengono fatte asciugare lentamente in forno per bloccare ogni processo di fermentazione, lasciate riposare un anno ed infine tostate. I bancha si differenziano dagli altri tipi di tè per il bassissimo contenuto di caffeina (0,5-1,5% nell'Hojicha), del tutto assente nel Kukicha. La buona dotazione di oli essenziali, vitamine (B2, A, PP), sali minerali (calcio, ferro, potassio e fluoro). Di particolare interesse è il contenuto di tannini, responsabili del caratteristico sapore astringente, grazie all’efficace azione antibatterica e antivirale. Un'altra interessante caratterista del tè sembra essere rappresentata dall'attività anticarie anch'essa imputata all'elevato contenuto di tannini e potenziata dalla presenza di fluoruri. Un altro vantaggio dei tè bancha è la possibilità di acquistare miscele provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Si tratta di un aspetto certo non trascurabile per un gruppo di alimenti provenienti da aree geografiche dove, a causa dell'assenza di adeguate regolamentazioni, vengono utilizzati spesso senza controllo pesticidi vietati in Europa e negli Stati Uniti. I fattori negativi che influiscono particolarmente sul metabolismo dei carboidrati · Consumo di caffeina: provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico · Consumo di tabacco (vedi caffeina) · Consumo di alcool: danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare · Consumo di dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati: rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza.
Fonte:http://www.aamterranuova.it/
QUANDO GLI ZUCCHERI VANNO SU E GIU’ -
Catia Trevisani, medico e direttrice della Scuola Italiana di Medicina Olistica (SIMO) []
Oltre ai più noti macronutrienti: zuccheri (carboidrati), grassi (lipidi) e proteine, il nostro organismo necessita, per vivere, anche dei cosiddetti micronutrienti. Si tratta di fibre, minerali e vitamine, indicati con il termine “micro”, non tanto per la loro minore importanza per il nostro metabolismo, quanto per il fatto di essere presenti in piccole quantità. Tra i macronutrienti sono soprattutto i carboidrati, contenuti in cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi ad essere interessati direttamente al fenomeno dell’ipoglicemia. Semplici o complessi Dal punto di vista chimico, i carboidrati si distinguono in zuccheri semplici e zuccheri complessi, quest’ultimi sono legati fra loro per formare ‘catene’ di varia lunghezza. Un monosaccaride è un carboidrato formato da una sola molecola di zucchero (esempio: glucosio, fruttosio, galattosio); un disaccaride è un carboidrato formato da due molecole di zucchero (es: glucosio + glucosio = malto; glucosio + fruttosio = saccarosio; glucosio + galattosio = lattosio); infine gli oligosaccaridi sono formati da 3 a 11 molecole di zuccheri; le destrine sono formate da centinaia di oligosaccaridi; i carboidrati complessi sono formati da migliaia di oligosaccaridi (è il caso di: amidi, cellulosa, pectine, glicogeno). Con il processo della digestione tutti i vari tipi di carboidrati vengono trasformati in glucosio. Gli zuccheri semplici vengono assorbiti dall’intestino e convogliati al fegato il quale ne regola il metabolismo; quando il glucosio è in eccesso il fegato lo trasforma in grosse molecole (glicogeno) che fungono da deposito per fornire energia in caso di emergenza. Quando i depositi di glicogeno raggiungono la saturazione il glucosio in eccesso viene convertito in acidi grassi e trigliceridi, i famosi grassi che vengono poi immagazzinati come tessuto adiposo in varie parti del corpo. Cosa accade durante il digiuno Il mantenimento dei valori del livello di glucosio nel sangue (glicemia) entro limiti relativamente ristretti (50-85 mg/100 ml) è una caratteristica fondamentale di un organismo che gode buona salute. Non bisogna dimenticare che il glucosio è il substrato energetico principale del cervello ed una sua carenza, allo stesso modo di una carenza di ossigeno, produce disturbi più o meno gravi della funzione cerebrale. Questo perché il cervello non è in grado di utilizzare altri substrati come fonte di energia, al contrario di quasi tutti gli altri tessuti corporei che in carenza di zuccheri utilizzano dei derivati dei grassi (acidi grassi liberi). Durante la prima fase del digiuno, per esempio, l’organismo mantiene un’adeguata funzione cerebrale grazie alla capacità del fegato di liberare glucosio dai depositi, inoltre il fegato è in grado di sintetizzare glucosio a partire da altri precursori che vengono messi a disposizione dai tessuti periferici. Nello stesso tempo diminuisce l’utilizzazione del glucosio da parte degli altri tessuti che “si accontentano” di altre sostanze, lasciando il prezioso glucosio prodotto dal fegato al grande signore “il cervello”. Tutti questi meccanismi di adattamento sono controllati da ormoni e sono estremamente efficaci. I quattro ormoni che in questo ambito entrano in gioco sono: adrenalina e cortisolo (sono i due ormoni dello stress), glucagone (esatto antagonista dell’insulina, prodotto dal pancreas) e l’ormone della crescita, GH. Diversi tipi di glicemia L’ipoglicemia è appunto un abbassamento della glicemia (valori inferiori ai 50 mg/100 ml); più propriamente l’abbassamento eccessivamente rapido della glicemia o la fluttuazione della stessa. Ovviamente si tratta di un fenomeno che può manifestarsi con modalità diverse. L’ipoglicemia organica, è abbastanza rara ed è provocata da anomalie pancreatiche, patologie del fegato, dei surreni, della tiroide o della ghiandola ipofisi, si tratta di malattie che portano ad uno squilibrio del sistema di controllo, il sistema ormonale. L’ipoglicemia funzionale è invece molto comune, è provocata da un’eccessiva secrezione di insulina (ormone rilasciato dal pancreas) come reazione ad un consumo elevato di dolci e di stimolanti. I sintomi generali più comuni a questi disturbi sono: sensazione di stanchezza, mancanza di forze, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, vertigini, tendenza agli svenimenti con o senza oscuramenti della vista, irritabilità, sudorazione, estremità fredde, dolori muscolari, tremori, mal di testa, tachicardia, sbalzi d’umore fino ad apatia, depressione, ansietà, insonnia e fobie. In particolare, la sudorazione, i tremori, l’ansietà, il nervosismo e il senso di fame sono dovuti alla liberazione di adrenalina. Qui non discutiamo dell’ipoglicemia grave che comporta sintomi cerebrali fino alle convulsione e la perdita di coscienza in quanto sono rari e legati a patologie importanti. Le cause più comuni Le cause più comuni dell’ipoglicemia funzionale sono: I. Elevato consumo di zuccheri e di farine raffinate II. Intervalli troppo lunghi tra i pasti III. Caffè e stimolanti IV. Carenze nutrizionali V. Stress ed esaurimento dei surreni VI. Carenze enzimatiche Attenzione a non confondere l’ipoglicemia con l’anemia di cui tratteremo nel prossimo numero, anch’essa dà alcuni sintomi simili come stanchezza, tachicardia, eccetera, ma ha un’origine completamente diversa. Il ruolo della GTF La regolazione del metabolismo del glucosio è anche influenzata da una molecola (GTF) che stimola e migliora le funzioni dell’Insulina, ormone che consente l’ingresso di glucosio nelle cellule dalle quali poi deve essere utilizzato. Questa molecola contiene Cromo, un minerale fondamentale per l’organismo (purché non si trovi in eccesso) che si trova nel lievito e nei cereali integrali, anche le vitamine del gruppo B, di cui sono particolarmente ricchi nei cereali integrali, svolgono un ruolo molto importante nel metabolismo degli zuccheri. Consigli alimentari Se questo è il quadro complessivo legato all’assorbimento degli zuccheri. Quali sono gli alimenti consigliati per evitare squilibri e disturbi metabolici? Ad essere sconsigliati sono soprattutto gli stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola); gli zuccheri raffinati; alcuni ortaggi come patate e zucca; dolcificanti come il miele; i cibi in scatola; i succhi di frutta e le bevande gasate. In particolare il consumo di caffeina è da evitare perché provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico, per lo stesso motivo è consigliabile non fumare. Anche il consumo di alcool è sconsigliabile perché danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; inoltre ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare. Dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati non vanno bene perché rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza. Per evitare l’insorgere di ipoglicemia funzionale è necessario fare attenzione anche all’apporto proteico, decisamente out sono carne di maiale, insaccati e carni rosse; mentre ampiamente consigliati sono cereali integrali, verdure e frutta di stagione, germogli di legumi e cereali, legumi, latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari), proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè), frutta secca, semi, oli spremuti a freddo, alghe e come bevande, tisane, caffè d’orzo e the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè). Va invece consumati con moderazione la frutta troppo dolce (banane, uva, meloni, anguria) il pesce, le uova; mentre ai carnivori impenitenti si consiglia almeno di preferire le carni bianche. Poco, ma spesso Due utili precauzioni per poter mantenere stabile il livello di glicemia a livello corporeo, soprattutto inizialmente, consiste nel consumare 6-8 piccoli pasti nel corso della giornata e nel mantenere stabili gli orari dei pasti. A questo proposito un’importanza particolare riveste anche la colazione, mentre molte utile è l’abitudine di assumere al risveglio un bicchiere d’acqua con spremuto ½ limone, ½ arancia o ½ pompelmo, oppure arricchita con un cucchiaino di aceto di mele. In sua sostituzione si può assumere una tazza di una tisana alle erbe (Tarassaco radice e foglie, bacche di ginepro, menta, camomilla, malva), assicurandosi che si tratti di erbe provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Altri alimenti consigliati sono: lievito di birra (in quanto contiene cromo, zinco, selenio e vitamine del gruppo B); lecitina di soia (coadiuvante delle funzioni epatiche); succo di ribes nero (contenente vitamina C che normalizza le funzioni dei surreni); semi (per il contenuto in Zinco) e olio di germe di grano (ricco di vitamina E). La crema Budwig In conclusione è indispensabile ridurre il più possibile gli zuccheri semplici a rapido assorbimento e consumare carboidrati complessi ad assorbimento lento in modo da rendere stabile il livello glicemico. I consigli della Macrobiotica in questo senso sono dunque utilissimi, ma anche il Metodo dietetico della dottoressa Kousmine ha qualcosa di veramente utile da insegnare a chi soffre dei sintomi tipi dell’ipoglicemia che riguardano certamente una grande fetta della popolazione. Tornando alla colazione, una proposta molto valida rimane la famosa crema Budwig leggermente modificata. Si tratta di un pasto naturale, composto solo da alimenti freschi. E’ un piatto che sazia, è delizioso, contiene tutte i principi nutritivi di cui si è parlato precedentemente ed assicura un livello glicemico costante per un tempo sufficientemente lungo. E’ il miglior sostituto alla tradizionale tazzina di caffè del mattino e fa miracoli. Una mente lucida, pronta, chiara, libera da irritazione e nervosismo, è più che mai importante per il benessere personale e questo è in qualche modo legato al nutrimento che ogni giorno scegliamo di offrire al nostro cervello. Per raggiungere questi risultati basta davvero poco. E’ sufficiente rispettare alcune semplici regole, in grado di assicurare all’organismo un benessere duraturo e una migliore qualità di vita al nostro quotidiano. ALIMENTI CONSIGLIATI Alimenti SI Alimenti No Latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari) Stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola) Cereali integrali Carboidrati raffinati Oli spremuti a freddo Dolcificanti Verdure di stagione Patate e zucca Frutta secca Miele Legumi Cibi in scatola Frutta di stagione Succhi di frutta e bevande gasate Proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè) Carne di maiale, insaccati, carni rosse Tisane, orzo, the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè) Germogli di legumi e cereali Semi oleosi Alghe Da consumare con moderazione Frutta troppo dolce come: banane, uva, meloni, anguria Carne bianca Pesce Uova I segreti del tè bancha Dalle modalità di raccolta e dalla natura dei trattamenti a cui sono sottoposte le foglie dipende gran parte delle proprietà organolettiche farmacologi che e nutrizionali che caratterizzano le numerosissime varietà di tè oggi in commercio, raggruppabili schematicamente in quattro grandi famiglie: tè verde, tè oolong, tè nero e tè bancha, di cui sono diffusi sul mercato italiano essenzialmente due tipi il Kukicha (o ì tè di tre anni) e l'Hojicha (o The bancha in foglie). Il primo è in realtà una miscela, composta per il 40% da rametti di tre anni ottenuti dalla parte inferiore della pianta; per l'altro 40% da rametti di dieci anni, raccolti in inverno; per il rimanente 20% da foglie e da rametti più sottili di un anno, raccolti in marzo e in giugno. L'Hojicha è invece preparato con le giovani foglie che si sviluppano dopo la raccolta dei germogli. Dopo essere passate a vapore per 2-3 minuti, le foglie vengono fatte asciugare lentamente in forno per bloccare ogni processo di fermentazione, lasciate riposare un anno ed infine tostate. I bancha si differenziano dagli altri tipi di tè per il bassissimo contenuto di caffeina (0,5-1,5% nell'Hojicha), del tutto assente nel Kukicha. La buona dotazione di oli essenziali, vitamine (B2, A, PP), sali minerali (calcio, ferro, potassio e fluoro). Di particolare interesse è il contenuto di tannini, responsabili del caratteristico sapore astringente, grazie all’efficace azione antibatterica e antivirale. Un'altra interessante caratterista del tè sembra essere rappresentata dall'attività anticarie anch'essa imputata all'elevato contenuto di tannini e potenziata dalla presenza di fluoruri. Un altro vantaggio dei tè bancha è la possibilità di acquistare miscele provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Si tratta di un aspetto certo non trascurabile per un gruppo di alimenti provenienti da aree geografiche dove, a causa dell'assenza di adeguate regolamentazioni, vengono utilizzati spesso senza controllo pesticidi vietati in Europa e negli Stati Uniti. I fattori negativi che influiscono particolarmente sul metabolismo dei carboidrati · Consumo di caffeina: provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico · Consumo di tabacco (vedi caffeina) · Consumo di alcool: danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare · Consumo di dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati: rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza.
fonte:http://www.aamterranuova.it/
Saturday, March 15, 2003
Menu' completo all'OGM.
Come sottrarsi al gioco delle multinazionali
ed orientare il mercato verso la sicurezza alimentare: diventare
consumatori critici e consapevoli.
Anticrittogamici, bestiame rimpinzato con mangimi killer (vedi le
vicende della "mucca pazza"), ormoni, antibiotici... mettersi a
tavola e' un po' come giocare alla roulette russa. Come se tutto cio'
non bastasse, ora sono arrivati anche gli OGM che detti cosi' fanno
poca impressione ma se si scioglie la sigla per leggerla in tutta la
sua estensione, "Organismi Geneticamente Modificati", non mancano di
regalare almeno un po' d'apprensione. Soprattutto perche' riuscire ad
individuarli e' tutt'altro che semplice.
Chi ha pensato di scansarli togliendo dal proprio menu' l'insalata di
mais e la salsa di soia, si prepari ad una brutta sorpresa. Infatti
sul mercato circolano innumerevoli alimenti, possiamo azzardare a
dichiarare "di uso quotidiano", che tra i loro ingredienti annoverano
derivati di soia e mais. Inutile dire che e' impossibile trovare
indicazioni in merito sulle etichette: i nostri legislatori non hanno
ancora adeguatamente affrontato il problema. Se a cio' si aggiunge il
bestiame nutrito con sostanze geneticamente modificate, si scopre che
a tavola non si salva una portata, dall'antipasto al dolce.
Il problema e' stato seriamente affrontato da Greenpeace,
l'associazione ambientalista che da alcuni mesi ha fatto dei
supermercati uno dei suoi campi d'azione. In appositi punti
d'informazione, alcuni attivisti mascherati da polli giganti
distribuiscono ai consumatori le liste degli alimenti prodotti con o
senza OGM. Le marche piu' o meno note sono suddivise in tre
categorie: verde, giallo o rosso... con chiaro riferimento ai
semafori stradali.
"I produttori non sono tenuti per legge a dichiarare la presenza di
OGM nei mangimi, e di conseguenza i consumatori non sanno se i
prodotti che acquistano derivano da animali nutriti con mangimi
geneticamente modificati", spiega Federica Ferrario, della campagna
Ogm di Greenpeace. "Con queste liste vogliamo dare ai consumatori la
possibilita' di scegliere prodotti senza OGM e far capire loro che
hanno un grande potere, quello di orientare il mercato verso la
sicurezza alimentare. Rispetto alle prime liste, pubblicate nel '99,
molti prodotti non sono piu' segnalati in rosso, proprio grazie alla
pressione dei consumatori. Ora il problema si e' spostato
prevalentemente sui prodotti di origine animale".
Gli elenchi in distribuzione (presenti anche su un sito Internet
dell'associazione, dove sono continuamente aggiornati) riguardano in
concreto produttori di pollame, uova, suini, pesci d'allevamento e
piatti pronti. Le informazioni sui prodotti sono state fornite
direttamente dalle aziende, pero' Greenpeace si riserva di effettuare
delle analisi per verificare la veridicita' delle dichiarazioni.
Ma si possono evitare gli OGM, senza andare a fare la spesa con la
lista a semaforo? "Gli alimenti biologici garantiscono di escludere
gli OGM in ogni fase della preparazione, compresi i mangimi animali",
spiega ancora Federica Ferrario. "Attenzione all'etichetta, pero': i
prodotti devono essere certificati da uno degli enti autorizzati.
Sarebbe auspicabile che anche i prodotti tipici, dal Parmigiano
Reggiano al prosciutto di Parma, vanto della nostra gastronomia,
inserissero nei loro disciplinari l'assenza di OGM dall'alimentazione
del bestiame".
Per concludere, andiamo a curiosare tra le marche bollate con il
rosso. Tra le pi˜ note troviamo il pollame firmato AIA, il "galletto"
Vallespluga, le uova di varie catene di megastore (come Carrerfour,
Conad, GS e Standa), i "teneroni" di Casa Modena, i salumi Beretta,
Rovagnati e Vismara, alcuni piatti pronti di Buitoni (Nestle') e Chef
Menu (Billa).
Ovviamente le varie liste sono molto piu' lunghe e meritano una
lettura approfondita, cosi' come sarebbe bene memorizzare i nomi
delle industrie che rientrano nella categoria verde... ma lo spazio
e' tiranno, non ce ne vogliano coloro che abbiamo omesso.
Per saperne di piu':
http://ogm.greenpeace.it/new/browseliste.php
http://www.greenpeace.it/camp/ogm/new/presentazioneliste.php
Fonte: GEVAM (http://www.gevam.it)
Friday, March 07, 2003
Nitrati, nitriti e nitrosamine
Nitrati, nitriti e nitrosamine sono composti costituiti da azoto (N) e ossigeno (O). Le piante impiegano azoto per sintetizzare le proteine necessarie alla loro crescita, assorbendolo dal terreno direttamente sotto forma di nitrato oppure associato ad altre sostanze.
La concimazione sistematica e intensiva dei suoli coltivati (con sostanze chimiche ma anche con fertilizzanti naturali) causa un eccesso di nitrati nel terreno, nelle falde freatiche e negli alimenti (soprattutto frutta e verdura). Attraverso le acque di falda e i cibi, i nitrati giungono anche all'organismo umano, dove viene trasformato in altri composti (nitriti, nitrosamine). Tali composti sono nocivi per la salute umana.
Nitrati
L'uomo assume nitrati principalmente attraverso l'acqua potabile e le verdure. Il nitrato di per sé è innocuo. In determinate circostanze (p.e. lunghi tempi di conservazione, calore, pH acido) può però trasformarsi in nitrito, dagli effetti tossici. L'assunzione di nitrati andrebbe perciò limitata il più possibile. La loro concentrazione negli ortaggi dipende da vari fattori:
Maggiore è l'aggiunta di azoto nel terreno e la quantità di concimi in eccesso rispetto al normale fabbisogno, più elevato è il contenuto di nitrati nelle verdure e nell'acqua potabile. In proporzione, gli ortaggi da colture "alternative" contengono perciò meno nitrati.
Le piante hanno bisogno di luce naturale per impiegare i nitrati nella sintesi di proteine necessarie alla loro crescita. Maggiore è l'esposizione dei vegetali ai raggi solari, minore è il loro contenuto di nitrati.
In altre parole:
gli ortaggi coltivati in pieno campo contengono meno nitrati di quelli prodotti in serra,
le verdure estive contengono meno nitrati di quelle invernali
gli ortaggi raccolti dopo il tramonto contengono meno nitrati di quelli raccolti la mattina.
I vegetali accumulano nitrati in misura diversa. Esistono perciò ortaggi a basso, a medio e ad alto contenuto di nitrati.
Ortaggi ad alto contenuto di nitrati: lattuga, cavolo rapa, lattuga cappuccina, crescione, bietola da costa, ravanello, rafano, rabarbaro, rapa rossa, spinacio
Ortaggi a medio contenuto di nitrati: cima di rapa, indivia, finocchio, cavolo riccio, sedano, cavolo bianco, cavolo verza, zucchino
Ortaggi a basso contenuto di nitrati: melanzana, fagiolino, cavolfiore, broccolo, cicoria, pisello, cetriolo, patata, germogli, carota, peperone, funghi, porro, cavoletto di Bruxelles, cavolo rosso, radice amara, asparago, pomodoro, cipolla.
Anche la distribuzione dei nitrati nell'ortaggio è variabile, con concentrazioni più elevate nei gambi, nelle costole, nelle foglie esterne e nella scorza.
Consigli:
Limitate il consumo di verdura ad alto contenuto di nitrati, specialmente nei mesi invernali.
Acquistate preferibilmente verdura fresca di stagione, proveniente da aziende biologiche "certificate".
Eliminate gambi, costole fogliari e foglie esterne dagli ortaggi ricchi di nitrati e gettate via l'acqua di cottura (anche se ciò significa perdere preziose vitamine e sostanze minerali).
Non acquistate ortaggi coltivati in serra.
Nel vostro orto evitate i concimi chimici! Un buon compost maturo e interventi mirati danno vitalità al terreno, favorendo una crescita sana e vigorosa delle vostre piante.
Raccogliete gli ortaggi preferibilmente la sera anziché la mattina.
Nitriti
In determinate circostanze i nitrati si trasformano in nitriti. Questa reazione può avvenire nel terreno, nell'acqua potabile, negli alimenti e nell'organismo umano. I nitriti sono sostanze tossiche; legandosi all'emoglobina (la proteina del sangue che trasporta l'ossigeno ai tessuti) ostacolano l'ossigenazione. Particolarmente a rischio sono i neonati, nei quali la scarsa ossigenazione può causare difficoltà respiratorie e, in casi estremi, asfissia (morbo blu).
Accorgimenti per la preparazione dei cibi per i neonati:
informatevi presso la centrale idrica o il vostro Comune circa il contenuto di nitrati nell'acqua potabile. In caso di concentrazioni elevate si consiglia di consumare acqua minerale.
La mattina fate correre a lungo l'acqua del rubinetto. I tempi di riposo prolungati aumentano la concentrazione di nitriti nell'acqua.
Fate bollire l'acqua ad alto contenuto di nitrati per eliminare i batteri che trasformano i nitrati in nitriti. La bollitura dev'essere breve affinché i nitrati non si concentrino.
Somministrate al neonato solo pietanze preparate al momento; conservate tè e infusi in frigorifero. Lunghi tempi di deposito/conservazione favoriscono la formazione di nitriti.
Non riscaldate né conservate in caldo le verdure ad alto contenuto di nitrati, come p. e. gli spinaci, poiché anche il calore accresce la formazione di nitriti.
Non somministrate verdura fresca ad alto contenuto di nitrati ai neonati sotto i sei mesi.
Nitrosamine:
I nitriti e le ammine possono combinarsi dando origine alle nitrosamine, che sono composti cancerogeni.
Le ammine sono presenti nei prodotti alimentari contenenti proteine (carne, salumi, formaggi).
Il nitrito è un componente del salnitro impiegato nella preparazione degli insaccati per esaltare il colore e il sapore della carne.
Il nitrito si forma anche nelle verdure ad alto contenuto di nitrati (v. paragrafo "nitrito").
La trasformazione dei nitrati in nitriti può avere luogo negli alimenti, durante la loro preparazione o all'interno dell'organismo umano.
Riassumendo, le nitrosamine sono presenti in quantità elevata specialmente nella carne sotto sale e negli insaccati.
Evitate di cuocere ai ferri o di arrostire la carne sotto sale, poiché il calore accresce il suo contenuto di nitrosamine.
Evitate di gratinare eccessivamente affettati e formaggi (p.e. il prosciutto e il formaggio sul toast o sulla pizza).
Limiti per i metalli tossici negli alimenti
Per la prima volta la Commissione CE ha stabilito un limite massimo dei contaminanti come piombo, cadmio e mercurio nei prodotti alimentari e ha previsto o ribadito altri limiti per nitrati, aflatossine e monocloropropandiolo. Si tratta del Regolamento n. 466/2001, che però si applicherà dal 5 aprile 2002 e che si basa sulle seguenti considerazioni.
Gli ortaggi sono la fonte principale di assunzione di nitrati, che possono essere trasformati in nitriti e nitrosammine (cancerogene).
Interpellato dalla Commissione UE, il Comitato scientifico per l’alimentazione umana della CE ha dichiarato che "l'assunzione totale di nitrati è generalmente ben al di sotto del livello quotidiano tollerabile" e che comunque "la preoccupazione relativa alla presenza di nitrati non dovrebbe scoraggiare il consumo di ortaggi, perché le verdure hanno una funzione nutritiva essenziale e svolgono un ruolo importante nella protezione della salute". Ciò non toglie che debbano essere fissati dei limiti, che peraltro già esistevano con il Regolamento n. 194/1997 e che praticamente sono stati ribaditi. Riguardano spinaci freschi, conservati, surgelati e congelati, nonché lattuga fresca coltivata in serra, alla quale è stata aggiunta ora quella in campo aperto.
Le aflatossine, ha dichiarato sempre il Comitato per l’alimentazione, si sviluppano in condizioni di temperatura e umidità elevate e sono sostanze genotossiche e cancerogene, per le quali non esiste una soglia tollerabile.
Ve ne sono vari tipi e l'aflatossina B1 è di gran lunga la più tossica, quindi il Regolamento ne ha fissato limiti più stretti che vanno dall’assenza nel latte fino a un massimo di 2 microgrammi per chilo nelle arachidi. Limiti leggermente più alti sono previsti per le altre aflatossine, tranne per la M1, che è un metabolita (sottoprodotto) della B1.
Il piombo può ostacolare lo sviluppo del processo cognitivo e delle prestazioni intellettuali nei bambini, nonché aumentare la pressione sanguigna e le malattie cardiovascolari negli adulti.
I limiti fissati dal Regolamento riguardano latte, alimenti per l’infanzia, carni, pesci, cereali, legumi, ortaggi, frutta, oli e grassi, succhi di frutta e vini e variano da 0,02 a 1 milligrammo per chilo di prodotto.
Il cadmio accumulato nel corpo umano può comportare disfunzioni renali, danni a carico dello scheletro e carenze dell’apparato riproduttore, senza escludere effetti cancerogeni. I limiti previsti dal Regolamento riguardano molti prodotti e variano da 0,05 a 1 milligrammo per chilo di prodotto.
Il mercurio può comportare alterazioni del normale sviluppo cerebrale dei bambini e, a un livello più elevato, può causare alterazioni neurologiche negli adulti. Sta per lo più nei prodotti della pesca e il Regolamento ne stabilisce un limite di 0,5 milligrammi per chilo di prodotto, tranne per alcuni pesci come spigola, rana pescatrice, palombo, eccetera, che è di 1 milligrammo.
Il monocloropropandiolo è sostanza genotossica e cancerogena che si produce nella lavorazione della salsa di soia e di proteine vegetali idrolizzate, per le quali è stato previsto un tenore massimo di 0,02 milligrammi per chilo.
Le violazioni al Regolamento comunitario comportano, a partire dal 5 aprile 2002, le sanzioni previste dall’articolo 5 della legge n. 283/1962.
Alimentazione sana per i nostri bambini
Mangiare e bere in modo sano sono importanti premesse per una perfetta crescita ed un adeguato sviluppo dei bambini, che li farà sentire in buona salute sia ora che in età più avanzata. La coscienza alimentare nonché il relativo comportamento si formano già durante l’infanzia. Errori alimentari come cibi troppo dolci, troppo salati, pepati o grassi diventano lentamente una vera abitudine. Le conseguenze potrebbero essere carie, soprappeso, sottopeso e sensazione di pesantezza.
Iniziare bene la giornata con la colazione
Le scorte di energia dell’organismo si esauriscono durante l’intervallo notturno e devono rifornirsi il mattino, affinché il corpo possa disporre di energia per il lavoro fisico e mentale. Quindi: fate colazione in assoluta tranquillità, possibilmente con la vostra famiglia, tutto questo diverte e permette di iniziare la giornata senza stress.
Gli spuntini aiutano a calmare i "buchi"
Nessuno riesce ad essere in piena forma per tutta la giornata. Il rendimenti si esprime in diverse fasi che fanno risultare il lavoro più o meno pesante. Piccole e saltuarie iniezioni di energia aiutano a superare i cali di rendimento. Chi preferisce una colazione non troppo abbondante alla mattina, dovrebbe aumentare la quantità della merenda.
Purtroppo molti alunni non si portano la merenda da casa e comperano, invece, torte, cioccolata o altri dolci. La conseguenza potrebbe manifestarsi con disturbi della concentrazione e soprattutto si forma un’abitudine alimentare che potrebbe provocare carie, sintomi di carenza o di sovrabbondanza alimentare oltre ad altri futuri disturbi.
Consigli per sane colazioni e merende
- Privilegiare i cibi integrali:Essi forniscono importanti sali minerali, vitamine e fibre. Le fibre sono importanti: saziano più a lungo, consentono una capacità di concentrazione più durevole e stimolano la digestione. Cibi ricchi di fibre sono: cereali e prodotti integrali (farina, pasta e pane integrale), legumi, frutta e verdura.
- Latte e latticini sono particolarmente importanti: Essi forniscono il maggior apporto di calcio, necessario soprattutto all’organismo infantile per la formazione delle ossa e dei denti e per la creazione di riserve di calcio indispensabili durante la vecchiaia.
- La frutta è un indispensabile apportatore di vitamine e di sali minerali, fornisce rapidamente energia, contiene fibre ed è comoda da portare con sé.
- Le verdure valorizzano la merenda: La verdura contiene oltre alle vitamine ed ai sali minerali, numerose fibre. Con rapanelli, cetrioli, pomodori, foglie d’insalata ecc. (la fantasia non ha limiti) so possono preparare vari e croccanti panini integrali.
- Attenzione all’eccesso di zucchero: Lo zucchero fornisce soltanto “calorie vuote” (senza vitamine e sali minerali), causa carie, sintomi di carenza (p. es. carenza di vitamina B12 con conseguenti disturbi della concentrazione) e può far ingrassare. Spuntini fatti con preparati a base di latte, frutta fresca e secca indeboliscono la voglia di dolcel Essi sono una valida e dolce alternativa a: cioccolata, caramelle e “Gummibärchen” (orsetti di gomma).
Zucchero nascosto: Spesso gli alimenti contengono molto zucchero, p. es.:
- creme spalmabili cioccolato-nocciola: 50-65%
- tè per bambini (granulato): 95%
- polvere di cacao istantaneo: 70-80%
Due cucchiai di ketchup di pomodoro contengono un cucchiaino di zucchero, un bicchiere (200 ml) di Coca-Cola o di limonata ne contengono circa 20 g (equivalente a 7 zollette di zucchero). Alcune barrette di müsli e miscele di müsli già pronte, possono contenere sorprendenti quantità di cioccolata e zucchero (fino al 30%). È decisamente più sensato preparare da soli la propria miscela con diversi fiocchi di cereali, noci, uvetta e altra frutta secca.
Suggeriamo un’occhiata all’etichetta. L’elenco degli ingredienti si basa sul loro peso che viene riportato in ordine decrescente. Quanto più zucchero è contenuto tanto prima esso si trova nella lista degli ingredienti. Il miele è soltanto un’alternativa allo zucchero. È vero che contiene anche vitamine, sali minerali e altre sostanze importanti ma anche troppo miele causa soprappeso e carie. Quindi: limitamo per principio il consumo di dolci. Se di tanto in tanto lo si desidera, diamo la preferenza al miele e soprattutto non dimentichiamoci di lavarci i denti subito dopo aver mangiato!
- Utilizzate cibi di coltivazione biologica controllata:Questi possiedono un’elevata qualità interna, contengono poche sostanze nocive (meno pesticidi, metalli pesanti, nitrati), più sostanze nutritive (p. es. più vitamine, sali minerali) e si conservano più a lungo.
- La varietà è tutto, poiché l’organismo richiede determinate quantità di diverse sostanze nutritive. Nessun alimento contiene tutte le sostanze nutritive necessarie nel giusto rapporto in modo da poter soddisfare il fabbisogno del corpo. Per evitare, così, carenze di uno ed eccessi dell’altro è importante optare per una variegata scelta dei cibi.
Cambiare evita inoltre di doversi stufare della stessa colazione o merenda, riportando a casa lo spuntino dopo aver comprato velocemente qualcosa nel negozio dietro l’angolo.
- È importante bere almeno 1,5 – 2 litri d’acqua al giorno, dato che l’organismo ha bisogno d’acqua per lo svolgimento dei diversi processi metabolici e di disintossicazione. I dissetanti più indicati sono l’acqua, l’acqua minerale, i succhi di frutta diluiti con l’acqua e diversi infusi a base di erbe, frutti o fiori. Le bibite a base di succhi di frutta, nettari, coca-cola, limonate, bibite effervescenti, ce cosiddette bevande energetiche, il tè di granulato e le bevande preparate con sciroppi contengono molto zucchero e spesso altre sostanze non consigliabili. Per questa ragione non sono indicate come bevande.
Discutere, scegliere e preparare insieme la colazione e la merenda, perché i vostri bambini mangino con gusto colazione e merenda.
Foglio informativo: EA34 - Alimentazione sana per i nostri bambini
Thursday, March 06, 2003
Come riconoscere un prodotto biologico
Per certificare che il prodotto in vendita sia effettivamente biologico, esistono alcuni consorzi ed organismi indipendenti che effettuano controlli il ciclo di produzione. Verificare che sulla confezione del prodotto biologico compaia un marchio, un logo, una scritta quale "Organismo autorizzato con DM M.R.A.A.F. [...]: "AIAB - Associazione Italiana Agricoltura biologica", "Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici (CCPB) ", "BioAgriCoop", "Demeter" (marchio storico!), "Biodyn", "Certificazione [...].", "controllato da [...]" - comunque un marchio di garanzia. Se non vi fidate, presso il Ministero delle Risorse Agricole c'è un Comitato di valutazione degli organismi di controllo che dà le autorizzazioni e che possiede un elenco completo.
SURIMI
Capitolo a parte merita il surimi, "pasta di pesce" simile alla polpa di granchio, prodotta nelle zone asiatiche. Essa condensa tutto ciò che di peggio può esservi: sfugge alle norme sull'etichettatura (unico ingrediente legale: "surimi", mentre invece è composto di avanzi di lavorazione, scarti industriali giapponesi, olii, grassi, aromi e chi più ne ha più ne metta); detiene il record di sofisticazioni, secondo la Circolare Ministeriale 17 del 10/7/1989 ("Produzione e commercializzazione di Surimi. Le alterazioni sono dovute in gran parte alla cattiva sterilizzazione del prodotto, con conseguente rigonfiamento delle scatole. L'anomalia deve imputarsi anche alla cattiva lavorazione. Le sofisticazioni sono: aggiunta di olio di semi al posto di olio di oliva [...] oppure aceto di vino sofisticato con acido acetico o impiego di materie guaste infette, nonché l'aggiunta di anidride solforosa..."). Ma anche in fatto di additivi "legali" non scherza. Gli svizzeri, i cui strumenti di rivelazione, immaginiamo, saranno di precisione svizzera, ci hanno trovato dentro, oltre ai "normali" conservanti, carragenina (E407), dolcificanti, monofosfati, ortofosfati d'ammonio, sodio e potassio (E339-343), alluminosodico (E541), mono-, di-, tri- -fosfati e insomma i maledetti polifosfati (E450-452).
Salute in otto punti.
Secondo l'inchiesta di "Focus" dell'ottobre '99 ecco come acquistare, mangiare e restare tranquilli. 1.Identità della fettina. Il vitellone veneto godrà di una specie di carta d'identità in cui risulteranno tutti i dati sull'allevatore e sull'animale, sulla sua dieta, e sul macello.
2.Controlli infrarossi. È stata sperimentata in Gran Bretagna una nuova tecnica spettroscopica all'infrarosso per controlli rapidi ed efficaci della qualità della carne (se siamo fortunati in Italia la vedremo tra vent'anni, n.d.r.)
3.Interrogatorio al macellaio. È al fornitore, supermercato o macellaio, che il consumatore deve chiedere garanzie. Soltanto chi vende la carne può dirci da dove viene.
4.Evitare il vitello. È l'unico tipo di carne di cui i veterinari stessi sconsigliano l'acquisto: nel vitello, molto più che nel manzo o nel vitellone, si usano farmaci e prodotti che "gonfiano" l'animale (ironia della sorte, le nostre massaie rimpinzano i bambini proprio con il vitello: la carne più malsana in commercio, n.d.r.).
5.Attenti al magro. La "fettina magra" in natura non esiste. Se c'è, è prodotta con farmaci non consentiti.
6.Mangiare "ben cotto". La cottura uccide molti agenti patogeni.
7.Preferire il biologico. Si trovano facilmente le uova di allevamenti biologici (vedi oltre), frutta e verdura da agricoltura biologica o da "lotta integrata" - più difficile trovare la carne. Certo la produzione biologica costa di più, ma è meglio mangiare meno carne e più sana.
8.Pesce selvaggio. Il pesce d'allevamento, alimentato con farine di carne e troppi grassi, va evitato. C'è un modo sicuro: il pesce azzurro non può essere allevato .
GALLINE E POLLAME
Alla nascita, i pulcini maschi vengono "scartati", gettati via e tritati vivi. Gli animali allevati, chiusi in gabbie strettissime, si strappano le piume e si mangiano a vicenda (cannibalismo) in accessi furiosi. Per quanto concerne le galline: irradiate con infrarossi, sottoposte alla ghigliottina dello "sbeccamento" (taglio del becco), bioritmi alteratiio da cicli notte/giorno artificiali, alimentazione forzata con pastoni fatti col loro stesso guano, con scarti alimentari, residui d'ogni genere e di provenienza incontrollabile. Nei mangimi dei polli e dei maiali belgi sono stati trovati PCB (bifenile policlorurato) - come mangiare insalata di pollo condita con olio di macchina usato! -, altamente tossici e cancerogeni: la loro diffusione e' responsabile dell'aumento di gravi malattie in quanto i PCB si accumulano nella catena alimentare. Gli animali sono cosi' malati che devono essere praticate ininterrotte terapie antibiotiche, tanto violente ed invasive che un veterinario d'una USSL testimoniava di aver dovuto imporre un "blocco " all'uso di antibiotici in un allevamento industriale: risultato devastante, 20.000 polli morti in pochi giorni.
PESTICIDI
Forse non e' abbastanza chiara l'urgenza di volgersi verso l'agricoltura biologica, allontanandosi dai fitofarmaci. Il quadro, attualmente, e' questo: - 35 tipi di pesticidi, cancerogeni secondo l'EPA (attivissima Agenzia federale USA per la Protezione dell'Ambiente) e vietati in America sono regolarmente in commercio in Italia e usati tranquillamente. Tra di essi, il tremendo tiofanato-metile (contenuto nell'Enovit Metil usato in frutticoltura, viticoltura e vivaistica), la molecola-killer aldrin e la celeberrima (o famigerata?) atrazina. - 36 princi'pi attivi di prodotti chimici da giardino, tra i pesticidi "consentiti", sono "pericolosi per animali (e uomini)", "pericolosi per uccelli, pesci", "api, insetti", persistono lungamente nell'ambiente (ricordate il DDT - diclorodifeniltricloroetano? e' ancora in circolo nella catena alimentare: ce lo stiamo ancora mangiando), vengono segnalati da Soil Association e dalla London Food Commission come cancerogeni, teratogeni, mutageni; cosi' come 7 prodotti contro gli afidi (impiegati in orto-floricoltura, frutticoltura e agrumicoltura); cosi' come 7 anticrittogamici (fungicidi spruzzati su fiori, frutta, vigneti) oltre al terribile captano, che ha una molecola simile al Talidomide; cosi' come gli insetticidi che, oltre agli insetti indesiderati, distruggono anche quelli importanti per la buona salute del terreno e insetti antagonisti di quelli dannosi. Gli agenti assassini si chiamano Weed B Gon, 2,4D e 2,4,5TP, silvex, pentaclorofenolo, diossine e furani. State lontani da insetticidi il cui principio attivo sia il methiocarb o il methil-paration (rischio di intossicazione I, mortale), o fenpropathrin o azocyclotin (rischio di intossicazione II, grave). Eppure, in America, dove la legislazione e il sistema d'allerta sono piu' efficaci che qui, vi sono interi archivi di nomi di giardinieri che, usando in continuazione prodotti normalmente in commercio, si sono ammalati di soft-tissue sarcoma, leucemia, linfoma di Non-Hodgkins, con una progressione lenta ma inesorabile (il periodo di latenza puo' andare da 10 a 20 o piu' anni). - Tracce anche consistenti di pesticidi vietati si trovano comunque ogni tanto nelle verdure vendute al supermercato, a dimostrazione che la scarsita' di controlli consente tuttora che qualcuno usi ancora agenti chimici proibiti, dannosi, al bando da anni. I primi dati pubblicati nel gennaio 2000 di una ricerca patrocinata dal Ministero dell'Agricoltura erano alquanto allarmanti: tra il 5 e il 15% di ortaggi e frutti analizzati (5000 campioni) erano impregnati di pesticidi oltre la soglia permessa, ma soprattutto erano contaminati da pesticidi fuorilegge da vent'anni! Si pensi poi che sono quasi 3.000 all'anno, solo in Italia, i casi di intossicazioni acute provocate da pesticidi, che hanno fatto "squillare" i centralini dei quattro maggiori centri antiveleni italiani: Milano, i due di Roma, Napoli. Vittime quasi sempre agricoltori o persone che vivono in ambiente agricolo, colpiti dagli effetti di diserbanti o antiparassitari. Il nome dei prodotti piu' a rischio intossicazioni sono il parasquat, il diclorfos e il timetoato. Nessuno sforzo tecnologico o economico (per sviluppare e lanciare un nuovo pesticida occorrono da 15 a 20 milioni di dollari) potra' mai cancellare un dato di fondo: i pesticidi sono prodotti chimici destinati a uccidere, e anche se oggi sono piu' selettivi di un tempo, il loro impiego continua a provocare danni all'ambiente (inquinamento delle acque di superficie e delle falde, danni alla flora e alla fauna) e alla salute degli esseri viventi. Ed e' una colossale menzogna che le piante transgeniche ne ridurranno l'uso, anzi: il 70% delle piante dell'orto di Frankenstein coltivate in America (e la percentuale e' analoga nei 300 campi sperimentali italiani) sono state modificate geneticamente per poter resistere a dosi quintuple di diserbanti e antiparassitari, che cosi' potranno essere spruzzati con meno cautele e, cosa assai piu' grave, a minor distanza di tempo dalla raccolta e dal consumo. Consigli: rotazione vorticosa della scelta. Variare spesso le marche dei prodotti confezionati, non affezionarsi a nessuna, in modo da diminuire la probabilita' di incappare in prodotti contaminati persistendo poi nel loro consumo. Variare spesso anche supermarket. Lavaggio. Lavare e rilavare accuratamente verdura e frutta, lasciandola anche in ammollo in bicarbonato; sbucciare i vegetali fino a 6-8 millimetri di polpa (a tanto possono penetrare i veleni, pesticidi, anticrittogamici e funghicidi). Il College of Agriculture dell'Universita' dell'Arizona dice: Se siete preoccupati per gli additivi che si insinuano nella vostra dieta, potrete evitarne una buona parte mangiando cibi non preparati industrialmente... Per minimizzare le accidentali contaminazioni nel cibo, potrete: 1. risciacquare e pulire sfregando forte frutta fresca e ortaggi; 2. eliminare le foglie esterne dei vegetali fronzuti; 3. togliere la pelle e il grasso da carne, pesce e pollame; 4. scartare il 'sughetto' e il grasso rilasciati nella cottura di carne, pesce e pollame, poiche' molti contaminanti del cibo si disciolgono nel grasso. Ma il consiglio dei consigli e': scegliere prodotti biologici, esenti, per natura, da tutti i venefi'cî!
Ecco i possibili contaminanti dei nostri cibi.
Residui di pesticidi, anticrittogamici, metalli pesanti. Si possono purtroppo trovare tracce di insetticidi, pur vietati, nelle materie prime provenienti da determinate nazioni, oppure nel nostro latte (la legge italiana, per esempio, ne consente la presenza in concentrazioni anche maggiori rispetto all¹acqua ³potabile²). Inoltre, le piogge acide cadono su tutte le coltivazioni, e ciò comporta la presenza di alcuni metalli pesanti tossici in tutti i prodotti agricoli.
Uso eccessivo e spropositato di fertilizzanti chimici, che comporta spesso un impoverimento delle vitamine e sali minerali di ortaggi e frutti.
Presenza di additivi e conservanti.
Assunzione costante e ripetuta di alcuni alimenti (per esempio, i ³grassi vegetali idrogenati², onnipresenti nei cibi industriali): a lungo andare, soprattutto se ci sono intolleranze alimentari, possono dare problemi comparabili a quelli ³da inquinamento².
Possibili frodi commerciali. Molto più vicine di quanto si pensi: dalle ispezioni dei NAS, i Carabinieri per la Sanità, risulta che uno degli alimenti più frequentemente adulterati tra quelli sottoposti a controllo è il pane (insieme con lo zucchero, gli olî e il vino). Ciò non vuol dire che il nostro panettiere sia un avvelenatore o che dal rubinetto esca insetticida: vuol semplicemente far riflettere sull¹opportunità di usare la testa anche quando mangiamo, e di sapere bene che cosa mangiamo prima di introdurlo nel nostro corpo.
Perché i consumatori hanno perso fiducia nell’industria alimentare
Attualmente, il consumatore ha scarsa fiducia nei produttori di alimenti per due ordini di fattori. Il primo è basato sulla ricezione di messaggi contraddittori da parte dei responsabili dell’industria, del governo, da parte degli esperti, come, ad esempio, il vedere prodotti ritirati dal mercato a seguito di problemi di sicurezza, l’essere testimoni di inquinamento ambientale, di un’esagerata e sollecita promozione al consumo di prodotti dubbi e anche, talvolta, della rivelazione di corruzione e di comportamento disinvolto di membri dell’industria alimentare e degli organi di controllo.
Il secondo deriva dall’avere capito la natura del contratto tra l’acquirente di un prodotto e chi produce e vende, contratto che si stipula tra agenzie aventi diverse finalità.
Il consumatore cerca principalmente cibi semplici, nutrienti e sani; il produttore ed il venditore devono invece rispondere agli azionisti, garantendo una buona rendita del capitale investito. Devono anche tenere conto della concorrenza, ma anche ridurre al minimo i costi di produzione, portare al massimo la quota di mercato, e creare nel consumatore una continua domanda.
Può sembrare cinico, ma dall’esame degli atti che specificano gli scopi e gli obiettivi di un’azienda mancano completamente gli aspetti etici.
I consumatori saggi sono quelli che sviluppano un salutare sospetto su quello che viene venduto. I consumatori non possono contare sul fatto che la legge li protegga, perché la legge potrebbe essere di difficile applicazione o addirittura non applicata. Non possono sperare che la scienza degli alimenti li protegga, perché può essere inadeguata o scarsamente applicata. I consumatori sono gli oggetti di campagne di marketing molto costose, poco regolate e raramente davvero informative. I consumatori, inoltre, ritengono di essere quasi sempre esclusi dalle discussioni da cui originano le leggi, che indirizzano la scienza, o controllano il marketing, nonostante l’esistenza di diverse associazioni di consumatori.
Qui riassumiamo alcune delle esperienze che hanno ridotto la fiducia nelle leggi, nelle autorità e nell’informazione veritiera ed hanno condotto il consumatore a sentire che il contratto che stipulano con chi produce o vende cibo è fortemente sbilanciato a suo sfavore.
Occorre sottolineare che gran parte di questo lavoro si riferisce alla realtà britannica e internazionale, ma come è evidente a tutti, ormai qualsiasi episodio che coinvolga la salute e l’ambiente esce dai confini nazionali, creando allarmi spesso esagerati e aggravando il disorientamento dei consumatori. La mancata corretta informazione, il comportamento spesso contraddittorio, non tempestivo e fermo delle istituzioni, aggravano la sfiducia dei consumatori nell’industria e nelle istituzioni stesse, in quanto agiscono su un rapporto già minato da quanto andremo ad esporre.
Perdita di fiducia nelle politiche di produzione alimentare
La OMS inizia uno studio sul problema cibo con la frase "La possibilità che quello che la gente ama mangiare possa essere pericoloso per la salute è una preoccupazione recente nel corso della storia umana".
Il cibo è, forse, secondo solo al sesso o al denaro nell’interesse di molte persone e non è sorprendente che i consumatori si allarmino facilmente se gli viene detto che il cibo che desiderano può nuocere.
Ad esempio, la BSE e gli episodi di tossinfezione da E coli 0157 hanno molto risalto sulla stampa, ma la perdita di fiducia dei consumatori nella moderna fornitura di cibo si estende molto al di là delle 94 diagnosi della nvCJD correlata a BSE in UK e dei 18 morti da E coli 0157 in Scozia.
Nell’Europa occidentale si è raggiunta, negli ultimi secoli e specialmente nell’ultima metà del 900, per la prima volta nella storia, la capacità di fornire alla popolazione con gli alimenti il minimo necessario di energia e il minimo di nutrienti essenziali per assicurare la crescita e lo sviluppo, eliminando la maggior parte delle malattie da carenza. Ma una nutrizione ottimale non consiste solo nella fornitura di un cibo con queste caratteristiche, perché negli ultimi decenni si è capito che le abitudini alimentari errate possono influenzare lo sviluppo di parecchie tra le più importanti malattie croniche (malattie cardiovascolari, certi tipi di cancro, malattie del colon e dello stomaco, carie dentaria, osteoporosi, diabete e molte altre), spesso importanti cause di morte prematura negli stati membri della UE.
Come continua il documento OMS: "Nei paesi occidentali ed in quelli in via di sviluppo, il modello dietetico associato all’aumento del rischio di malattie croniche è caratterizzato da un alto consumo di alimenti ricchi in zucchero e di prodotti ricchi in grassi saturi e colesterolo, a scapito di una dieta contenente anche carboidrati complessi, come gli amidi, e fibra grezza".
In genere, la dieta consigliata è caratterizzata da un consumo frequente di verdura, frutta, cereali e legumi e contrasta nettamente con le diete che traggono significative quantità di energia da prodotti lattiero caseari, da carni grasse e da zuccheri raffinati.
Ad esempio, il governo UK ha raccomandato un cambiamento nella dieta tipica della nazione, chiedendo con urgenza ai consumatori di limitare la loro introduzione di grassi, specialmente saturi, e di consumare quantità di carboidrati complessi e fibre sotto forma di cibi amidacei, frutta e vegetali.
Queste raccomandazioni pubbliche d’ordine sanitario hanno avuto scarso effetto, perché gli adulti trovano difficile attenersi a tutte le raccomandazioni nutrizionali per diete salubri.
Politiche antinutrizionali
Non deve stupire che non si riescano a seguire i consigli alimentari, poiché sono le politiche agricole a determinare quali alimenti siano portati sul mercato ed i metodi di promozione delle vendite delle aziende assicurano il loro consumo.
Dopo la II guerra mondiale le politiche governative sono state indirizzate per necessità all’aumento della produzione agricola.
Esse erano basate sulla relazione tra la scarsa disponibilità di cibo e l’insufficiente crescita e salute dei bambini negli anni ‘20 e ‘30 e sulla convinzione che la popolazione intera avrebbe dovuto avere accesso a prodotti relativamente costosi, quali quelli derivati dal latte e dalla carne.
Tali politiche, progettate per dare sviluppo ai prodotti agricoli, specialmente quelli d’origine animale, non erano limitate a UK o all’Europa, ma qui ebbero grande successo. I mercati dei prodotti garantiti dai governi crearono dagli anni ‘50 agli anni ‘80 eccedenze imbarazzanti ed ampie, tali da richiedere lo stoccaggio o la distruzione. Grandi quantità di frutta e vegetali furono sotterrati nei campi, grandi quantità di latte furono trasformate in latte in polvere, enormi quantità di vino convertite in alcool industriale, mentre le eccedenze di grano, carni bovine, burro e zucchero furono stoccate, vendute a basso prezzo a trasformatori o al terzo mondo o regalate ad opere benefiche.
Negli anni ‘80, il mercato subì una distorsione, con la vendita di prodotti a prezzo fissato e al disopra della loro reale quotazione nel mercato mondiale; di conseguenza i consumatori della UE dovettero spendere di più.
Queste distorsioni del mercato sono state ampiamente discusse e criticate dalle associazioni dei consumatori.
Inoltre il cibo in eccedenza è stato fatto rientrare in altri tipi di alimenti, come il latte, addizionato a vari prodotti dolciari ed altri prodotti grassi. La disponibilità di burro in eccedenza sovvenziona in effetti il prezzo dei prodotti grassi sul mercato.
In seguito, UE ha finanziato 67,3 milioni ECU per promuovere il consumo di latte e di formaggio nel 93/94, ancora nel 94/95 e altri 10 milioni ECU per la promozione in TV di latte intero come alternativa alle bevande gassate.
Contemporaneamente le eccedenze di frutta e vegetali erano distrutte o date agli animali o convertite ad alcool industriale; non c’è mai stato un piano di distribuzione alle scuole di vegetali e frutta e nessun kg dei prodotti ritirati dal mercato venne devoluto alle scuole. Cioè nella UE sovrapproduzione di grassi significa sovraconsumo, mentre per i vegetali sovrapproduzione significa distruzione, malgrado il loro consumo sia al di sotto del livello necessario.
Le politiche UE appaiono quindi impegnate a promuovere diete non idonee.
In Italia, ad esempio, in seguito a principi non ben chiariti, fu deciso a livello nazionale di appaltare le fornitura delle derrate alimentari nella ristorazione pubblica (scuole, ospedali) sulla base del prezzo più basso, con il risultato di una caduta della qualità e del potere nutritivo.
Produttori di alimenti contro le politiche per la salute
Nel 1988 un altro episodio illuminò i consumatori sulle politiche alimentari del governo UK.
C’era preoccupazione per l’aumento di tossinfezioni alimentari: da 14.000 casi nel 1982, a 24.000 nel 1986, a 29.000 nel 1987, in gran parte causate da un ceppo di Salmonella (S. enteritidis pt 4). Nel novembre ‘87 il dipartimento della sanità riferì al MAFF la prevalenza dell’intossicazione da questo ceppo e la probabile relazione con le uova. Nel gennaio 88 fu definito in una riunione con il capo dei laboratori del servizio sanitario pubblico che il 59 % dei polli di supermercato e il 40% dei campioni di uovo liquido intero erano contaminati da S. enteritidis pt4. Occorsero 10 mesi prima che il governo emanasse un avviso ai produttori di uova di prendere provvedimenti, ritardo criticato da un comitato della Camera dei Comuni e attribuito a mancanza di zelo e al rifiuto da parte dei produttori di accettare le conseguenze di fronte all’evidenza. Né si fece nulla per perseguire i mangimisti, nonostante un quarto degli impianti fosse contaminato da Salmonella.
Nel dicembre ‘88 il ministro per la salute affermò pubblicamente che la causa era dovuta alle cattive pratiche di allevamento avicolo; per questo motivo, invece di essere sostenuta, dando priorità alla salute umana e ponendo attenzione alle condizioni di allevamento, fu attaccata e allontanata dal suo posto. In più fu approvato il pagamento di un risarcimento agli allevatori avicoli per l’abbattimento degli animali infetti, disorientando i consumatori, convinti che la loro salute valesse più del profitto degli allevatori.
In Italia l’infezione giunse più tardi con l’introduzione di riproduttori infetti e si impiegò molto tempo per eradicare questa infezione del pollame. Negli anni scorsi, Salmonella enteritidis era al primo posto come causa di infezione da consumo di uova e la presenza del germe coinvolse altre preparazioni come, ad esempio, il tiramisù, provocando l’erronea convinzione che la causa fosse il mascarpone.
Questo episodio danneggiò la produzione di questo particolare tipo di formaggio per diverso tempo, anche dopo che la vera causa fu divulgata, a causa della sfiducia indotta nei consumatori.
Tornando alla Gran Bretagna, anche con gli eventi dei primi anni della epidemia di BSE si riconfermò l’impressione che le priorità erano dominate dal commercio. Dai primi rapporti degli esperti che valutarono il rischio per la salute umana, fu accertata l’esistenza di un possibile rischio teorico, non quantificabile, che la malattia potesse attraversare la barriera di specie e colpire l’uomo.
Malgrado l’avvertenza che un eventuale passaggio di specie avrebbe avuto conseguenze estremamente serie, il governo UK continuò ad affermare che non c’era niente di cui preoccuparsi: "Non c’è evidenza di un qualsivoglia rischio per la salute umana" (Responsabile dei veterinari ufficiali). "La carne britannica è perfettamente idonea al consumo" (Ministro degli alimenti); "La carne bovina è sicura, come conferma il dipartimento di sanità" (pubblicità sui quotidiani a pagina intera degli industriali della carne). Queste dichiarazioni furono ripetute ancora nel ‘90 e nel ‘94.
Inizialmente agli allevatori fu offerto solo il 50% di rimborso per ogni caso denunciato, incoraggiandoli così ad evitare la denuncia e la macellazione dei capi sospetti. Non furono fatti esami dopo la macellazione per valutare l’incidenza dei capi malati. Un veterinario ufficiale che rifiutò di far passare carcasse sospette fu licenziato. Offerte di laboratori di sviluppare test per la BSE furono bloccati in favore di accordi privati con una ditta diretta da un parlamentare, che fallì nell’impresa. Ancora una volta il governo favorì l’industria ai danni del consumatore.
La perdita di fiducia nella produzione del cibo
Agricoltura
Le politiche agricole che incoraggiano la quantità sulla qualità si sono basate sempre più sulla tecnologia agrochimica per spingere la produttività
L’uso di pesticidi è aumentato in UE più di 10 volte tra 1973 e primi anni ‘90. All’inizio degli anni ‘80 c’erano sul mercato 45.000 diversi pesticidi formulati da 14.000 principi attivi. Di questi 600 erano d’uso comune, tuttavia, secondo l’accademia nazionale per le scienze USA, solo il 37% era stato adeguatamente testato, per i restanti non c’erano dati sufficienti o nessun dato che ne attestasse la sicurezza.
Un rapporto del 1985 riportò che dei 400 pesticidi d’uso comune in UK, 49 erano possibili cancerogeni, 61 sospetti, 90 possibili allergeni. Il 40 % dei 400 erano legati a potenziale rischio per l’uomo, e 39 erano banditi in altri paesi.
Nel 1985-86 un comitato parlamentare sull’agricoltura condannò la compiacenza governativa, denunciò, tra l’altro, che le registrazioni nazionali degli episodi di intossicazione da pesticidi non erano adeguate, non permettendo di identificarne l’origine e che mancavano studi sugli effetti sulla popolazione.
Rispetto agli alimenti, furono verificati il cattivo uso dei pesticidi, i controlli inadeguati, la necessità di metodi più sensibili per la determinazione dei residui, e, nel caso di residui importanti, la necessità della rintracciabilità per risalire alla fonte, allo scopo di verificare il corretto impiego.
Da tempo l’uso di determinati pesticidi è stato proibito e si è assistito ad una drastica riduzione del loro contenuto negli alimenti, anche se persiste la presenza di PCBs. I pesticidi e i PCBs potevano essere introdotti nell’alimentazione mediante tre vie: gli scarichi volontari o accidentali nell’ambiente di residui nella produzione industriale, il trattamento fitosanitario di frutta, verdura e semi e l’industria alimentare stessa.
Allo stato attuale, con ordinanze ministeriali, vengono periodicamente stabiliti i limiti massimi di residui di origine estranea nei vari tipi di alimenti.
In questo momento, in Italia, le acque del Lago Maggiore risultano ancora contaminate da pesticidi organoclorurati ed è proibito il consumo dei pesci del Verbano e di recente sono stati identificati residui di PCBs nel latte ad uso alimentare. Queste notizie non possono che provocare inquietudine nel consumatore.
In UE la responsabilità della promozione di produzioni agricole, della licenza all’uso dei pesticidi, del controllo della loro applicazione in sicurezza è compito dei Ministeri di Sanità e Agricoltura, ed inevitabilmente le loro decisioni sono in conflitto tra loro.
Allevamento animale
Sebbene l’argomento sia di secondaria importanza, perché i responsabili sanitari della UE hanno fortemente limitato la gamma degli antibiotici nell’allevamento animale e ne hanno stabiliti i LMR, la OMS ha messo in guardia contro l’uso di antibiotici nell’allevamento animale perché riduce la gamma di molecole a disposizione per la cura dell’uomo ed è stato criticato l’uso di antibiotici nell’allevamento per la aumentata resistenza del ceppo di S. typhimurium pt 104, che nell’uomo è il primo ceppo per importanza.
Ci sono prove costanti di trattamento improprio con clenbuterolo e derivati, farmaci beta agonisti usati legalmente per trattare le affezioni respiratorie di alcuni animali da reddito, ma illegalmente per aumentare la produzione di tessuto muscolare nel bovino. Il clenbuterolo si accumula nel fegato e fu causa di 135 casi di intossicazione in Spagna nel 90; i residui possono essere fatali a persone con malattie cardiovascolari. Si hanno prove di impiego in vari paesi europei in seguito ad intossicazioni verificatesi in Francia e in tre episodi in Italia. La pratica è illegale, ma chi li usa conta sull’aumento di profitto e sullo stoccaggio a lungo termine della carne.
L’uso di fonti alimentari diverse come mangime per bovini pone il consumatore di fronte all’interrogativo se il benessere animale debba essere sacrificato al profitto. Lavori "scientifici" hanno addirittura provato che i bovini preferiscono carta da macero senza inchiostro rispetto ad altre carte trattate.
Altre fonti alimentari inconsuete sono i miceti che crescono nelle acque di scarico delle fabbriche di carta; o i lieviti cresciuti su residui della lavorazione del petrolio; o la polvere dei cementifici somministrata quale apporto di Ca ed infine l’uso di letame riciclato nei mangimi.
La dispersione sui pascoli bovini della lettiera dei polli, incluso escrementi, penne e parti di animali, ha provocato diversi casi di botulismo animale in UK nel 1988 e poi nel ‘90.
La conoscenza di queste pratiche, sperimentali, provoca sconcerto ed ulteriore diffidenza.
Le farine di carne sono fonti di proteine animali concentrate ed incrementano i tassi di crescita e la produzione lattea. L’uso intensivo dei concentrati dall’inverno 81/82 fu incoraggiato, secondo una rassegna, per ottenere i più alti livelli di produzione lattea in UK prima della sua entrata nel 1984 nello schema CE delle quote latte.
Purtroppo l’evento BSE non solo ha rovinato il settore carni, ma ha rivelato ai consumatori alcuni fatti sulla produzione del bestiame rispetto ad allevamento, alimentazione, trasporto, macellazione e trasformazione della carne.
Negli ultimi anni i consumatori UE sono diventati molto più sensibili verso gli animali e guardando la TV hanno imparato molto sulle moderne tecniche d’allevamento. Hanno visto la superalimentazione di bovini e suini, come la crescita rapida dei polli possa provocare fratture agli arti sotto il peso del loro corpo, come lo sviluppo eccessivo del petto del tacchino provochi la necrosi del muscolo, come circa 2,5 milioni di polli muoiano ogni anno durante il trasporto al macello per ferite, soffocamento, shock.
Si potrebbe pensare che il benessere animale non abbia una diretta connessione con la sicurezza alimentare e la fiducia dei consumatori. Ma tali pratiche, oltre ad avere effetti negativi diretti sulla qualità delle carni, rivelano che il moderno allevamento non è quello delle immagini bucoliche, ma coinvolge lo sfruttamento su larga scala di animali con sofferenze eccessive e inutili e questo riflette il lato nascosto dell’industria.
La fornitura di cibo dall’industria alimentare ai consumatori è sentito come un atto di nutrizione da genitore a figlio, e se i consumatori assistono a pratiche brutali di allevamento non si sentono più sicuri che l’industria alimentare e zootecnica si preoccupino di loro e curino i prodotti; si sentono in definitiva traditi.
Il messaggio che giunge è che l’industria si preoccupa solo della quantità di denaro che può guadagnare.
In Italia, un esempio clamoroso è stato quello degli episodi dell’influenza aviare nel 1999, dove è apparso chiaro come fattori economici fossero i responsabili della moria di 8,8 milioni di polli, causata da un sottotipo virale H7 ad alta patogenicità, sebbene si disponesse della possibilità di produrre il vaccino specifico.
Perdita di fiducia nella trasformazione degli alimenti
Altri problemi possono trovarsi nelle fasi successive della catena alimentare. Qui ci si limita alla trasformazione della carne ed agli additivi.
Igiene della carne
Il problema principale al macello è come trattare un gran numero di carcasse dando sufficiente attenzione ad ognuna di queste, assicurandosi che nessuna carne infetta o contaminata passi al consumo umano.
Per le condizioni igieniche scarse e per la lunghezza del trasporto spesso gli animali arrivano sporchi. In teoria gli animali sporchi dovrebbero tornare al fornitore, ma in pratica ciò non avviene. Possono essere lavati, ma questo diffonde l’infezione potenziale su tutto il corpo e sul pavimento e, come aerosol, sulle superfici e carcasse.
Il personale può diffondere la contaminazione e così gli attrezzi. L’ispezione rallenta la linea e il personale del sezionamento, talvolta pagato a cottimo, preme per una maggiore velocità, con conseguente visita ispettiva incompleta.
Il rapporto Pennington dopo l’episodio di E coli 0157 del ‘96 in Scozia, identificò tra i problemi da risolvere prontamente l’inadeguato addestramento del personale, l’attenzione inadeguata ai rischi critici specifici del processo di macellazione, lo scarso controllo della diffusione di materiale fecale dall’intestino alla carne, osservazioni già fatte in precedenti rapporti.
Una recente ispezione della CE ha giudicato severamente la situazione globale dei macelli italiani, nonostante l’obbligo dell’autocontrollo
Con l’introduzione di questa prassi si sperava diventassero obbligatori i corsi professionali e che le autorizzazioni fossero preventive all’operatività, invece ciò non si è verificato.
Ancora una volta gli interessi dei produttori erano considerati più importanti della salute pubblica.
Additivi
I trasformatori ottengono il loro guadagno utilizzando materie prime e producendo qualcosa di commestibile. Le materie prime possono essere a loro volta componenti altamente trasformati, come amido modificato, proteine vegetali idrolizzate, e la ricetta è addizionata con coadiuvanti tecnologici e additivi. I consumatori diffidano degli additivi e forse hanno ragione perché in più del 90% dei casi l’additivo ha funzioni dubbie. Troppo spesso permettono di far credere migliore un cibo di bassa qualità, riducendo la qualità nutrizionale della dieta complessiva, permettendo, ad esempio, l’introduzione di grasso nascosto.
I coadiuvanti e gli additivi non hanno valore nutritivo ed il loro scopo è promuovere il consumo dei cibi nei quali sono introdotti, rendendoli attraenti, anche se i cibi sono poco o per nulla nutrienti.
Diversi ricercatori si dedicarono allo studio di additivi per creare gelati e farciture con grassi saturi e zuccheri, tipico esempio dell’applicazione degli additivi per produrre cibi di scarsa qualità nutritiva ma attraenti.
Forse il fatto più allarmante è la mancanza del principio di precauzione con i nuovi additivi. Gli aromatizzanti, che costituiscono ampia parte degli additivi, non sono soggetti a controlli sistematici e ci sono poche leggi restrittive sul loro uso.
Nel 1988, uno studio su 299 additivi permessi, diversi dagli aromatizzanti, trovò 25 casi di significativo rischio cronico. Nonostante la richiesta di riduzione del numero di additivi, l’armonizzazione CE ne ha fatto aumentare il numero a 410 (a parte gli aromatizzanti). Di questi 185 sono di sicurezza incerta perché non sono completamente testati, 56 a rischio per sottogruppi della popolazione, 74 possono causare allergie o provocare sintomi di intolleranza o provocare sintomi di intolleranza, 45 non poterono essere valutati perché i dati tossicologici erano coperti da eccezionale segretezza.
Composti di non provata sicurezza sono stati introdotti nei cibi mentre le ricerche erano in corso.
Per molti anni i vari comitati scientifici della CE sulla tossicità dei prodotti chimici negli alimenti e nell’ambiente hanno diviso gli additivi in categorie secondo la sicurezza. Il gruppo A comprende additivi considerati sicuri, il gruppo B accettabili in modo provvisorio, ma che necessitano di informazioni e revisione. Tutti e due i gruppi sono stati approvati per uso alimentare, dando il beneficio del dubbio ai produttori più che ai consumatori.
Con l’armonizzazione dei mercati CE, la regola generale è che un additivo approvato in uno stato può essere usato negli altri stati membri, accordo molto criticato dai consumatori perché consente il predominio degli standard peggiori.
In Norvegia, invece, la maggior parte degli additivi coloranti sono stati banditi dagli alimenti dal 1976 sulla base che una parte della popolazione (<1%) può avere reazioni di intolleranza. Nella CE in teoria si può usare tutta la gamma dei coloranti disponibile ai produttori. Anche gli aromatizzanti possono essere commercializzati nella CE senza prove sufficienti.
Le procedure scaricano al consumatore, e a coloro che agiscono nell’interesse pubblico, la responsabilità di provare che un additivo causa problema, mentre sarebbe compito del produttore dimostrare che un additivo è un componente necessario del prodotto e provare che è sicuro.
Etichettatura
Le norme europee hanno sottolineato la grande importanza dell’etichettatura per informare il consumatore su ciò che consuma, ma il risultato è inadeguato perché per certi cibi non è richiesta l’etichetta, come per le bevande alcoliche, i dolci sfusi ed i cibi distribuiti con il catering.
Altri problemi comprendono:
* figure ingannevoli sul contenuto, evidenzianti gli ingredienti più nutrienti;
* informazioni importanti a caratteri piccolissimi, in posizione nascosta e in colori poco contrastanti con lo sfondo;
* frasi che dichiarano di essere bassi in, leggeri, ridotti, le quali non chiariscono che il prodotto è ancora una fonte significativa dell’ingrediente, ed enfasi su quello che manca (ad esempio, 80% senza grasso) invece che indicarne la quota;
* uso di parole non legalmente definite come originale, tradizionale, naturale, intero, nutriente e anche scientificamente bilanciato;
* descrizione ambigua del cibo come, ad esempio carne tritata e cipolla dove l’ingrediente principale è carne di pollo recuperata meccanicamente e cibo per bambini definito pasto al tacchino con meno del 10% di carne;
* uso di frasi che confondono come sapore alle fragole (= senza fragole) comparate con aromatizzato alle fragole (= presenza di fragole) o semplicemente fragole (nei milk shake, dove il contenuto di fragole è sconosciuto).
Queste ed altre pratiche hanno un messaggio nascosto: i produttori stanno cercando di far comprare qualcosa, ma non sono semplici e onesti nel dire quello che davvero vendono, ma queste pratiche non devono sorprendere perché ciò esiste da quando è nato il commercio. Tuttavia ciò crea ulteriore sfiducia.
Se ci si basa sull’etichettatura piuttosto che su leggi restrittive, allora i consumatori devono ricevere le informazioni che desiderano. Anche Reagan, difensore del libero mercato, riteneva essenziale che il consumatore fosse consapevole e quindi libero di fare scelte informate.
Dal canto loro, i produttori sostengono l’impossibilità di fornire tutte le informazioni in una piccola etichetta, dove è già scritto molto.
Perdita di fiducia nel marketing
Oltre alle etichette i produttori hanno a disposizione una serie di mezzi per commercializzare i prodotti: pubblicità TV, stampati nei negozi, brochure nelle sale d’attesa dei medici, personale vestito come infermiere nelle maternità ecc. Questo non è illegale, ma a molta pubblicità non fa seguito un aumento di fiducia.
Perdita di fiducia nella tecnologia
Ci limiteremo all’aspetto più attuale, quello dell’irradiazione.
Dubbi legittimi sul valore del cibo irradiato sono stati sollevati da molte associazioni di consumatori rispetto a sicurezza, necessità, abuso, qualità, valore nutritivo, igiene, etichettatura, controllo degli stabilimenti, applicazione e impatto economico.
La irradiazione degli alimenti in Europa fu proposta e sostenuta soprattutto dal comitato governativo del Regno Unito.
I sospetti che ci fossero enormi interessi per questa nuova tecnologia furono confermati quando si scoperse che il consigliere del comitato governativo per gli alimenti irradiati era il direttore marketing e maggiore azionista di una azienda che possedeva l’impianto di irradiazione più grande in UK.
Inoltre il presidente dello stesso comitato era direttore part-time di una delle maggiori aziende inglesi di isotopi, probabile fornitore di impianti di irraggiamento.
Rispetto agli OGM, cibi o ingredienti, la tecnologia spinge il mercato e gli investimenti massicci delle multinazionali devono avere un ritorno con il guadagno di ampie fette del mercato.
Le preoccupazioni dei consumatori e le incertezze scientifiche sono ridotte a questioni legali, se un paese possa o meno legittimamente bandire l’importazione sulla base di una minaccia alla salute.
Se l’industria biotecnologica fosse solo un altro aspetto della produzione, gli errori che fa potrebbero essere considerati parte accettabile del suo sviluppo. Ma i prodotti delle biotecnologie sono organismi viventi che possono riprodursi e disperdersi e se avvengono errori non possono essere ritirati come un qualsiasi prodotto difettoso.
Dopo l’impiego in esperimenti di campo dell’OGM Bradyrhizobium japonica, m.o. che fissa azoto, si trovò che questo, inaspettatamente, competeva contro ceppi indigeni e che la conseguente aratura del campo lo disperdeva su diversi acri. Cioè si capì che anche con sperimentazioni pianificate e studiate a fondo su organismi ben noti e con esauriente letteratura scientifica, si possono ottenere risultati non prevedibili.
Nel 97 una linea non testata di rapa OGM fu trovata diffusa nel Canada occidentale; una quantità corrispondente al raccolto di 600000 acri non fu controllata per l’idoneità al consumo umano e animale e dovette essere ritirata, con un costo di 12 milioni di dollari più 24 milioni di mancata vendita. Non si capì come si fosse potuto vendere il seme non testato, ma si rispose che avvengono incroci per diverse centinaia di linee e controllarli a tutti gli stadi sarebbe stato troppo costoso anche in termini di tempo.
Una soia con il gene della noce brasiliana possedeva l’allergenicità della noce per i soggetti sensibili. In questo caso la specie donatrice era nota come allergene e così i controlli furono fatti. Ma la maggior parte delle ditte biotecnologiche usa microorganismi piuttosto che piante come donatori di geni, anche se il potenziale allergizzante di queste proteine microbiche di nuova introduzione è incerto, non prevedibile e non controllabile.
Uno dei primi prodotti della bioingegneria genetica fu la somatotropina bovina BST, l’ormone che fa aumentare la produzione lattea e bandito da CE. I primi esperimenti condotti in UK nel ’86 - ‘87 furono fatti segretamente, il governo rifiutò di dire dove, e peggio, il latte prodotto fu aggiunto alla fornitura nazionale di latte. Non si tentò di tenere traccia del latte, né di etichettarlo.
Il latte era più ricco di grasso e conteneva alti livelli del fattore di crescita tipo-insulina IGF-1 e aumentava il rischio di mastiti nelle vacche più sfruttate.
Il beneficio fu l’aumento del 20% della produzione lattea senza avere un numero maggiore di animali, ma l’immagine data fu pessima, tanto che gli operatori videro la futura approvazione con molte riserve.
L’ultimo esempio riguarda la soia OGM Roundup Ready , che non è stata testata a fondo.
La soia, definita dall’azienda produttrice non significativamente diversa dalla naturale, è stata prodotta per resistere all’erbicida Roundup della stessa azienda. I test sottoponevano le due forme in identiche condizioni di crescita, ma non era un vero test in vivo, perché nella realtà la soia sarebbe cresciuta in presenza di Roundup, che uccide le piante normali.
Tre anni dopo l’approvazione si scoprirono nella soia trattata con Roundup livelli più alti di fitoestrogeni. Queste sostanze sono molto controverse, specie se presenti nelle formule di latte di soia per lattanti; il bambino, per il basso peso corporeo e l’alto livello di consumo, può introdurre con il latte livelli di estrogeni superiori a quelli aventi effetti riproduttivi negli adulti.
La fiducia dei consumatori diminuisce a seguito delle decisioni prese dalle grandi aziende che producono i cibi OGM, specialmente se le stesse aziende rifiutano di tenere separati i prodotti normali dagli OGM, rendendoli difficilmente riconoscibili.
Perdita di fiducia nella scienza
Talvolta si ritiene che la protezione pubblica consista solo nell’applicare bene la scienza, cioè valutare i prodotti per i loro possibili rischi e rimandare i risultati al produttore in modo che possa migliorare i propri metodi di produzione. La salute e la sicurezza sono le prime priorità di qualsiasi sistema di produzione degli alimenti e la razionale applicazione della scienza dovrebbe assicurare il minimo rischio e la possibilità di ricorrere a provvedimenti correttivi.
Sfortunatamente, il punto di vista scientifico non è uno solo, i ricercatori non hanno la stessa opinione, per certi il rischio potrebbe essere scarso, per altri grave. Quello che per qualcuno è accettabile per un altro no, anche a parità di dati analitici.
Con i dati disponibili ad una certa data un esperto può fare raccomandazioni inadeguate o aprirsi a diverse interpretazioni, con la necessità di proseguire gli studi per arrivare a dati conclusivi.
Ma spesso, per necessità, il comitato di esperti deve prendere provvedimenti subito, ed è forzato a dare definizioni prematuramente, prima che un possibile pericolo si diffonda.
Talvolta le risorse non sono disponibili e le indagini scientifiche non sono adeguate a testare i rischi potenziali di un processo.
Talvolta manca il controllo del prodotto nella pratica, o si presta scarsa attenzione allo sviluppo di effetti collaterali. I prodotti sono spinti sul mercato senza adeguate prove nell’uso quotidiano. I componenti sono provati isolati e non in combinazione.
Questi fallimenti sono più frequenti di quanto non si voglia ammettere, ma non sono aberrazioni, bensì sono insiti nella natura commerciale del settore alimenti. I produttori non vogliono spendere soldi senza necessità, ma vogliono finanziare il minimo di ricerca necessaria ad essere in regola con le leggi per l’approvazione di un prodotto: perché spendere di più?
Né la scienza è dedita solo alla sicurezza pubblica.
La scienza spesso cede a favore di altre priorità, altre volte è usata per supportare l’introduzione di nuove tecnologie che hanno pochi vantaggi e portano rischi sconosciuti. In queste circostanza la neutralità della scienza e delle autorità perde in credibilità.
Chi sceglie gli obiettivi della scienza? Chi indirizza la scienza? Chi investe nelle attività scientifiche? Chi determina i finanziamenti? Chi paga gli stipendi dei ricercatori? Dove devono andare gli scienziati se vogliono sviluppare i loro progetti, ottenere apparecchiature, finanziare nuovi ricercatori?
La scienza non è libera da limiti; gli scienziati si trovano a fronteggiare continuamente scelte soggette a diverse pressioni commerciali, politiche, legali, di categoria, ma più spesso i valori sono quelli dei finanziatori. La sicurezza alimentare non si basa solo sulla buona scienza, ma è piuttosto un riflesso della lotta di interessi in conflitto del commercio, politici, personali e sociali. Troppo spesso la buona scienza è il risultato casuale di questa lotta.
Perdita di fiducia nella legge
I dubbi sulla funzionalità della legislazione sugli alimenti possono essere riassunti in pochi esempi.
Molte norme non sono messe in pratica come leggi, ma come linee guida per l’industria e codici di comportamento. In certi casi, i codici possono essere citati nei tribunali come standard, sotto i quali i prodotti non devono andare. In altri casi i codici sono interamente discrezionali.
Un esempio di scarsa protezione pubblica per la mancanza di leggi è l’etichettatura degli hamburgher surgelati e delle salsicce fresche
Ad esempio, già da diversi anni gli esperti avevano avvisato i consumatori di assicurarsi che le carni bovina e suina tritate fossero ben cotte prima del consumo e fu raccomandato di indicare in etichetta il consumo del prodotto solo dopo completa cottura. Soltanto nel ’96, per il rapido aumento dell’incidenza dei casi di tossinfezioni da E. coli H 0157H7 in UK, il governo britannico decise di adeguare le etichette come consigliato. Questo ritardo comportò un danno ulteriore al consumatore e all’immagine dei prodotti.
Un esempio di legge debole si ha quando, dopo molte discussioni e consultazioni, magari durate più anni, sono introdotti nuovi standard e all’industria è concesso un altro periodo di tempo per uniformarsi e smaltire le scorte.
Si potrebbero addurre altri esempi, dove l’industria aspetta l’ultimo minuto per fare le modifiche richieste, dimostrando che il benessere del consumatore vale meno dei profitti. Inoltre, quando le leggi vengono introdotte, si studia il modo di aggirarle.
Forse il peggiore aspetto della legge che dovrebbe proteggere il consumatore dall’inganno, dalla frode e dalla non rintracciabilità del prodotto, è l’esenzione dalle leggi dei "prodotti agricoli primari". Poiché i passaggi commerciali rendono difficile, se non impossibile, la rintracciabilità del prodotto, la CE ha a lungo permesso ai produttori agricoli di sfuggire alle leggi. È un esempio del fatto che le pratiche commerciali hanno forza sufficiente di esentare i produttori dalle responsabilità per i loro prodotti.
Finlandia, Grecia, Lussemburgo e Svezia hanno già optato per estendere il campo dell’obbligo ai prodotti agricoli primari e UE sta lavorando per estendere l’obbligo a tutti gli stati membri. Ci sono state obiezioni, ma dopo la BSE si è agito senza ritardo.
Nel caso dei prodotti dell’ingegneria genetica, il produttore, a sua difesa, potrà appellarsi al fatto che, al momento della messa in commercio, non erano disponibili gli strumenti tecnologici atti ad identificare i rischi per il consumatore, e toccherà al consumatore danneggiato provare che il prodotto era a rischio. Ancora una volta è evidente che il rischio è del consumatore, ma i benefici sono del produttore.
Un altro problema della presente direttiva è l’esistenza di un limite di 10 anni per i reclami. Nel caso di semplice tossinfezione alimentare il limite è sufficiente, ma nel caso di una malattia a lenta incubazione, come nvCJD, occorrono più di 10 anni per dimostrare che il danno è avvenuto. Può essere difficile dimostrare il legame diretto con un prodotto specifico, ma questo è un problema secondario al problema del limite di tempo.
Anche nel caso degli OGM potrebbero essere necessari più di 10 anni per stabilire una responsabilità, anche se è molto chiaro quale sia stata la causa specifica.
Un caso diverso, unico, che ha tutelato i consumatori anche in assenza di una evidenza scientifica definitiva è quello avvenuto dopo il bando da parte della CE nel 1986 degli ormoni promotori di crescita nella produzione bovina. Le compagnie farmaceutiche ricorsero in appello alla corte di giustizia europea per rimuovere il bando; nel novembre 90 la corte rispose che EC e il Consiglio Europeo avevano diritto a mantenere il bando nell’interesse dei consumatori senza attenersi ai dati scientifici disponibili, comprovanti l’innocuità degli ormoni naturali.
Perdita di fiducia nei comitati degli esperti
Abbiamo già segnalato vari esempi di conflitti d’interesse tra i membri dei comitati di esperti.
Non è irragionevole stabilire che chi subirà le decisioni del comitato possa partecipare alle deliberazioni, ma non sia membro votante. L’indipendenza di un comitato è la sola garanzia che il suo consiglio sia totalmente imparziale e libero da interessi di parte. I dipendenti dei ministeri non dovrebbero essere ammessi al voto. Né dovrebbe votare chi ha interessi commerciali, sebbene la sua esperienza possa essere utilizzata, e altri gruppi interessati dovrebbero essere invitati a commentare e a sottoporre i loro punti di vista.
Ad esempio, uno studio sui membri dei comitati di consiglio UK sugli alimenti e salute condotto nel periodo 74-87, dimostrò che su 274 persone con diritto di voto, 135 avevano legami con l’industria, altre 36 erano impiegati del ministero coinvolto. I 171 in conflitto di interessi occupavano 313 posti dei 427 del comitato di consiglio.
Un’altra indagine dimostrò che 20 industrie alimentari mandarono 49 consiglieri occupanti 81 posizioni nel comitato. Una delle maggiori compagnie inviò 12 persone a occupare 20 posti.
Un’altra indagine rivelò che di 15 membri di esperti di un comitato, 5 avevano stipendi pagati da compagnie alimentari, quattro erano consulenti di industrie alimentari, uno era direttore scientifico di una fondazione finanziata dall’industria, due, incluso il presidente, ricevevano fondi per la ricerca dall’industria alimentare e due erano ispettori ufficiali degli alimenti senza interessi commerciali dichiarati.
È difficile in questa situazione credere che sia tutelato l’interesse del consumatore ed è un evidente caso di enti che dovrebbero dare regole e che invece sono sotto l’influenza di chi dovrebbe essere sottoposto alle regole.
Il fenomeno non è solo inglese. Conflitti di interesse sono ben noti a livello internazionale e la più vecchia associazione, il Codex Alimentarius, è stato oggetto di molti reclami per i legami con l’industria e la mancanza della rappresentanza dei consumatori.
Le riunioni del Codex sono aperte ai 197 paesi membri (che mandano delegazioni e hanno un voto per paese) e 111 organizzazioni non governative (NGO) invitate come osservatori e senza diritto di voto. Questi 111 osservatori NGO includono rappresentanti di oltre 100 gruppi finanziati dall’industria, alcune fondazioni su alimenti e nutrizione ed un gruppo di consumatori. Le delegazioni nazionali possono includere anche membri dell’industria: per esempio, la delegazione USA alla riunione del giugno 95 era composta da 27 delegati, dei quali 14 ufficiali del governo, 12 con interessi commerciali, uno rappresentava interessi pubblici. Al convegno del ‘97, la delegazione USA comprendeva rappresentanti di 8 dipartimenti governativi, 3 NGO di pubblico interesse e 10 gruppi finanziati dall’industria.
Quando definì i principi secondo i quali prendeva le sue decisioni, l’intero Codex dichiarò che i suoi standard erano basati su "sana scienza" con riguardo alla protezione della salute del consumatore e alla promozione di pratiche leali nel commercio alimentare.
Queste affermazioni sono state contestate perché mancavano di riconoscere che la scienza non è assoluta, che le decisioni dovrebbero essere basate anche sul principio di necessità, che il principio di precauzione dovrebbe essere sovrano quando c’è qualche dubbio sulla sicurezza.
La mancanza di requisiti di etichettatura per alimenti con ingredienti OGM, privando il consumatore di una scelta consapevole, l’accettazione di standard commerciali per residui di pesticidi e ormoni nella carne, sono esempi che hanno allarmato particolarmente le NGO, le quali reputano che il Codex non assicuri pratiche leali o decisioni secondo il principio di precauzione.
Accanto al conflitto d’interesse delle agenzie, c’è il problema degli stretti legami tra enti che devono porre regole e chi deve seguirle, particolarmente se lo stesso personale va da uno all’altro, dall’industria agli uffici del governo e indietro all’industria, per esempio. Ci sono esempi di personale di multinazionali USA che poi hanno fatto parte della FDA per lavorare a leggi riguardanti prodotti di multinazionali, o membri FDA a cui sono stati offerti lavori molto ben pagati in trattative correlate agli alimenti, poco dopo aver preso decisioni a favore di queste. Anche più allarmante è la possibilità che dipendenti statali partecipino ad attività industriali mentre ricoprono cariche ufficiali.
Il futuro
Nonostante tutto, c’è ancora una certa fiducia nella scienza. Ci sono ricercatori che riescono a resistere alle tentazioni dell’industria. Ma la scienza ha bisogno di un po’ di umiltà, di accettare risultati inattesi che possono presentare problemi, aprendone altri.
La scienza si deve dissociare dalla necessità dell’industria alimentare di reinventare nuovi prodotti solo per guadagnare quote di mercato. La scienza deve invece trovare strade per produrre alimenti necessari e salubri senza danneggiare quello che è già presente; deve cambiare la mentalità ed essere rispettosa della complessità dei sistemi reali e dei loro processi.
I principi di precauzione devono essere alla base di ogni decisione. È necessaria la netta divisione degli interessi, tra industria e aziende di promozione da un lato e le autorità legislative, gli ispettori, gli enti che rilasciano licenze dall’altro.
Anche i produttori stessi devono cambiare se vogliono che il rapporto con il consumatore sia di maggiore fiducia, promuovendo forme di produzione che rispettino l’ambiente, che assicurino una produzione sostenibile senza impoverimento delle risorse, che non allontanino il produttore dal prodotto e dai clienti, o che mettano i consumatori in opposizione al produttore.
Liberamente tratto e modificato da Tim Lobstein, The Food Commission and the Food Information Trust, London: Why Consumers Have Lost Confidence in the Food Industry, in International Food Safety handbook, eds. Van der Heijden, Younes, Fishbein, Miller, Marcel Decker, Inc. New York — Basel.
Bibliografia
Jaillette Jean-Claude, Il cibo impazzito. Il caso europeo della contraffazione alimentare, trad. it. Matteo Schianchi, Ed. Feltrinelli, Milano, 2001
Mae-Wan Ho, Ingegneria genetica: sogno o realtà?, Ed. Derive-Approdi, Roma, 2001