QUANDO GLI ZUCCHERI VANNO SU E GIU’
Catia Trevisani, medico e direttrice della Scuola Italiana di Medicina Olistica (SIMO) []
Oltre ai più noti macronutrienti: zuccheri (carboidrati), grassi (lipidi) e proteine, il nostro organismo necessita, per vivere, anche dei cosiddetti micronutrienti. Si tratta di fibre, minerali e vitamine, indicati con il termine “micro”, non tanto per la loro minore importanza per il nostro metabolismo, quanto per il fatto di essere presenti in piccole quantità. Tra i macronutrienti sono soprattutto i carboidrati, contenuti in cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi ad essere interessati direttamente al fenomeno dell’ipoglicemia. Semplici o complessi Dal punto di vista chimico, i carboidrati si distinguono in zuccheri semplici e zuccheri complessi, quest’ultimi sono legati fra loro per formare ‘catene’ di varia lunghezza. Un monosaccaride è un carboidrato formato da una sola molecola di zucchero (esempio: glucosio, fruttosio, galattosio); un disaccaride è un carboidrato formato da due molecole di zucchero (es: glucosio + glucosio = malto; glucosio + fruttosio = saccarosio; glucosio + galattosio = lattosio); infine gli oligosaccaridi sono formati da 3 a 11 molecole di zuccheri; le destrine sono formate da centinaia di oligosaccaridi; i carboidrati complessi sono formati da migliaia di oligosaccaridi (è il caso di: amidi, cellulosa, pectine, glicogeno). Con il processo della digestione tutti i vari tipi di carboidrati vengono trasformati in glucosio. Gli zuccheri semplici vengono assorbiti dall’intestino e convogliati al fegato il quale ne regola il metabolismo; quando il glucosio è in eccesso il fegato lo trasforma in grosse molecole (glicogeno) che fungono da deposito per fornire energia in caso di emergenza. Quando i depositi di glicogeno raggiungono la saturazione il glucosio in eccesso viene convertito in acidi grassi e trigliceridi, i famosi grassi che vengono poi immagazzinati come tessuto adiposo in varie parti del corpo. Cosa accade durante il digiuno Il mantenimento dei valori del livello di glucosio nel sangue (glicemia) entro limiti relativamente ristretti (50-85 mg/100 ml) è una caratteristica fondamentale di un organismo che gode buona salute. Non bisogna dimenticare che il glucosio è il substrato energetico principale del cervello ed una sua carenza, allo stesso modo di una carenza di ossigeno, produce disturbi più o meno gravi della funzione cerebrale. Questo perché il cervello non è in grado di utilizzare altri substrati come fonte di energia, al contrario di quasi tutti gli altri tessuti corporei che in carenza di zuccheri utilizzano dei derivati dei grassi (acidi grassi liberi). Durante la prima fase del digiuno, per esempio, l’organismo mantiene un’adeguata funzione cerebrale grazie alla capacità del fegato di liberare glucosio dai depositi, inoltre il fegato è in grado di sintetizzare glucosio a partire da altri precursori che vengono messi a disposizione dai tessuti periferici. Nello stesso tempo diminuisce l’utilizzazione del glucosio da parte degli altri tessuti che “si accontentano” di altre sostanze, lasciando il prezioso glucosio prodotto dal fegato al grande signore “il cervello”. Tutti questi meccanismi di adattamento sono controllati da ormoni e sono estremamente efficaci. I quattro ormoni che in questo ambito entrano in gioco sono: adrenalina e cortisolo (sono i due ormoni dello stress), glucagone (esatto antagonista dell’insulina, prodotto dal pancreas) e l’ormone della crescita, GH. Diversi tipi di glicemia L’ipoglicemia è appunto un abbassamento della glicemia (valori inferiori ai 50 mg/100 ml); più propriamente l’abbassamento eccessivamente rapido della glicemia o la fluttuazione della stessa. Ovviamente si tratta di un fenomeno che può manifestarsi con modalità diverse. L’ipoglicemia organica, è abbastanza rara ed è provocata da anomalie pancreatiche, patologie del fegato, dei surreni, della tiroide o della ghiandola ipofisi, si tratta di malattie che portano ad uno squilibrio del sistema di controllo, il sistema ormonale. L’ipoglicemia funzionale è invece molto comune, è provocata da un’eccessiva secrezione di insulina (ormone rilasciato dal pancreas) come reazione ad un consumo elevato di dolci e di stimolanti. I sintomi generali più comuni a questi disturbi sono: sensazione di stanchezza, mancanza di forze, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, vertigini, tendenza agli svenimenti con o senza oscuramenti della vista, irritabilità, sudorazione, estremità fredde, dolori muscolari, tremori, mal di testa, tachicardia, sbalzi d’umore fino ad apatia, depressione, ansietà, insonnia e fobie. In particolare, la sudorazione, i tremori, l’ansietà, il nervosismo e il senso di fame sono dovuti alla liberazione di adrenalina. Qui non discutiamo dell’ipoglicemia grave che comporta sintomi cerebrali fino alle convulsione e la perdita di coscienza in quanto sono rari e legati a patologie importanti. Le cause più comuni Le cause più comuni dell’ipoglicemia funzionale sono: I. Elevato consumo di zuccheri e di farine raffinate II. Intervalli troppo lunghi tra i pasti III. Caffè e stimolanti IV. Carenze nutrizionali V. Stress ed esaurimento dei surreni VI. Carenze enzimatiche Attenzione a non confondere l’ipoglicemia con l’anemia di cui tratteremo nel prossimo numero, anch’essa dà alcuni sintomi simili come stanchezza, tachicardia, eccetera, ma ha un’origine completamente diversa. Il ruolo della GTF La regolazione del metabolismo del glucosio è anche influenzata da una molecola (GTF) che stimola e migliora le funzioni dell’Insulina, ormone che consente l’ingresso di glucosio nelle cellule dalle quali poi deve essere utilizzato. Questa molecola contiene Cromo, un minerale fondamentale per l’organismo (purché non si trovi in eccesso) che si trova nel lievito e nei cereali integrali, anche le vitamine del gruppo B, di cui sono particolarmente ricchi nei cereali integrali, svolgono un ruolo molto importante nel metabolismo degli zuccheri. Consigli alimentari Se questo è il quadro complessivo legato all’assorbimento degli zuccheri. Quali sono gli alimenti consigliati per evitare squilibri e disturbi metabolici? Ad essere sconsigliati sono soprattutto gli stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola); gli zuccheri raffinati; alcuni ortaggi come patate e zucca; dolcificanti come il miele; i cibi in scatola; i succhi di frutta e le bevande gasate. In particolare il consumo di caffeina è da evitare perché provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico, per lo stesso motivo è consigliabile non fumare. Anche il consumo di alcool è sconsigliabile perché danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; inoltre ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare. Dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati non vanno bene perché rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza. Per evitare l’insorgere di ipoglicemia funzionale è necessario fare attenzione anche all’apporto proteico, decisamente out sono carne di maiale, insaccati e carni rosse; mentre ampiamente consigliati sono cereali integrali, verdure e frutta di stagione, germogli di legumi e cereali, legumi, latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari), proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè), frutta secca, semi, oli spremuti a freddo, alghe e come bevande, tisane, caffè d’orzo e the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè). Va invece consumati con moderazione la frutta troppo dolce (banane, uva, meloni, anguria) il pesce, le uova; mentre ai carnivori impenitenti si consiglia almeno di preferire le carni bianche. Poco, ma spesso Due utili precauzioni per poter mantenere stabile il livello di glicemia a livello corporeo, soprattutto inizialmente, consiste nel consumare 6-8 piccoli pasti nel corso della giornata e nel mantenere stabili gli orari dei pasti. A questo proposito un’importanza particolare riveste anche la colazione, mentre molte utile è l’abitudine di assumere al risveglio un bicchiere d’acqua con spremuto ½ limone, ½ arancia o ½ pompelmo, oppure arricchita con un cucchiaino di aceto di mele. In sua sostituzione si può assumere una tazza di una tisana alle erbe (Tarassaco radice e foglie, bacche di ginepro, menta, camomilla, malva), assicurandosi che si tratti di erbe provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Altri alimenti consigliati sono: lievito di birra (in quanto contiene cromo, zinco, selenio e vitamine del gruppo B); lecitina di soia (coadiuvante delle funzioni epatiche); succo di ribes nero (contenente vitamina C che normalizza le funzioni dei surreni); semi (per il contenuto in Zinco) e olio di germe di grano (ricco di vitamina E). La crema Budwig In conclusione è indispensabile ridurre il più possibile gli zuccheri semplici a rapido assorbimento e consumare carboidrati complessi ad assorbimento lento in modo da rendere stabile il livello glicemico. I consigli della Macrobiotica in questo senso sono dunque utilissimi, ma anche il Metodo dietetico della dottoressa Kousmine ha qualcosa di veramente utile da insegnare a chi soffre dei sintomi tipi dell’ipoglicemia che riguardano certamente una grande fetta della popolazione. Tornando alla colazione, una proposta molto valida rimane la famosa crema Budwig leggermente modificata. Si tratta di un pasto naturale, composto solo da alimenti freschi. E’ un piatto che sazia, è delizioso, contiene tutte i principi nutritivi di cui si è parlato precedentemente ed assicura un livello glicemico costante per un tempo sufficientemente lungo. E’ il miglior sostituto alla tradizionale tazzina di caffè del mattino e fa miracoli. Una mente lucida, pronta, chiara, libera da irritazione e nervosismo, è più che mai importante per il benessere personale e questo è in qualche modo legato al nutrimento che ogni giorno scegliamo di offrire al nostro cervello. Per raggiungere questi risultati basta davvero poco. E’ sufficiente rispettare alcune semplici regole, in grado di assicurare all’organismo un benessere duraturo e una migliore qualità di vita al nostro quotidiano. ALIMENTI CONSIGLIATI Alimenti SI Alimenti No Latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari) Stimolanti (caffè, the, tabacco, cioccolata, coca cola) Cereali integrali Carboidrati raffinati Oli spremuti a freddo Dolcificanti Verdure di stagione Patate e zucca Frutta secca Miele Legumi Cibi in scatola Frutta di stagione Succhi di frutta e bevande gasate Proteine di origine vegetale (seitan, tofu, tempè) Carne di maiale, insaccati, carni rosse Tisane, orzo, the privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè) Germogli di legumi e cereali Semi oleosi Alghe Da consumare con moderazione Frutta troppo dolce come: banane, uva, meloni, anguria Carne bianca Pesce Uova I segreti del tè bancha Dalle modalità di raccolta e dalla natura dei trattamenti a cui sono sottoposte le foglie dipende gran parte delle proprietà organolettiche farmacologi che e nutrizionali che caratterizzano le numerosissime varietà di tè oggi in commercio, raggruppabili schematicamente in quattro grandi famiglie: tè verde, tè oolong, tè nero e tè bancha, di cui sono diffusi sul mercato italiano essenzialmente due tipi il Kukicha (o ì tè di tre anni) e l'Hojicha (o The bancha in foglie). Il primo è in realtà una miscela, composta per il 40% da rametti di tre anni ottenuti dalla parte inferiore della pianta; per l'altro 40% da rametti di dieci anni, raccolti in inverno; per il rimanente 20% da foglie e da rametti più sottili di un anno, raccolti in marzo e in giugno. L'Hojicha è invece preparato con le giovani foglie che si sviluppano dopo la raccolta dei germogli. Dopo essere passate a vapore per 2-3 minuti, le foglie vengono fatte asciugare lentamente in forno per bloccare ogni processo di fermentazione, lasciate riposare un anno ed infine tostate. I bancha si differenziano dagli altri tipi di tè per il bassissimo contenuto di caffeina (0,5-1,5% nell'Hojicha), del tutto assente nel Kukicha. La buona dotazione di oli essenziali, vitamine (B2, A, PP), sali minerali (calcio, ferro, potassio e fluoro). Di particolare interesse è il contenuto di tannini, responsabili del caratteristico sapore astringente, grazie all’efficace azione antibatterica e antivirale. Un'altra interessante caratterista del tè sembra essere rappresentata dall'attività anticarie anch'essa imputata all'elevato contenuto di tannini e potenziata dalla presenza di fluoruri. Un altro vantaggio dei tè bancha è la possibilità di acquistare miscele provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Si tratta di un aspetto certo non trascurabile per un gruppo di alimenti provenienti da aree geografiche dove, a causa dell'assenza di adeguate regolamentazioni, vengono utilizzati spesso senza controllo pesticidi vietati in Europa e negli Stati Uniti. I fattori negativi che influiscono particolarmente sul metabolismo dei carboidrati · Consumo di caffeina: provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico · Consumo di tabacco (vedi caffeina) · Consumo di alcool: danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; ‘consuma’ vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabolizzare · Consumo di dolciumi, bibite gasate dolci, carboidrati raffinati: rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza.
fonte:http://www.aamterranuova.it/