Saturday, March 01, 2003

Il meccanismo perverso dell'insulinaABSTRACT: perchè si ingrassa? Molti pensano (logicamente) che sia l'eccesso di grassi a provocare l'aumento di peso. In realtà, i nemici numero uno sono gli zuccheri, che oltre a dare una forte dipendenza psicologica possono scatenare il meccanismo della fame continua, soprattutto in alcuni soggetti più sfortunati. In questo articolo è spiegato questo meccanismo, in un linguaggio comprensibile a tutti.

L'organismo umano possiede un sistema di regolazione che consente di mantenere entro un certo range la glicemia, ovvero la concentrazione di glucosio disciolto nel sangue.
La costanza della glicemia è necessaria per la sopravivvenza del cervello, per tre motivi:

il cervello, a differenza dei muscoli, non ha la capacità di immagazzinare scorte di glucosio.


il glucosio ematico è praticamente l'unico carburante per il cervello.


il cervello consuma una quantità costante di energia, a prescindere dalla sua attività (studiando, infatti, si consumano pochissime calorie).
In assenza di glucosio, dopo pochi minuti le cellule celebrali muoiono.
Il meccanismo di regolazione della glicemia è basato sul controllo di due ormoni antagonisti: l'insulina e il glucagone.
Nella seguente tabella sono indicati i principali effetti di questi due ormoni sul metabolismo.

EFFETTI DELL'INSULINA SUL METABOLISMO EFFETTI DEL GLUCAGONE SUL METABOLISMO
Abbassa la glicemia

Promuove l'accumulo di glicogeno (zucchero di riserva) nel fegato e nei muscoli

Deprime il consumo di grassi e proteine in favore dei carboidrati, ovvero spinge le cellule a bruciare carboidrati piuttosto che proteine e grassi

Promuove la formazione di trigliceridi (grassi) a partire da carboidrati e proteine

Promuove l'immagazzinamento di grassi nel tessuto adiposo Aumenta la glicemia

Promuove la liberazione del glicogeno dal fegato, che viene riversato sottoforma di glucosio nel sangue.

Promuove il consumo di grassi e proteine a sfavore dei carboidrati, ovvero spinge le cellule a bruciare le proteine e i grassi piuttosto che i carboidrati

Promuove la mobilizzazione dei grassi dai tessuti adiposi, che vengono resi disponibili ai tessuti per essere bruciati


Grazie a questo meccanismo, possiamo introdurre il glucosio (sotto forma di carboidrati) solo poche volte al giorno, durante i pasti: a mantenere costante la sua presenza nel sangue ci pensa l'asse ormonale insulina-glucagone, che utilizza come "magazzino" per il glucosio il fegato.
Se la glicemia scende, come durante il digiuno, il pancreas secerne glucagone che ordina al fegato di prelevare glucosio dalle sue scorte e d'immetterlo nel sangue. Il glucagone, inoltre, spinge le cellule all'utilizzo di grassi e proteine come fonte energetica: in questo modo si predispone tutto l'organismo al risparmio del glucosio.
Se invece la glicemia sale, come dopo un pasto, il pancreas secerne insulina che comanda al fegato di prelevare il glucosio dal sangue e d'immagazzinarlo. Siccome la capacità del fegato d'immagazzinare glucosio è piuttosto limitata (circa 70 grammi), i carboidrati in eccesso vengono convertiti in grassi e depositati nei tessuti adiposi. L'insulina, al contrario del glucagone, spinge le cellule a utilizzare i carboidrati come fonte energetica.

Il nostro organismo si comporta pressapoco in questo modo: quando c'è abbondanza di glucosio si adopera per utilizzarne il più possibile, e quello in eccesso lo immagazzina sottoforma di grassi; quando c'è carenza cerca di conservarlo il più possibile, prelevando i grassi dalle scorte e utilizzandoli come fonte energetica.

Il meccanismo dell'insulina diventa "perverso" quando ne viene secreta troppa: in questo caso la glicemia si abbassa troppo, il cervello va in crisi e invia all'organismo gli stimoli per introdurre nuovo combustibile (FAME).
La quantità d'insulina secreta dal pancreas dipende dalla velocità con la quale s'innalza la glicemia, questa velocità dipende da due fattori: l'indice glicemico e la quantrità dei carboidrati che assumiamo.

In figura 1a è riportato il caso relativo all'ingestione di carboidrati a basso indice glicemico: la glicemia s'innalza gradualmente, viene secreta una quantità normale d'insulina che riporta gradualmente la glicemia ai livelli precedenti l'assunzione di carboidrati. In questo caso la fame sopraggiungerà dopo circa 3 ore.

Figura 1b: a seguito dell'ingestione di carboidrati AIG (ad Alto Indice Glicemico), la glicemia subisce un brusco innalzamento, viene secreta una quantità notevole d'insulina che causa un'altrettanto brusca diminuzione della glicemia. In una situazione di questo tipo la fame sopraggiungerà dopo circa 1 ora dall'assunzione della stessa quantità di carboidrati.






L'indice glicemico degli alimenti e la quantità di carboidrati non sono l'unico fattore che influenza la quantità d'insulina che viene secreta dal pancreas, poiché esiste una diversa reazione individuale, com'è stato dimostrato da Gerald Raven nel 1987.
Secondo i suoi studi il 25% della popolazione ha una risposta insulinica pigra. In pratica questi fortunati individui hanno una risposta simile a quella in figura 1a anche assumendo carboidrati ad alto indice glicemico.
Un altro 25% della popolazione ha una reazione insulinica eccessiva. Anche assumendo carboidrati a medio indice glicemico, queste persone hanno una reazione insulinica simile a quella di figura 1b.
Il restante 50% ha un comportamento che possiamo definire "normale".
In parole povere per il 25% della popolazione il meccanismo dell'insulina diventa perverso con estrema facilità.
In generale il 75% della popolazione dovrebbe controllare l'assunzione di carboidrati, il che significa controllare sia l'indice glicemico che le quantità assunte, pena l'inevitabile tendenza al sovrappeso.

Essere in grado di controllare questo meccanismo è fondamentale, soprattutto per i soggetti "sfortunati" che ingrassano anche solo pensando a un bignè.
Questi sono i principali vantaggi che si ottengono tenendo sotto controllo la produzione di insulina:

si prevengono disfunzioni metaboliche gravi come il diabete di tipo 2;


si riesce a seguire una dieta ipocalorica senza avere sempre lo stimolo della fame ;


si riesce a mantenere il peso forma senza troppi sacrifici ;


si contribuisce a mantenere basso il colesterolo, poiché l'insulina è uno dei fattori che stimola la produzione endogena.

Per poter mantenere l'insulina entro livelli accettabili occorre seguire queste semplici regole:

evitare carboidrati AIG, e non assumerli mai da soli;


assumere pasti con la corretta ripartizione dei macronutrienti (evitare pasti a base di soli carboidrati);


mangiare almeno 5 volte al giorno, evitando abbuffate nei pasti principali;


preferire fonti di carboidrati a bassa densità, e preferire quelli a basso indice glicemico.


GLI OLII VEGETALI: SE LI CONOSCI, LI EVITI
ABSTRACT: lo sai come è ottenuto l'olio di semi che usi per friggere o per condire l'insalata? O l'olio utilizzato nella maggior parte dei prodotti dolciari confezionati?
In questo articolo sono descritte nel dettaglio le varie fasi per ottenere l'olio di semi che troviamo negli scaffali dei supermercati: estrazione, degommazione, raffinazione, decolorazione, deodorazione.
Dopo aver letto questo articolo, forse li guarderai con un altro occhio...

Tutti sanno che l'olio extravergine di oliva (EVO) è più salutare degli altri oli di semi, soprattutto per quanto riguarda la protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari.
Ma forse non tutti sanno il perchè.
Questa superiorità dell'olio EVO non è dovuta tanto alle caratteristiche nutrizionali dell'oliva rispetto agli altri semi, quanto al processo di estrazione dell'olio.
Gli oli di semi che troviamo sugli scaffali dei supermercati, e nella maggior parte dei prodotti industriali contenenti olii o grassi vegetali (se in un prodotto è presente olio di oliva, varrà indicato a caratteri cubitali sull'etichetta), sono ottenuti tramite un processo di raffinazione illustrato nei dettagli in questo articolo.

Questo processo distrugge moltissime sostanze benefiche degli olii, ne modifica in parte la struttura, ne distrugge completamente il sapore.

Gli oli prodotti in questo modo, infatti, sono insapore, incolore, inodore.
Ma purtroppo non è finita qui. Se gli olii "intatti" contenuti nei semi di partenza sono (quasi) tutti salutari, dopo la raffinazione diventano TUTTI più o meno dannosi per la salute.

IL PROCESSO DI ESTRAZIONE E RAFFINAZIONE DEGLI OLII VEGETALI

Estrazione con solventi
I semi dai quali si vuole estrarre l'olio vengono sbriciolati finemente, messi in un bagno di esano o eptano (due idrocarburi altamente infiammabili) e posti in agitazione. Dopo aver separato l'insieme olio - solvente da ciò che resta del seme, il solvente viene rimosso per evaporazione a una temperatura di 150 gradi, e riutilizzato.

Degommazione
Questa fase del processo rimuove alcuni composti simili alle fibre, i carboidrati complessi, alcuni composti simili alle proteine, e i fosfolipidi (tra cui la lecitina - un prodotto salutare). La degommazione rimuove anche la clorofilla, e i minerali calcio, ferro, magnesio e rame (tutti utili all'organismo). Questo processo è eseguito a 60 gradi circa.

Raffinazione o deacidificazione
L'olio viene mischiato con una base estremamente corrosiva, la soda caustica (NaOH, idrossido di sodio), oppure con una miscela di soda caustica e carbonato di sodio (Na2CO3). Questi composti ne abbassano l'acidità a un livello adatto per l'alimentazione umana. La miscela viene agitata, poi separata.
Questo processo, che avviene a circa 75 gradi, rimuove gli acidi grassi liberi dall'olio, ma rimuove anche fosfolipidi e minerali. L'olio mantiene ancora pigmenti, che gli fanno assumere generalmente un colore giallo.

Decolorazione
L'olio viene trattato con filtri per 15 - 30 minuti a 110 gradi, per rimuovere tutti i pigmenti (clorofilla e betacarotene), ed eventuali tracce di saponi residuo di precedenti trattamenti. Vengono anche rimosse sostanze aromatiche naturali. Durante questo processo, gli acidi grassi essenziali vengono alterati (si formano perossidi e acidi grassi coniugati).

Deodorazione
L'olio viene distillato a vapore a 240 - 270 gradi (!), sotto pressione e in assenza di aria, per 30 - 60 minuti. Vengono rimosse sostanze aromatiche, acidi grassi liberi, e molecole (generate dai processi precedenti) che danno un sapore sgradevole all'olio. In questo processo si formano gli acidi grassi "trans" nella misura del 5% circa. I tocoferoli (vitamina E), i fitosteroli e alcuni residui tossici (pesticidi e tossine) sono rimossi.

L'olio è (finalmente!) inodore, insapore, incolore ed è pronto per essere utilizzato direttamente dal consumatore, oppure per essere messo negli alimenti che contengono la dicitura "olii vegetali" negli ingredienti (la stragrande maggioranza dei prodotti da forno confezionati, anche biologici).
Ma anche se l'olio fosse di girasole, di arachide o di qualsiasi altro seme, se non è indicato chiaramente sull'etichetta che è stato estratto meccanicamente vuol dire che ha subito tutti i processi della raffinazione.

RIASSUMENDO: partiamo da un seme ricco di sostanze essenziali per la nostra salute: minerali, vitamine, acidi grassi essenziali, aminoacidi, fibre, lecitina, fitosteroli e altri componenti minori importanti per la salute.
Estraendo meccanicamente l'olio, eliminiamo le proteine, le fibre, e qualche minerale e vitamina, mantenendo tutto il resto.
Sottoponendoli invece al processo di raffinazione, eliminiamo la gran parte delle vitamine e dei minerali, la lecitina, i fitosteroli, e i componenti minori; inoltre alteriamo una parte degli acidi grassi essenziali, e creiamo molecole dannose per il nostro organismo (come gli acidi grassi "trans").

Per evitare di consumare un olio dannoso per la salute, ma al contrario che faccia bene, occorre accertarsi che sia estratto meccanicamente e che non abbia subito alcun trattamento oltre alla spremitura meccanica.
Questo tipo di olio lo si può travare solo nei reparti "salutistici" dei supermercati, oppure nei negozi biologici o specializzati in alimenti naturali.
Il costo, ovviamente, è decisamente superiore (la qualità si paga).

L'olio di oliva (non vergine o extravergine) è ottenuto nello stesso identico modo, partendo dalla sansa (la pasta di olive residuo della "prima spremitura"). Unica differenza: per dargli un (leggerissimo) sapore di oliva, viene mischiato con quantità variabili di olio vergine.
Se vogliamo ottenere i benefici dell'olio di oliva, occorre accertarsi che esso sia vergine o extravergine.

cibo e' un'arma contro il cancro

E' dimostrato che molti alimenti combattono il rischio di ammalarsi di tumore. Non si sa ancora con esattezza quali cibi, e in quali proporzioni, offrano la miglior protezione. Ma si sa che le sostanze chimiche dei vegetali proteggono le cellule. Ci sono cibi che hanno dei principi attivi che prevengono e spesso bloccano lo sviluppo del cancro. La ricerca scientifica tiene molto in considerazione il ruolo del cibo come prevenzione contro queste gravi patologie. Non solo: la dieta corretta e' facile e a portata di mano. Si basa soprattutto su frutta, verdura cruda e cereali integrali. Secondo la ricerca medica l'organismo viene in continuazione a contatto con sostanze cancerogene ma riesce a difendersi. Solo quando queste sono troppo aggressive, o quando l'organismo e' in un periodo di debolezza,che puo' svilupparsi il cancro. Lo sviluppo va a tappe sempre reversibili. Eliminando il contatto con alimenti a rischio l'evoluzione si puo' fermare.

Vediamo nello specifico

Le vitamine, presenti nella frutta fresca, (soprattutto la C), agiscono come antiossidanti delle cellule. Secondo la ricerca scientifica anche le fibre presenti nei fagioli avrebbero un ruolo protettivo contro i tumori al colon, al seno, e alla prostata. I flavonoidi presenti in molte verdure (cavoli) e gli stessi carotenoidi contenuti nei pomodori, combattono le sostanze ossidanti nocive per l'organismo. Poi ci sono i solfati di aglio e cipolla, il licopene dei pomodori, gli indoli dei cavolfiori, il limonene degli agrumi, i terpeni delle erbe aromatiche, le fibre di cereali e legumi, gli enzimi di papaia, ananas e kiwi. Poi i grassi omega-3, presenti nel pesce come salmone, tonno, sardine e altri, sono stati individuato come protettivi contro i tumori. Anche la soia, che contiene i fitoestrogeni, gioca un ruolo protettivo.

Cibo da evitare

I grassi e gli zuccheri che si trovano nei dolci aumentano il rischio di cancro al colon e in genere il rischio Le bevande gassose apportano calorie senza apportare alcuna sostanze nutritiva. I salumi contengono colesterolo e grassi saturi come la frittura di qualsiasi genere sviluppa sostanze dannose all'organismo. Le patatine fritte sono ricche di grassi saturi. Nitrati e nitriti usati in alcune conserve di carne formano sostanze associate all'insorgenza di tumore allo stomaco.

Una dieta positiva

In un recente studio e' stato evidenziato che una dieta a base di cibi biologici ; cereali integrali, legumi, frutta fresca riduce la produzione di ormoni come il testoterone o estradiolo del 18% e l'insulina che sono degli indicatori del rischio di tumore. Mentre aumenta, positivamente, del 25% la quantita' della proteina Shbg che ne riduce la possibilita'. Una dieta corretta riduce, il numero dei tumori potrebbe calare del 20-30%.

Il vino

Il vino rosso bevuto con moderazione (un bicchiere al giorno) ha un ruolo protettivo per le cellule. Contiene tanniti e flavonoidi che sono degli antiossidanti. Contiene anche sostanze nutritive.

Regole semplici

Diminuire i grassi. Non devono superare il 20-30 per cento dell'apporto calorico e devono essere in parte divisi in animali e vegetali; questi ultimi devono essere rappresentati sia dall'olio d'oliva che da quelli di semi da usare a crudo. Aumentare la frutta, la verdura e i cereali integrali. Usare poco alimenti affumicati e conservati sotto sale. Moderare gli alcolici.

Come cucinare

Cuocendo alla brace una bistecca si possono creare cancerogeni come il benzopirene, perche' la temperatura, 800 gradi, altera le sostanze dell'alimento. La stessa bistecca, cotta al forno a 250 gradi, non subisce la stessa degradazione. Bisogna evitare cibi affumicati o tenuti a lungo sotto sale raddoppiano il rischio di tumore allo stomaco.Vapore o pentola a pressione: in questo modo le sostanze utili non si disperdono. Stufati: l'acqua di cottura viene assorbita dall'alimento. Fritture: l'olio ad alta temperatura sviluppa sostanze cancerogene. Bollitura in tanta acqua: colando l'acqua se ne vanno sali minerali utili contro il cancro.

ADDITIVI ALIMENTARI

Gli additivi alimentari sono quelle sostanze naturali o sintetiche che si aggiungono agli alimenti per conservarli più a lungo o per migliorarne l'aspetto, l'odore, il gusto o la consistenza.
Le quantità di additivi aggiunte sono minime, tali da non far considerare gli additivi dei veri e propri ingredienti. Gli additivi che possono essere utilizzati sono iscritti su liste positive, cioè elenchi che includono solo quelle sostanze riconosciute sicure per la salute dell'uomo. Gli additivi vengono indicati sui prodotti con la loro funzione e con il loro vero nome, quest'ultimo può essere sostituito dalla sigla comunitaria costituita dalla lettera "E" seguita da un numero.

COLORANTI
Servono a ricostruire il colore naturale perduto o mutato durante la preparazione del prodotto. Vengono utilizzati nella preparazione dei dolci, delle bevande e dei gelati.

CONSERVANTI
Impediscono o ritardano il deterioramento dei cibi da parte dei microrganismi, prolungano così la durata di conservazione. I più usati sono l'anidride solforosa e i solfiti (nei vini, nei succhi di frutta), l'acido acetico (nelle salse), l'acido propionico (pane in cassetta).

ANTIOSSIDANTI
Impediscono l'ossidazione dell'ossigeno che provoca imbrunimento di colore negli alimenti. Il più usato è l'acido ascorbico (vit.C). Anche i nitriti e i nitrati fanno parte degli antiossidanti. I nitrati sono poco tossici ma nell'organismo vengono trasformati in nitriti; quest'ultimi, invece, nello stomaco sono trasformati in sostanze cancerogene (nitrasammine e nitrosammidi). La vit.C inibisce la formazione di queste sostanze. I nitriti sono aggiunti nelle carni conservate per mantenere il colore rosso ed esaltarna l'aroma.

ESALTATORI DI SAPORE
Accentuano il sapore dei prodotti a cui sono aggiunti. Il più usato è il glutammato di sodio.

EMULSIONANTI
Legano sostanze incompatibili tra loro (es.olio e acqua) impedendo ad essi di separarsi.

ADDENSANTI
Sono amidi modificati che servono ad addensare una crema o un sugo troppo liquido. In molti preparati industriali si usa la farina di semi di carrube oppure l'agar-agar (farina estratta da alghe).

ANTIAGGLOMERANTI
Servono ad evitare l'agglomerazione del sale da cucina infatti aggiungendo l'1% di carbonato di magnesio si ottiene un sale che non forma grumi.

EDULCORANTI
I più usati sono il mannitolo e sorbitolo; questi hanno un potere dolcificante minore rispetto al saccarosio e sono utilizzati nelle diete destinate alle persone obese e diabetiche.

Gli alimenti in cui non è consentito l'uso di additivi sono: il pane, il latte, la carne fresca, frutta e verdura fresca esclusa la superficie degli agrumi.

Sicurezza alimentare

1 SITUAZIONE ATTUALE SULLE DIOSSINE NEGLI ALIMENTI PER L’UOMO E PER GLI ANIMALI.

1.1Cosa sono le diossine?

1.2 Cosa sono I PCBs?

1.3 Quali sono le principali differenze tra diossine e PCBs?

1.4 Cos’è la Concentrazione Tossico Equivalente o TEQ?

1.5 Vi sono differenze tra le posizioni sulle diossine sostenute dalla Commissione Scientifica sugli Alimenti (SCF) e quelle espresse dal JCFA e l’OMS?

1.6 Quali sono le fonti di esposizione per l’uomo?

1.7 Come entra la diossina nella catena alimentare?

1.8 Quale tipo di alimento subisce maggiore accumulo?

1.9 Come entra la diossina nei nostri organismi?

1.10 Cos’è il bioaccumulo?

1.11 La contaminazione da diossina sta peggiorando?

1.12 Qual’è l’impatto degli alimenti contaminati con le diossine?

1.13 Vi sono problemi per il latte materno e l’allattamento al seno?

1.14 Come viene analizzata la contaminazione degli alimenti per l’uomo e per gli animali?

2 UNO SGUARDO SULLA POLITICA DELL’UNIONE EUROPEA PER LA RIDUZIONE DELL’ESPOSIZIONE ALLA DIOSSINA.

2.1 Cosa ha fatto la Commissione dalla pubblicazione del Libro Bianco?

2.2 Che tipo di strategia ha seguito la Commissione?

2.3 Sono stati fissati dei valori limite anche per i PCBs?

2.4 Perché le diossine non sono proibite?

2.5 Vi sono e quali sono le leggi che proibiscono la produzione e la vendita dei PCBs?

3 LE DIOSSINE NEGLI ALIMENTI.

3.1 La legislazione vigente per quanto riguarda le diossine negli alimenti?

3.2 Qual’è il punto di vista del Comitato Scientifico per gli alimenti?

3.3 Secondo le conclusioni della SFC, la popolazione europea è a rischio?

4. LE DIOSSINE NEGLI ALIMENTI PER GLI ANIMALI.

4.1 Qual è la situazione normativa?

4.2 Qual’è la posizione del Comitato Scientifico sulla Nutrizione Animale?

4.3 Esistono attualmente dei limiti per le diossine negli alimenti per gli animali?



1. SITUAZIONE ATTUALE SULLE DIOSSINE NEGLI ALIMENTI PER L’UOMO E PER GLI ANIMALI.

"La nostra strategia per le diossine è una risposta articolata ad un complicato ciclo di contaminazione. L’obiettivo finale è diminuire il rilascio di diossine in ambiente. Allo stesso tempo dobbiamo diminuire la presenza di diossine nei mangimi e conseguentemente negli alimenti per l’uomo, per portare i livelli di riferimento al di sotto dei TWI (dose massima settimanale) previsti dal Comitato Scientifico" ha dichiarato David Byrne, responsabile della Commissione per la Salute e la Protezione del Consumatore.L'accordo di Stoccolma sui POP (The Stockolm Convention on Persisent Organic Pollulants) è stato firmato da 114 nazioni, attualmente ratificato da Canada ed Isole Fiji, entrerà in vigore quando almeno 50 nazioni l'avranno inserito nelle legislazioni nazionali. L'obiettivo dell'accordo è la protezione della salute umana e dell'ambiente dai contaminanti organici persistenti (POPs). Negli allegati dell'accordo sono elencate le sostanze di cui eliminare o minimizzare le produzioni e le sostanze provenienti da fonti antropogeniche (PCDD/F, PCBs, HCB) per le quali i rilascio ambientale deve essere assolutamente minimizzato. Gli studiosi di molte nazioni sono concordi nell'afferrmare che, nonostante l'esposizione umana ai POPs si sia dimezzata dalla fine degli anni '80, è indispensabile continuare od istituire (nei paesi che ancora non lo fanno sistematicamente) il monitoraggio mediante un piano di campionamento ed analisi su base annuale. Le diossine sono un capostipite di riferimento per seguire le fonti di contaminazione della catena alimentare che porta all'uomo.

1.1 Cosa sono le diossine?

Il termine "diossine" si riferisce ad un gruppo di 210 composti chimici aromatici policlorurati divisi in due famiglie e simili per struttura formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro detti congeneri. 75 congeneri hanno struttura chimica simile a quella della policlorobibenzo-diossina (PCDD) e 135 hanno struttura simile al policlorodibenzo-furano (PCDF);17 di questi congeneri, sono considerati tossicologicamente rilevanti. Sono sostanze inodori, termostabili, insolubili in acqua e fortemente liposolubili. Si legano al particellato (sedimento) e alla frazione organica ambientale e sono assorbite nei grassi dell’uomo e degli animali. Non sono biodegradabili quindi persistono e bio-accumulano nella catena alimentare concentrandosi nei grassi dell’uomo e degli animali. La TCDD (tetracloro-para-bibenzo-diossina) è tristemente conosciuta come "agent orange" ed utilizzata come defogliante nella guerra del Vietnam per la contaminazione di Seveso negli anni '70; recentemente è tornata a far parlare di se per la contaminazione di alimanti di origine animale in Belgio. Allo stato cristallino è una sostanza solida inodore, di colore bianco, con punto di fusione di 307 °C, termostabile fino a 800 °C, liposolubile e resistente ad acidi ed alcali. È chimicamente degradabile in pochi giorni dalla radiazione solare ultravioletta in presenza di donatori di ioni idrogeno (ad esempio a contatto con il fogliame verde delle piante). Se viene dilavata nel terreno, si lega al materiale organico presente e viene degradata molto lentamente, nell'arco di parecchi mesi o anni (Abelson,1983). Sono stati condotti studi su popolazioni esposte ad alte dosi e si è visto che anche dopo decenni il tasso il livello nel sangue dei soggetti contaminati è parecchie volte superiore a quello delle persone non esposte. Nel 1997 l'International Agengy for Research on Cancer (IARC) l'ha classificata come cancerogena inserendola nel Gruppo 1. Molti altri POPs, contemplati nell'accordo di Stoccolma, presentano caratteristiche chimico-fisiche simili a quelle delle diossine che permettono la correlazione della tossicità a quella della TCDD.

1.2 Cosa sono I PCBs?

I PCBs, o bifenili policlorurati, sono gruppo di 209 congeneri di idrocarburi aromatici policlorurati che vengono sintetizzati con la clorurazione diretta dei bifenili. I PCB sono liquidi con caratteristiche di:

- viscosità variabile in dipendenza del contenuto di cloro (42-60%)

- non infiammabilità

- alta stabilità chimica

- alto punto di fusione

- bassa conduttività al calore

- alta costante dielettrica (potere isolante)

Miscugli tecnici di PCB sono ancora presenti in tutto il mondo e si trovano ancor oggi nei trasformatori, nei materiali da costruzione, negli oli lubrificanti, nei preservanti del legno, negli impregnanti ed inchiostri. 12 congeneri di PCB hanno proprietà tossicologiche simili alle diossine e vengono chiamati "PCB diossina-simili" o "dioxin-like PCB".

1.3 Quali sono le principali differenze tra diossine e PCBs?

La differenza tra diossine e PCB, oltre alla tossicità relativa, sta anche nel fatto che le prime non vengono prodotte intenzionalmente e si formano come prodotti indesiderati dai processi termici di tipo industriale, mentre i secondi sono stati prodotti per l’utilizzo tecnico e devono ancora essere smaltiti. La produzione di PCB è iniziata nel 1929, ma i casi di cloracne (dermatite da esposizione) erano già conosciuti nel 1911. Studi recenti dimostrano che l'incremento della concentrazione di diossine nell'ambiente è iniziato nel 1920¸1930.

1.4 Cos’è la Concentrazione Tossico Equivalente o TEQ?

Tutti i congeneri si legano agli stessi recettori cellulari con differente intensità a seconda della affinità di legame con gli stessi che è determinata dalla struttura della molecola. La massima intensità di legame si ha per la 2,3,7,8, tetracloro-para-dibenzodiossina alla quale viene dato convenzionalmente un Fattore di Tossico Equivalenza TEF = 1. Il rapporto di tossico-equivalenze o TEF è stato creato per avere un dato finale di tossicità del materiale esaminato, che è la somma della tossicità dei differenti congeneri espressa in un unico valore. Questo sistema facilita la quantificazione del rischio ed aiuta da approntare le relative misure di controllo. In altre parole, i risultati analitici di tutti i congeneri o composti che hanno rilevanza tossicologica (17 diossine e 12 congeneri di PCB diossino-simili) vengono convertiti in un unico valore (somma della tossicità relativa dei singoli congeneri), espresso come concentrazione di TCDD tossico-equivalente, ovvero "TEQ".

TEQ è quindi la quantità totale di tossicità che si genera sommando la tossicità relativa di ogni singolo congenere; il risultato finale è espresso in I-TEQ (NATO-CCMS) o OMS-TEQ (WHO).

1.5 Vi sono differenze tra le posizioni sulle diossine sostenute dalla Commissione Scientifica sugli Alimenti (SCF) e quelle espresse dal JECFA e l’OMS?

L’ SCF della Comunità Europea (Comitato Scientifico per gli Alimenti per l’Uomo) ha adottato il 30 maggio 2001 un parere sulla valutazione del rischio delle diossine e PCBs fissando una dose settimanale tollerabile (TWI) di14 picogrammi tossico-equivalenti (TEQ) per chilogrammo di peso corporeo per le diossine e PCBs diossino-simili.

Se confrontiamo le previsioni comunitarie con quelle degli altri organismi scientifici internazionali vediamo che, l’ SCF (UE-Maggio 2001) ha stabilito una dose massima di 2pg/kg peso corporeo/ giorno nel convegno del maggio 1998, l’ OMS una quantità compresa tra 1 e 4 pg/kg peso corporeo/giorno, il JECFA (OMS-giugno 2001) 2-3 pg/kg peso corporeo/ giorno.



1.6 Quali sono le fonti di esposizione per l’uomo?

La diossina è un contaminante ambientale presente in tutti gli habitat; si ritrova nell’aria, nell’acqua, nel suolo e negli alimenti. L’esposizione per l’uomo si ha durante la produzione accidentale nei cicli lavorativi industriali e con la successiva contaminazione degli alimenti, dell’acqua e del latte. Il maggior pericolo è rappresentato dall’esposizione ambientale l'assunzione per via alimentare delle gestanti (dose-effetto relativamente piccola in rapporto al peso dell’embrione o del feto nelle prime fasi di gravidanza) e per il neonato che allatta al seno. La madre, soprattutto nella prima gravidanza, cede col primo latte le quantità accumulate nel periodo di vita pre-materno. L’ esposizione a piccole dosi si ha anche attraverso la respirazione e la cute.

1.7 Come entra la diossina nella catena alimentare?

La diossina può entrare negli alimenti attraverso vie diverse. La contaminazione ambientale avviene principalmente per trasporto aereo e deposito delle emissioni provenienti da molte fonti (incenerimento dei rifiuti, industrie chimiche, traffico veicolare ecc.). L’uso e la distruzione delle sostanze chimiche sono la causa della contaminazione localizzata ad alto livello. Il suolo è il luogo di deposito naturale delle diossine. Oltre alla via atmosferica, il suolo si può contaminare per l’ eliminazione in discarica in forma non controllata, le fuoriuscite e le successive diffusioni. Il suolo assorbe sia direttamente che indirettamente attraverso la polvere che si deposita nei vegetali e negli animali al pascolo sia domestici che selvatici.

Il trasporto con l’aria ed il deposito di diossine e "PCBs diossina-simili" sono la principale via di contaminazione delle parti arboree, dei pascoli e dei seminativi. Le foglie dei vegetali vengono ingerite direttamente dagli animali al pascolo, oppure raccolte e conservate e date da mangiare secche (fieno) od insilate agli animali. La diffusione di molecole di contaminanti sulla vegetazione, può determinare l’aumento dell’esposizione degli animali allevati.

Le diossine e i "PCBs diossino-simili" sono molecole scarsamente idrosolubili, ma trovano nell’acqua un’ottima via di diffusione una volta adsorbite sulle particelle minerali ed organiche che si trovano in sospensione su di essa. Le diossine rilasciate in aria vengono trasportate nelle superfici oceaniche o marine e finiscono per concentrarsi lungo la catena alimentare acquatica.

Dagli studi condotti finora si è visto che le diossine tendono a concentrarsi maggiormente nei grassi dei bovini da carne e da latte, dei polli, dei maiali e dei pesci. A parità di esposizione, più lunga è la vita dell’animale, più alto è l’ accumulo di diossina nel tessuto adiposo.

1.8 Quale tipo di alimento subisce maggiore accumulo?

In generale, più del 90% dell’esposizione umana alla diossina deriva dagli alimenti. Gli alimenti di origine animale contribuiscono per l’80% all’esposizione complessiva. L’esposizione può essere altamente variabile a seconda dell’origine dell’alimento. Carne, uova, latte, pesci d’acquacoltura e altri alimenti possono essere contaminati da diossine provenienti dagli alimenti dati da mangiare agli animali.

Questo tipo di contaminazione può essere dovuto ad alti livelli di presenti nell’ambiente locale, per la presenza nelle zone in cui gli alimenti per animali vengono raccolti, di inceneritori per rifiuti o di aziende che utilizzano cicli di combustione ad alta temperatura. Altri casi si possono avere per contaminazioni volute od accidentali, ad esempio nel caso belga del 1999 ed ancora per assunzione continua e prolungata di alimenti che possono presentare un relativamente alto contenuto di diossine, come nel caso di farine ed oli di pesce provenienti da zone di mare inquinate.

1.9 Come entra la diossina nei nostri organismi?

Il consumo di cibi contaminati da diossina è la fonte principale di accumulo nel nostro organismo. Sia negli animali, che nell’uomo la diossina si accumula e viene trattenuta nel tessuto adiposo.

Alcuni gruppi di popolazione come i neonati lattanti o i consumatori di diete ad alto contenuto di grassi nelle zone altamente contaminate dal rilascio ambientale, sono maggiormente esposti ad alti tassi di diossina.

1.10 Cos’è il bioaccumulo?

La tossicità delle diossine è correlata alla quantità accumulata nell’organismo durante la vita. Questo fenomeno viene definito bioaccumulo o body burden. Il bioaccumulo viene utilizzato per la determinazione degli effetti tossici delle diossine, dal momento che fornisce una stima più precisa del reale livello di contaminazione degli organismi, rispetto al solo calcolo dell’esposizione continua dovuta dall’introduzione giornaliera o daily intake.

1.11 La contaminazione da diossina sta peggiorando?

Dai dati attualmente disponibili sembra che l’esposizione di fondo alle diossine e ai "PCBs diossino-simili" della popolazione europea negli ultimi 10 anni stia diminuendo. Ciononostante, le stime sull’esposizione media della popolazione europea, indicano che una notevole parte della popolazione comunitaria assume con l’alimentazione una dose superiore alla dose massima stabilita.

1.12 Qual’è l’impatto degli alimenti contaminati con le diossine?

Le diossine hanno un’ampia serie di effetti tossici e biochimici; molte di loro sono classificate come cancerogene per l’uomo. Negli animali di laboratorio sono state collegate a stati patologici nell’uomo e negli animali come ad esempio l’endometriosi (gravi alterazioni dell’utero), ritardi dello sviluppo e problemi neuro-comportamentali (disturbi dell’apprendimento e dello sviluppo), effetti sull’apparato riproduttivo (diminuzione del n° di spermatozoi, malformazioni genitali) ed immunotossici. Questi effetti si verificano a dosi molto più basse di quelle considerate cancerogene. L'elevata tossicità della TCDD riscontrata in molte specie animali, ha fatto ipotizzare l'esistenza a livello cellulare di un recettore specifico, identificato con certezza nell'Ah-recettore, una proteina intracellulare presente nelle cellule di molti mammiferi che agisce come fattore di trascrizione del DNA. L'Ah-recettore forma con la 2,3,7,8-TCDD entrata allo stato libero nella cellula, una seri di complessi che, legandosi al DNA, determinano un'alterazione del processo di trascrizione genetica. La propagazione dell'alterazione all'RNA messaggero (m-RNA) determina alterazioni della sintesi proteica, alterazioni biochimiche della crescita cellulare, primo stadio di cancerogenesi. La varietà di mutazioni primarie e secondarie determinate dalla TCDD è tale da far ipotizzare che le alterazioni biologiche, come ad esempio l'insorgenza di tumori, avvengano con meccanismi diversi a seconda dei tessuti esposti. Molecole simili all'Ah-recettore e aventi la stessa funzione sono presenti anche nelle cellule dell'uomo e sono state isolate in molti tessuti (linfociti, fegato, polmone, placenta). Studi sulla relazione tra struttura ed attività tossica hanno evidenziato per i vari congeneri della TCDD, oltre che per gli altri omologhi di CDD, CDF e PCB, un potenziale di induzione dei principali effetti biochimici proporzionale all'affinità di legame di questi con l'Ah-recettore. Sulla base di studi sperimentali condotti in vivo ed in vitro, la tossicità di ciascun congenere ed i valori ottenuti sono stati paragonati a quella della 2,3,7,8-TCDD. Studi recenti (A.P.J.M. Van Birgelen, Organohal. Comp.,44,505 e 509 (1999), C. Klimm, A.M. Hofmaier, L.W. Scrhamm e A.Kettrup: Organohal. Comp., 40, 39 (1999), hanno permesso di calcolare una tossicità rapportabile alla TCDD anche per l'esaclorobenzene (HCB) ed alcuni IPA.

1.13 Vi sono problemi per il latte materno e l’allattamento al seno?

I latte materno contiene elevate quantità di diossina. E’ risaputo che la diossina è in grado di passare dalla madre al figlio attraverso il latte materno. L’esposizione per quanto riguarda i neonati che allattano al seno è limitata ad un periodo di vita relativamente breve. Ciò che è importante per il bambino, e non solo per i bambini che vengono allattati al seno, è la quantità di diossina assorbita dalla madre nel periodo embrionale/fetale.

A questo proposito, la Commissione Scientifica Europea ha reiterato le conclusioni dell’incontro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul significato della contaminazione del latte materno con diossine e PCBs, dichiarando che le conoscenze attuali non giustificano dei cambiamenti per quanto riguarda la promozione e il supporto delle azioni che favoriscono l’allattamento al seno. Gli esperti della salute hanno convenuto che l’allattamento al seno è in grado di dare benefici nutrizionali e immunitari ai bambini nei primi mesi di vita.

1.14 Come viene analizzata la contaminazione degli alimenti per l’uomo e per gli animali?

La comunità scientifica è concorde nell'affermare che i POPs sono ubiquitari e diffusi in tutto il mondo. Le fonti principali della formazione di PCDD/F sono:

Ø emissioni da processi di incenerimento e combustione es. inceneritori per RSU e rifiuti ospedalieri;

Ø fonderie, cementifici, processi di lavorazione di materiali ferrosi e non;

Ø produzioni chimiche legate al ciclo di lavorazione del cloro e di prodotti clorurati;

Ø processi di sbianca e trattamenti a base di ossidanti clorurati;

Ø trasformazioni biologiche o fotochimiche di altri composti clorurati.

Gli altri POPs sono prodotti industriali spesso utilizzati direttamente in ambiente; per quanto riguarda i PCBs ne sono state prodotte più di 1.000.000 di tonnellate.

Una situazione recente ben conosciuta è la contaminazione dei mangimi in Belgio verificatasi nel 1999. La contaminazione è stata scoperta a causa di sintomi specifici comparsi nei polli e non attraverso un programma di monitoraggio. In Europa dal 1997 sono stati trovati altri quattro altri casi di contaminazioni da diossina (pellet di pastazzo d’agrumi, argilla caolinica, farina d’erba essiccata artificialmente e cloruro di colina) nell’ambito di programmi locali di controllo e monitoraggio. In risposta alla crisi belga del 1999, per la contaminazione di alimenti per l’uomo dovuta a PCBs presenti negli alimenti per animali, l’Unione Europea ha imposto al Belgio delle restrizioni temporanee allo scambio ed esportazione di latte e derivati del latte, carni bovine, suine e di pollame, uova e derivati (es. maionese e prodotti preparati) e alimenti per i bovini prodotti in quel paese.



2 UNO SGUARDO SULLA POLITICA DELL’UNIONE EUROPEA PER LA RIDUZIONE DELL’ESPOSIZIONE ALLA DIOSSINA.

In seguito all’uscita del Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare nel Gennaio del 2000, la Commissione Europea ha operato attivamente per definire un strategia complessiva in grado di contrastare la contaminazione da diossina negli alimenti per l’uomo e nei mangimi.

Il Consiglio Europeo di Feira nel giugno del 2000 ha chiesto alla Commissione di proporre regole comuni per il controllo di questo tipo di contaminanti. Due Scientific Opinion hanno fornito l’imput per lo sviluppo di questa strategia.

Un documento del Comitato Scientifico della Nutrizione Animale (SCAN) sulla "Contaminazione da Diossina degli alimenti per animali e ruolo nella contaminazione degli alimenti per l’uomo" è stato recepito il 6 Novembre 2000 e un’altro del Comitato Scientifico degli Alimenti per l’uomo (SCF) sulla "Valutazione del Rischio delle diossine e "dioxin like" PCBs negli Alimenti" il 30 maggio 2001; quest’ultimo è stato aggiornato con nuove informazioni scientifiche acquisite dalla Commissione Scientifica degli Alimenti per l’uomo (SCF) il 22 novembre 2000. La Commissione ha messo le basi per una completa strategia legislativa.

2.1 Cosa ha fatto la Commissione dalla pubblicazione del Libro Bianco?

La Commissione ha chiesto al Comitato Scientifico per gli Alimenti (SCF) e al Comitato Scientifico della Nutrizione Animale (SCAN) l’analisi del rischio per la salute pubblica derivato dalla presenza di diossine e "PCBS diossina-simili" negli alimenti per l’uomo e per gli animali. Questa analisi comprende la determinazione delle quantità assunte di diossine e PCBs dalla popolazione della UE, con l’identificazione delle fonti principali.

I documenti del SCF e dello SCAN sono stati pubblicati nel novembre del 2000. La documentazione dell’SFC è stata aggiornata nel maggio del 2001. Sulla base di queste analisi del rischio, la Commissione ha proposto misure per limitare la presenza di diossine e "PCBs diossino-simili" in tutte le filiere di produzione degli alimenti per l’uomo e per gli animali.Nella Comunicazione 2001/C 322/02 pubblicata nella G.U.C.E. C 322/2 del 17.11.2001 è descritta la "Strategia comunitaria sulle diossine, furani e i bifenili policlorurati". In questo documento vengono descritti i problemi connessi all'esposizione di questi contaminanti, gli effetti sulla salute umana e sull'ambiente, i traguardi raggiunti nei vari campi per ridurre le emissioni e sono enunciati gli obiettivi fissati. Nel documento si riportano le varie azioni invocate dalla comunità internazionale per la riduzione delle emissioni e le lacune persistenti, conoscitive, legislative ed attuative per il raggiungimento degli obiettivi fissati. Sono descritte le azioni da portare a termine nel breve e medio periodo (5 anni) e quelle a lungo termine (10 anni). Nell'allegato I sono riportate le disposizioni comunitarie vigenti in materia di Diossine e PCB, nell'allegato II l'elenco degli studi sulle Diossine e PCB finanziati dalla Commissione e le valutazioni sull'esposizione e sui rischi effettuati dalla Commissione. L'allegato III fissa le priorità medie ed assolute relative alla ricerca sul destino e diffusione delle sostanze nell'ambiente, all'ecotossicologia e salute umana, ai problemi dell'industria agroalimentare, all'inventario delle fonti di contaminazione, agli aspetti analitici, alle misure di decontaminazione e al monitoraggio.

2.2 Che tipo di strategia ha seguitola Commissione?

Lo scopo principale della politica europea sulla problematica delle diossine è la riduzione dei livelli di contaminazione ambientale, negli alimenti per l’uomo e per gli animali tale da assicurare un alto livello di protezione per la salute pubblica. Questo obiettivo sarà raggiunto agendo a diversi livelli:

- riducendo il livello di contaminazione ambientale (misure a cura della Divisione Ambiente);

- riducendo il livello di contaminazione degli alimenti per animali, compresi gli alimenti per pesci;

- riducendo il livello di contaminazione degli alimenti per l’uomo.

La Commissione ha proposto agli Stati Membri le seguenti misure legislative per quanto riguarda gli alimenti per l’uomo e per gli animali :

- la fissazione di un livello massimo, con soglia fissa ma modificabile negli alimenti per l’uomo e per gli animali, che dovrebbe rappresentare uno strumento adeguato per prevenire livelli di esposizione eccessivamente elevati per l’uomo e per gli animali, ad esempio nei casi di inquinamento ed esposizione accidentali;

-la fissazione di una soglia di azione, ovvero una "soglia iniziale di attenzione" più alta di quella del livello desiderabile di diossina negli alimenti per l’uomo e gli animali, a disposizione delle autorità competenti e degli operatori per l’identificazione e la successiva riduzione/eliminazione delle fonti di contaminazione ;

-la fissazione di valori obiettivo di lunga durata, per quanto concerne gli alimenti per l’uomo e gli animali e ridurre l’esposizione della maggior parte della popolazione, portandola alla dose settimanale tollerabile definita dai Comitati Scientifici.

2.3 Sono stati fissati dei valori limite anche per i PCBs?

Da un punto di vista tossicologico, oltre ad una soglia alle diossine se ne dovrebbe applicare una anche ai "PCBs diossina-simili". Per il momento i livelli massimi sono stati fissati soltanto per le diossine ed i furani e non per i "PCBs diossina-simili", considerando gli scarsissimi dati disponibili sulla presenza di quest’ultimi. Il monitoraggio circa la presenza di "PCBs diossina-simili", continuerà per poter includere anche queste molecole nei livelli massimi.

2.4 Perché le diossine non sono proibite?

Le diossine non sono prodotte intenzionalmente. Questo tipo di contaminanti sono ubiquitari e la loro formazione non è voluta e spesso inevitabile come intermedi di parecchie lavorazioni. Per questo motivo non sono fattibili semplici provvedimenti di proibizione.

2.5 Visono e quali sono le leggi che proibiscono la produzione e la vendita dei PCBs?

La produzione e l’ uso dei PCBs è stata proibita nella maggior parte dei paesi industrializzati.

A livello Comunitario la Direttiva 76/769 ha vietato l’uso della maggior parte dei PCBs a partire

dal 1978 mantenendone alcuni usi fino al 1986.

Tuttavia, a causa dell’uso generalizzato e diffuso nel passato di grandi quantità di PCBs, queste sostanze si ritrovano ancora oggi nelle apparecchiature elettriche, nei prodotti plastici, nel settore delle costruzioni e nell’ambiente . I PCBs vengono ancora oggi distrutti mediante immissione nel ciclo dei rifiuti. La Direttiva del Consiglio 96/59/EC sul trattamento dei bifenili e dei terfenili policlorurati (PCB/PCT) fissa un limite temporale, ovvero la fine del 2010, per mettere fuori servizio tutte le apparecchiature contenenti PCB.



3 LE DIOSSINE NEGLI ALIMENTI.

3.1 La legislazione vigente per quanto riguarda le diossine negli alimenti?

Il Regolamento del Consiglio (EEC) 315/93 dell’ 8 Febbraio 1993 ha fissato le regole generali per la Comunità per quanto riguarda i contaminanti negli alimenti:

- gli alimenti che contengono contaminanti in quantità non accettabile, per la salute pubblica dal punto di vista tossicologico non devono essere immessi sul mercato;

- i contaminanti devono essere tenuti ai livelli più bassi ottenibili, con l’applicazione di un sistema di buone pratiche;

devono essere fissati dei livelli massimi per alcuni tipi di contaminanti, al fine di proteggere la salute pubblica;

Il Regolamento CE 2375/2001 ha definito i tenori massimi di PCDD/PCDF per alcuni prodotti di origine animale.

Carne e prodotti a base di carne
- di ruminanti

- pollame, selvaggina d’allevamento

- suini

- fegati e prodotti derivati

3pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

2pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

1pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

6pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

Muscolo di pesce e prodotti della pesca (si applica ai crostacei escluse le carni scure di granchio e ai cefalopodi senza visceri) 4pg OMS-PCDD/F-TEQ/g peso fresco
Latte e prodotti lattiero caseari compreso il grasso butirrico 3pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso
Uova di gallina e ovoprodotti 3pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso
Oli e grassi
Grasso animale

di ruminanti

di pollame e selvaggina

di suini

miscela di grassi animali

Olio vegetale

Olio di pesce destinato al consumo umano



3pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

2pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

1pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

2pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

0,75pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso

2pg OMS-PCDD/F-TEQ/g grasso




3.2 Qual’è il punto di vista del Comitato Scientifico per gli alimenti?

Il Comitato scientifico per gli Alimenti (SCF) ha analizzato il rischio crescente per la salute pubblica rappresentato dalla presenza di diossine e "PCBs diossino-simili" negli alimenti. Questa analisi comprende:

-il calcolo relativo all’introduzione con gli alimenti di diossine e "PCBs diossina-simili" nella popolazione comunitaria;

- l’identificazione delle fonti principali di esposizione.

Date le caratteristiche di persistenza di queste sostanze l’SCF ha stabilito un livello tollerabile di assunzione settimanale di 14 picogrammi tossico equivalenti (TEQ) per kg di peso corporeo per diossine e "PCBs diossino-simili".

Questa dose massima tollerabile settimanale (Tolerable Weekly Intake, TWI) è proporzionale alla dose massima mensile (Provisional Montly Intake, PMTI) di 70pg/kg di peso corporeo/mese, stabilita nell’incontro della Commissione di Esperti di contaminanti negli alimenti della FAO/OMS, al 55° Meeting tenutosi a Roma dal 5 al 14 giugno del 2001, valore che è in linea anche con le previsioni di una dose tollerabile giornaliera (Tolerable daily intake, TDI) fissata in 1-4 pg WHO-TEQ/kg di peso corporeo, stabilita dall’OMS nella consultazione del 1998.

3.3 Secondo le conclusioni della SFC, la popolazione europea è a rischio?

Nonostante il Comitato scientifico per gli Alimenti (SFC), sia arrivato alla conclusione che una parte considerevole della popolazione europea introduca una quantità di queste sostanze superiore al limite massimo giornaliero, si è arrivati alla conclusione che non necessariamente vi è un rischio apprezzabile per la salute del singolo individuo, dal momento che la dose tollerabile settimanale fissata (TWI) prevede un fattore di sicurezza. Tuttavia, il superamento del TWI, determina una progressiva perdita della protezione introdotta con il limite di sicurezza.

Ricordiamo che, l’introduzione con la dieta di questi contaminanti nella popolazione europea, presenta un’ampia variabilità, a causa delle diverse abitudini alimentari e dei diversi tipi di approvvigionamento. Ad esempio, una dieta fatta principalmente di pesce proveniente da zone ad alta contaminazione del Mar Baltico, è attualmente molto più "a rischio" di quella variata del sud Europa.



4. LE DIOSSINE NEGLI ALIMENTI PER GLI ANIMALI.

4.1 Qual è la situazione normativa?

La Direttiva del Consilio 1999/29/EC del 22 Aprile 1999 sulle sostanze indesiderabili e prodotti nella nutrizione degli animali prevede che le materie prime ed i mangimi possano essere messi in commercio soltanto se "sani, genuini e mercantili".

Le materie prime per alimenti animali ed i mangimi non possono essere considerate di qualità "sana, genuina e mercantile" se il livello di diossine è alto ed in grado di costituire un rischio inaccettabile per la salute dell’uomo e degli animali.

4.2 Qual’è la posizione del Comitato Scientifico sulla Nutrizione Animale?

Il lavoro scientifico dello SCAN è riferito alla contaminazione da diossine e PCB degli alimenti per animali, all’ esposizione degli animali produttori di alimenti per l’uomo (mammiferi, uccelli e pesci) e al passaggio della contaminazione agli alimenti che l’uomo introduce con la dieta.

Le principali conclusioni a cui è arrivato lo SCAN sono che l’olio di pesce e la farina di pesce europei sono le materie prime per mangimi maggiormente contaminate. Per questo motivo, il loro uso nei mangimi per i pesci di acquacoltura e negli altri animali d’allevamento, presenta dei problemi. Il grasso animale può veicolare livelli significativi, ma decisamente più bassi di contaminazione da diossina, di quelli di farine e degli oli di pesce. Altre materie prime per mangimi come i cereali, altri semi, derivati del latte e le farine di carne ed ossa, sono fonti meno importanti di diossina.

I dati relativi alla contaminazione da "PCBs diossino-simili", composti che hanno effetti tossicologici paragonabili alle diossine, sono scarsi. Considerando la contaminazione nelle materie prime per mangimi derivate del pesce, questa è molto più alta di quella calcolata per le sole diossine. Nelle altre materie prime destinate all’alimentazione degli animali, la somma della tossicità di PCDDF e "PCB diossino-simili", porta a livelli che sono circa il doppio di quelli calcolati per le sole diossine.

4.3 Esistono attualmente dei limiti per le diossine negli alimenti per gli animali?

Limiti specifici massimi per le diossine (diossine e furani, non per i "PCBs diossino-simili") sono stati fissati per il pastazzo d’agrumi e le argille caolinitiche. Questi limiti sono stati fissati su base precauzionale rispettivamente nel 1998 e nel 1999 e devono essere rivisti alla luce del rapporto SCAN del Novembre 2000. Nella GUCE L 6/45 del 10 gennaio 2002 è stata pubblicata la Direttiva del Consiglio 2001/102 del 27 novembre 2001, che modifica la Direttiva 1999/29/CE relativa alle sostanze e prodotti indesiderabili nell’alimentazione degli animali. Gli Stati membri, entro il 1° luglio 2002 devono adottare e pubblicare le disposizioni legislative regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla citata direttiva.










Diossina, somma di PCDD e PCDF espressi in equivalenti di tossicità OMS-TEF
MANGIMI
Contenuto massimo in mg/kg (ppm) relativo ad un mangime col tasso di umidità del 12%
Tutti i componenti di mangimi di origine vegetale compresi gli oli vegetali e i sottoprodotti 0,75 ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg
Minerali 1,0 ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg
Grasso animale compresi i grassi del latte e delle uova 2,0 ng OMS/PCDD/F-TEQ/kg
Altri prodotti di animali terrestri compresi il latte ed i prodotti lattiero-caseari, nonchè le uova e gli ovoprodotti 0,75 ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg
Olio di pesce 6ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg
Pesce, altri animali marini, loro prodotti e sottoprodotti, ad eccezione dell’olio di pesce 1,25 ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg
Mangimi composti, ad eccezione dei mangimi per animali da pelliccia, per animali da compagnia e per pesci 0,75 ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg
Mangimi per pesci, mangimi per animali da compagnia 2,25 ng OMS-PCDD/F-TEQ/kg

La direttiva 2002/70/CE del 26 luglio 2002, stabilisce i requisiti per la determinazione dei livelli di PCDD, PCDF e PCB diossina-simili nei mangimi al fine di fissare i criteri generali ai quali si devono conformare i metodi di analisi, per poter comparare i risultati forniti dai laboratori di analisi dei singoli stati membri. La direttiva stabilisce le metodiche di prelievo dei campioni di mangimi destinati ai controlli ufficiali e descrive i criteri di analisi per la determinazione della conformità delle partite e delle sottopartite.Il controllo della presenza di diossine nei mangimi può essere effettuato mediante una strategia che preveda un metodo di screening per selezionare i campioni con livelli di diossine e PCB diossina simili superiori al livello considerato o inferiori del 30-40% dello stesso valore. I metodi di conferma forniscono il quadro completo con l'individuazione e quantificazione dei livelli di Diossine e PCB. I campioni devono essere conservati e trasportati in appositi contenitori di vetro, alluminio, polipropilene o polietilene dopo aver rimosso ogni traccia di polvere del contenitore. I contenitori e gli strumenti di vetro devono essere risciacquati con solventi con solventi previamente sottoposti a controllo per la determinazione della presenza di diossine.

4.4 Quali sono le indicazioni fornite dal rapporto SCAN?

La comunità scientifica raccomanda un approccio integrato, che porti ad una riduzione della contaminazione da diossina di tutta la catena alimentare. Per ridurre la contaminazione negli alimenti per animali, lo SCAN raccomanda di adottare le adeguate misure che permettano di ridurre l’impatto di materiali a più alta contaminazione, come ad esempio la farina e l’olio di pesce. L’obiettivo può essere raggiunto utilizzando alimenti per animali non contaminati o poco contaminati, oppure riducendo il livello di contaminazione, per esempio con processi di decontaminazione/purificazione dell’olio di pesce. Il Comitato Scientifico, ha altresì evidenziato che vi è una forte necessità di raccogliere in modo sistematico, coordinato ed affidabile i dati relativi alla contaminazione dal diossine e PCBs.



PUNTI CRITICI DEL SISTEMA DEI CONTROLLI SUGLI ALIMENTI ,
RICERCA PERSONALE , FEBBRAIO 2000

PUNTI CRITICI DEL SISTEMA ATTUALE DEI CONTROLLI




A) LA CONCENTRAZIONE DELLE PRODUZIONI

Il sistema attuale tutto fondato sulla garanzia dei controlli è assai gradito della lobby produttive e ciò deve rendere molto sospettosi sulla sua effettiva capacità o potenzialità di essere efficace, soprattutto conoscendo la forza dei produttori industriali, che hanno realizzato delle vere holding proprietarie di allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di distribuzione. Alcuni di questi cartelli sono molto conosciuti, come l’Inalca ( anche quotata in borsa) e i gruppi Veronesi (AIA) e Amadori.

B) ALIMENTAZIONE ANIMALE

B.1) Le materie prime.

Il principio commerciale prevede che si utilizzino le materie prime di maggiore convenienza da qualsiasi parte provengano.

Il sistema dei controlli è poco efficace, in quanto è basato soprattutto sull’autocontrollo. Ad esempio, in Italia non si ricercava la diossina finché non è scoppiato il problema in Belgio. Per il futuro si prevede di effettuare 300 test all’anno sui mangimi, per tale ricerca; calcolando che in Italia la produzione mangimistica assomma a circa 12 milioni di tonnellate di mangime, si vede come sia assolutamente insufficiente.

Così non si può ipotizzare quante materie prime sfuggano a tutte le ricerche e prodotti di scarto finiscano nel mangime. Il fatto che in Italia non si sia mai trovata Diossina non è sintomo di assenza, quanto di non ricerca. Le ultime indagini dei NAS dimostrano che anche nel nostro paese ci sono gli stessi problemi del resto d’Europa (intervista Min. Ronchi del 4 novembre 1999). Come sostiene lo stesso ministro, finche non si riuscirà a ritirare dalla circolazione tutte le sostanze di scarto non si potrà mai essere del tutto sicuri che qualche disonesto non le somministri agli animali.

B.2) La qualità dell’alimentazione dei capi.

Oltre alle materie prime (mais, soia, frumento, altri cereali) entrano nell’alimentazione animale molti integratori che sono la parte più preoccupante

Tra gli ingredienti utilizzati troviamo antibiotici (per mangimi medicati, integratori medicati, auxinici);

alcali e acidi composti azotati non proteici o altri prodotti farmaceutici di sintesi, urea, amino acidi di origine sintetica,

sostanze coloranti, conservanti, appetizzanti, elementi minerali.

Il motivo fondamentale dell’utilizzo di queste sostanze è determinato dal desiderio di trovare la via più facile, più economica e più rapida per un migliore accrescimento animale, al minor costo possibile, come vuole la zootecnia chimica e intensiva .

B.3) Mangimi medicati, integratori medicati, sostanze ad azione auxinica

Sono tutte molecole simili, antibiotiche o di uguale azione, sia per prevenire le forme patologiche altrimenti inevitabili negli allevamenti industrializzati, sia per far crescere più rapidamente gli animali (auxinici). Si deve dire che senza la somministrazione di antibiotici gli allevamenti industrializzati non potrebbero esistere.

L’OMS dichiara - con preoccupazione - che più del 50% degli antibiotici prodotti in Europa (10.000 tonnellate) è utilizzato per gli animali.

Di questi il 15 % (1,5 milioni di tonnellate) sono immessi nei mangimi, come auxinici o per la prevenzione.

Le conseguenze sono antibiotico resistenza, perché i batteri vengono in contatto ripetutamente con i farmaci, e, per un meccanismo ben conosciuto, diventano insensibili alla loro azione per cui gli antibiotici usati per gli animali non servono più per le persone, che troveranno difficoltà a guarire dalle malattie. Dopo anni, anche le fonti ufficiali hanno dovuto ammettere che il problema esiste.

Negli Stati Uniti, nel numero di marzo 1988 la rivista americana Consumer Report ha rivelato i risultati di un test condotto comprando al dettaglio 1000 polli: nel 71 per cento cioè in 710 è stato trovato un batterio -il campylobacter- considerato in America la causa più comune di contaminazione negli alimenti: è comparso a tassi quattro volte superiori alla salmonella.

Così il Center for Diseases control and prevention stima che il Campylobacter causi, per l’antibiotico resistenza indotta, almeno 500 morti l’anno negli Stati Uniti e 8 milioni di casi di indigestione e dissenteria. ( Il Manifesto, La Stampa, 21.10.97)

The Guardian (19.8.99) Farm Antibiotics pose risk to human health - Sostiene che l’utilizzo di farmaci nell’allevamento animale porrà problemi gravissimi per la salute umana

Lancet - citato da Salvagente del 16.9.99 e da Focus di ottobre 99 -Studiosi USA hanno rinvenuto la presenza di batteri resistenti a tutti gli antibiotici in sacchi di mangime ancora sigillati. Questo fatto è direttamente collegato al grande consumo di antibiotici negli allevamenti di polli, dove si generano batteri resistenti agli antibiotici che poi passano nel mangime con le farine ricavate dagli animali morti.

Settembre ‘99 - su tutti i maggiori quotidiani - La presenza di un batterio resistente a tutti gli antibiotici - definito VISA - è stata rilevata in Gran Bretagna e in Italia.

La sua origine va ricercata nelle resistenza acquisita nei confronti degli antibiotici per il troppo elevato uso di queste molecole non solo in medicina umana ma anche per il troppo elevato uso indiretto, tramite alimenti derivati da animali sottoposti a questi trattamenti.

Da "LA REPUBBLICA. INSERTO SALUTE DEL 3.6.99" :La somministrazione regolare di antibiotici agli animali da allevamento, per prevenire le malattie ed avere quindi maggiori profitti, aumenta le malattie negli esseri umani. Negli USA la resistenza al quinolone è cresciuta dal 1992 al 1998 del 9,9 per cento. Il problema è grave perché tutti gli antibiotici utili all’uomo sono usati per l’allevamento.

B.4) Mangimi addizionati con alcali, acidi composti azotati non proteici o altri prodotti farmaceutici di sintesi - urea, amino acidi di origine sintetica.

elementi minerali (metalli pesanti)

Tutte queste molecole sono impiegate nel tentativo di risparmiare sulle materie prime, sfruttando la capacità degli apparati digestivi degli animali di ricombinare le sostanze azotate primarie in molecole migliori, cosicchè la somministrazione di prodotti chimici più semplici, dall’urea ai prodotti di sintesi chimica, evita l’utilizzo di sostanze azotate in forme meno economicamente vantaggiose ma più adatte agli animali (cereali, mais, grano, erba e fieno o paglia ).

Alcune di queste sostanze sono prodotte da sintesi di materie di basso costo e di altrettanto basso pregio.

In questo gruppo rientrano anche le molecole di metalli pesanti utilizzate anche per celare le somministrazioni illegali di ormoni agli animali.

In Italia (La Stampa, 14 dicembre 1996) sono stati rinvenuti allevamenti nei quali venivano usate sostanze sospette di esser cancerogene per stimolare la crescita dei conigli, tra queste dimetridazolo e cloramfenicolo, quest’ultimo ritirato dall’uso umano perché cancerogeno.

Recentemente il NAS ha rinvenuto animali cui erano stati somministrati cadmio e cromo in quantità eccessiva, proprio a scopo auxinico e per nascondere eventuali somministrazioni di sostanze ormonali vietate.

Molte di queste sostanze chimiche rimangono come residui nelle carni e nei prodotti di origine animale, e passano ai consumatori. Nel caso dei metalli pesanti, ad esempio, è riconosciuto che questi non si distruggano in nessun modo e che dagli animali passino sicuramente ai consumatori. L’elevata presenza di metalli pesanti nei mangimi si può rilevare con estrema facilità, basta osservare sui cartellini che accompagnano i mangimi la presenza delle ceneri, cioè di quelle molecole che resistono a 600 gradi centigradi. In questo modo si può verificare quanta alta sia la percentuale residuante e quindi la loro presenza.

B.5) Sostanze coloranti, conservanti, appetizzanti

Questi tipi di prodotti chimici servono a rendere falsamente migliori i mangimi.

I coloranti si utilizzano per colorare innaturalmente i prodotti di origine animale, come i caroteni e le xantofille utilizzate per far diventare più rosso il tuorlo dell’uovo; i conservanti servono per migliorare la conservabili del mangime anche - e soprattutto - quando questo è fatto con sostanze scadenti per cui sarebbe di difficile conservabilità; gli appetizzanti - come dice il nome,.. - servono per migliorare artificialmente il gusto e per ottenere un aumento della quantità di mangime consumata dagli animali, per spingerli cioè a sovra alimentarsi e per farli crescere quindi più velocemente.

Queste sostanze non sono indispensabili e servono per favorire una crescita artificiale degli animali, un rischio per la salute di chi è costretto suo malgrado a consumarne i residui con i prodotti di origine animale.

B.6) Le sostanze illegali

Diossina. Utilizzare materie di scarto è oltremodo conveniente, come dimostra la diossina. È altamente probabile che non si sia trattato di un errore, perchè i contenuti negli animali erano troppo elevati per pensare ad un semplice problema puntuale. Si trattava di una lavorazione sistematica che è stata scoperta per qualche strano motivo (guerra commerciale, maggiore attenzione di qualche veterinario, ecc.)

B.7) Non dimentichiamo gli ormoni e i prodotti simili (beta agonisti)

Le statistiche ufficiali del Ministero della Sanità, peraltro ferme al 1995, ci dicono che la somministrazione di ormoni è assolutamente marginale, e di questo si fregiano allevatori e macellatori per rassicurare i compratori della carne. In verità, basta andare nelle stalle industriali per vedere le trasformazioni degli animali o sentire parlare gli addetti ai lavori nelle loro trattative commerciali, per capire quanto sia generalizzata l’illegalità. I laboratori ufficiali ricercano le sostanze per le quali sono attrezzate, contro le decine e decine che le ditte private sono in grado di mettere in produzione e in commercio. D’altra parte con più di 700 milioni di animali macellati, grandi e piccoli, ogni anno, controllare tutto significherebbe mettere in atto uno stato poliziesco dedicato solo a questa attività.

B.8) Le farine animali

Attualmente vige il divieto di somministrare farine di carne ai ruminanti, libere invece per tutti gli altri animali (suini e avicoli, ad esempio..), mentre nei ruminanti si possono usare le farine di pesce. Nessuno però controlla che queste, fino a cinque volte più care di quelle di carne, non siano mescolate con le altre e somministrate anche ai bovini, per ottenere un maggiore guadagno.

L’unica soluzione è vietare l’utilizzo per tutti gli animali di farine derivate da altri animali, come già avviene in Francia.

C) IL QUADRO NORMATIVO

L’indirizzo europeo e italiano è quello di puntare soprattutto sui controlli e sulla severità delle leggi, con risultati non sempre confortanti. Così si permettono tutte le sostanze che l’industria propone di utilizzare, solo entro determinati limiti. In questo modo diventa pressoché impossibile effettuare delle vere azioni di verifica in quanto si imporrebbe la necessità di analizzare un numero infinito di sostanze: tutte quelle usate per l’alimentazione del bestiame, tutti gli animali macellati, tutte i cibi vegetali. Di fatto non è possibile.

Ad esempio, per quanto riguarda le sostanze ormonali o simili negli allevamenti zootecnici, in Europa vige una legislazione rigida, che prevede pene severe se si individua un animale trattato con tali sostanze. Per motivi di democratico garantismo, però, è necessario individuare esattamente la molecola illegale utilizzata e ciò, di fatto, comporta l’impunità dei malfattori. Anche se l’osservazione degli animali degli allevamenti industriali non lascia dubbi sul fatto che si sia fatto uso di sostanze sospette, sono in continua diminuzione i casi di riscontro ufficiale. Così i controlli non fermano l’illecito e costituiscono garanzia di salubrità ben sfruttata dai produttori stessi. Questo principio vale per tutte le possibili sostanze aggiunte fraudolentemente nei mangimi, con pochi controlli e strumenti inadeguati e insufficienti, diventa pressoché impossibile perseguire l’illecito.

Occorrerebbe cambiare l’indirizzo e adottare la soluzione che si è imposta a livello sportivo: l’illecito non dia luogo ad atti penali ma solo all’esclusione dal commercio e tale esclusione sia effettuata in base a elementi facilmente rilevabili: presenza di acqua nelle carni, presenza di residui di sostanze chimiche estranee, ecc. Per le molecole chimiche somministrate agi animali o ai vegetali, invece, occorrerebbe diminuire la possibilità di utilizzazione non in quantità ma in qualità, proibendo cioè il loro uso a partire dalle più pericolose per estenderlo gradatamente alle altre.

D) L’ATTIVITÀ DEGLI ORGANISMI ADDETTI AL CONTROLLO

Gli organismi di controllo, in questo campo, sono rappresentati da due categorie essenzialmente: i veterinari pubblici e i NAS. I veterinari pubblici sono i più numerosi in Europa, 5000 in Italia (e solo 500 in Gran Bretagna), e quindi pensare di aumentare ulteriormente il loro numero sembra utopico. D’altra parte sono i numeri delle produzioni che rendono difficile il controllo, come ricordato prima. Soprattutto occorre considerare che il vero imbuto sono i laboratori, perché non basta prelevare i campioni sul territorio, negli allevamenti o nelle industrie, se poi non vi è la possibilità di analizzarli.

Per rafforzare l’apparato di controllo, si potrà pensare ad aumentare i Carabinieri del NAS e i laboratori degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali in organico e dotazioni scientifiche.

E) IL FUTURO ? TRANSGENICO

Sembra che qualcosa stia cambiando, ma al momento è ancora molto attuale la possibilità che il cibo futuro sia quello transgenico, sia per gli uomini sia per gli animali.

La situazione è in perenne movimento, per cui è meglio ragionare solo sugli elementi generali, che possono essere riassunti in una totale mancanza di sicurezze, se è vero, come scritto nel The Guardian del 1 dicembre 1999, che le voci di dubbio e perplessità degli stessi ricercatori sono state regolarmente cestinate dal FDA americano, tutto preoccupato di non togliere mercato all’industria transgenica. Notizie che si accompagnano alle ammissioni che il mais trangesnico avvelena la terra. Questo sottolinea che non si sono ancora raggiunte certezze sulla innocuità del cibo e che la ricerca privata privilegerà solamente gli aspetti utili alla stessa, soprattutto in mancanza di un vera possibilità di controllo sociale e pubblico.

Già adesso non si sa quanto mais, soia o altro, viene somministrato agli animali d’allevamento, dal momento che importiamo molti cereali, e non viene dichiarato se si tratta di alimenti modificati o no. Pertanto non si può essere certi che questi non facciano danni alla salute degli animali e dei consumatori.

La diossina nei polli
di G. Nebbia

Nella lunga serie di storie avvenute "nel nome del profitto", nel giugno 1999 qualcuno scoprì che, nel Belgio, erano finiti in commercio dei polli la cui carne era contaminata da diossina. Non so se nei mangimi fabbricati da qualche ditta in Belgio erano finiti grassi fritti o oli lubrificanti o isolanti di trasformatori contenenti policlorodifenili (i pcb), potenziali fonti di diossine o di altre sostanze cancerogene.
Se, come probabile, dei mangimi sono stati contaminati con "diossina" non so quale delle oltre duecento "diossine" più o meno tossiche essi contenevano e in quale concentrazione. Si trattava certamente di qualche frodatore che, appunto nel nome del profitto, ha trovato qualche materiale grasso, o avanzo, o residuo, a basso prezzo, e l'ha aggiunto a qualche mangime per "fare peso" e guadagnare di più. L'aspetto allucinante di questa pagina delle frodi alimentari è che neanche i governi europei sono in grado di dire con chiarezza e senza furbizie ai cittadini se gli alimenti che si trovano in commercio, o quelle decine di tonnellate di uova e carne avviati alla distruzione sono pericolosi per la salute, che cosa contengono.
Mi vengono alla mente i mesi successivi alla fuga di diossina a Seveso; o i mesi successivi all'incidente al reattore di Chernobil, in Ucraina, quando per settimane agli italiani è stato detto che l'insalata era radioattiva, ma anche che l'insalata non era radioattiva.
Eppure la risposta può essere data con analisi chimiche. Dove sono i laboratori in grado di analizzare la concentrazione e la natura delle diossine o di pcb o di idrocarburi cancerogeni, presenti negli alimenti in circolazione ? Come vengono distribuiti i campioni da analizzare fra i vari laboratori ? chi raccoglie e coordina e riferisce ai cittadini i risultati delle analisi ? Le varie riforme sanitarie, lo spezzettamento delle competenze amministrative e politiche sui laboratori analitici, le interferenze con le agenzie per l'ambiente --- tutte strutture pubbliche che dovrebbero usare gli stessi metodi analitici, disporre degli stessi strumenti per identificare le sostanze pericolose per la salute, bene supremo dei cittadini --- ci hanno dato un paese, la quinta potenza industriale dell'occidente, incapace di dare risposte analitiche scientifiche esatte e rapide alla domanda posta dai cittadini: questo uovo, o questa carne, o questa farina sono sicuri ? contengono sostanze pericolose ? quali ? in quale quantità ? Anche in quel caso abbiamo dovuto costatare il fallimento dello stato --- non di uno o l'altro governo, dello stato --- italiano nel suo compito principale, quello di difendere la salute dei cittadini con laboratori chimici, apparecchi, personale competente e motivato. Occorrono soldi, ma il costo della prevenzione delle malattie è molto inferiore a quello della distruzione dei prodotti agricoli, al costo del disorientamento dei cittadini, alla perdita di credibilità dello stato, minato dalla divinizzazione del privato e degli interessi economici contrapposti ai diritti della collettività.

Nitrosammine negli affettati: ancora alimenti poco sicuri


I nitrati e i nitriti sono presenti naturalmente in molti prodotti stagionati ma da tempo vengono aggiunti agli alimenti, per esempio gli affettati, con una funzione antibatterica, per evitare la proliferazione di batteri molto pericolosi per l’uomo, come il botulino, e per preservare il colore originario dei cibi. Ma la tendenza dei nitrati e nitriti a legarsi con sostanze presenti negli alimenti provoca la formazione delle nitrosammine, ritenute cancerogene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per valutare la presenza effettiva di queste sostanze sulla nostra tavola Altroconsumo ha analizzato più di cento prodotti, tra carne conservata e affettati (prosciutto, speck, wurstel, salsiccia secca, bresaola, mortadella…) e birre. L’inchiesta rientra in una attività di indagine patrocinata dalla Commissione europea che ha coinvolto, oltre ad Altroconsumo per l’Italia, le altre associazioni dei consumatori in Francia, Spagna, Portogallo, Belgio; i prodotti presi in analisi in tutti i paesi sono stati oltre 600.

Nonostante gli esperimenti in laboratorio abbiano provato che le nitrosammine sono cancerogene per 41 specie animali, e dunque la cautela nell’assunzione da parte dell’uomo sarebbe d’obbligo, non esite una legge, né comunitaria, né italiana, che ne stabilisca i limiti massimi di presenza negli alimenti.

I risultati segnalano la presenza di nitrosammine in un quarto dei prodotti analizzati nei cinque paesi. In Italia sono stati trovati 3 prodotti con un livello di nitrosammine oltre i limiti da noi ritenuti accettabili: si tratta di Del Zoppo punta d’anca bresaola (circa 3 volte e mezza la quantità accettabile di nitrosammine); un campione di prosciutto crudo San Daniele venduto sfuso (1 volta e mezza la quantità accettabile); Gasser Speck dell’Alto Adige (poco più del limite accettabile). Meglio la situazione che emerge dalle analisi sulle birre, dove nessun prodotto supera il limite considerato accettabile, anche se il 52% dei campioni a livello europeo ne rivela tracce.
Ad oggi non esiste alcuna legge europea che limiti il tenore di nitrosammine negli alimenti, ma esiste dal ’95 una Direttiva che impone in alcune verdure livelli massimi di presenza di nitriti e nitrati, alla base della formazione delle nitrosammine.

Il Comitato Consumatori Altroconsumo chiede dunque che:
- siano resi più severi i limiti di presenza di nitriti e nitrati contenuti nella Direttiva europea e siano fissati per tutti gli alimenti;
- siano stabiliti per legge le soglie di accettabilità di presenza di nitrosammine negli alimenti;
- vengano effettuati controlli efficaci da parte delle autorità sanitarie;
- vengano previste sanzioni per quei produttori che dovessero immettere sul mercato prodotti a rischio.

Altroconsumo per evitare oggi dei rischi per la salute dei consumatori consiglia di accompagnare con verdura e frutta, ricchissime di antiossidanti che attenuano gli effetti delle nitrosammine, il consumo di carne di maiale stagionata e insaccati in genere, e di variare il regime alimentare in modo che questi alimenti non siano consumati tutti i giorni.




I consigli che sono dati sull’alimentazione sono vari e spesso anche contraddittori, creando confusione e provocando il nostro disinteresse per ciò che mangiamo, facendoci sentire in colpa davanti una tavola. Chi sconsiglia la carne e chi la consiglia, chi afferma che il vino va evitato ma aggiunge che un bicchiere a pasto aiuta le arterie, i dolci vanno eliminati e poi si scopre che il cioccolato è un antidepressivo, la frutta fa bene ma le mele favoriscono le carie. Insomma ce né tanto da farci diventare matti. Qual è dunque la linea che dobbiamo seguire per non sentirci ogni volta in colpa se abbiamo seguito un consiglio piuttosto che un altro. Avere una risposta certa può sembrare un’utopia, ma vi sono alcune regole che se rispettate ci faranno sentire meglio senza privarci completamente dei piaceri della tavola. Teniamo presente che in cucina vi possono essere dei cibi che aiutano la salute ed altri che aggravano determinate patologie, però il nostro fisico ha bisogno di tutti gli alimenti, quindi la prima regola è la "moderazione". Fare attenzione a ciò che mangiamo è una forma di prevenzione medica, un’attenta alimentazione è sicuramente un modo per prevenire o migliorare problemi di salute, e poi curarsi mangiando è senz’altro più divertente ed emotivamente consolante che limitarsi a prendere medicine. Lo stomaco e l’intestino diventano il miglior giudice nello stabilire ciò che digerisce meglio, e se ciò che mangiamo non è gradito ci avvertirà provocando sensazioni di pesantezza, nausea, o perfino dolori, disturbi che possono essere provocati anche da una masticazione frettolosa, cucina troppo grassa, associazioni indesiderabili o altro ma se una volta eliminate queste cause perdura il malessere basterà incominciare a selezionare ed eliminare ciò che non gradiamo dal nostro menù. Nella preparazione di un pasto bisogna tenere presente che vari ingredienti di natura differente uniti insieme in un unico piatto sono di difficile digeribilità, meglio quindi tanti cibi divisi tra loro che un unico piatto cucinato tutto insieme, è consigliabile anche usare pesce e carne in proporzioni minori e aumentare quelle di cereali ed ortaggi, avere ad ogni pasto alimenti fermentati aiutano la digestione, (pane, birra, ecc.), e per chi ha problemi di dieta bisogna favorire alimenti voluminosi ed a bassa concentrazione energetica. Di solito si guarda alla qualità dei cibi e si fa poca attenzione poi al metodo di cottura e conservazione, ancor meno alle associazioni alimentari ed ai recipienti con cui si cucina, che possono alterare le qualità dei cibi. Saper cucinare quindi è anche un metodo per diventare medici di noi stessi. Il saper preparare un piatto che sia gustoso, abbinando gli alimenti in modo che aiutino la digestione, in cui i principi nutritivi siano salvaguardati, e che nel momento della cottura non si producano sostanze tossiche, è meno complicato di quanta possa sembrare. Iniziando a cucinare gli alimenti (sperando nella loro freschezza) bisogna tenere presente che: dobbiamo prepararli senza distruggere troppe vitamine, evitando di fabbricare sostanze cancerogene, combinando gli alimenti in modo che si completino, e preparali nei giusti recipienti che non li alterino tutto ciò è meno difficile da attuare di quanto possa sembrare. Premettendo che l’argomento affrontato è ovviamente più vasto di com’è descritto in questo articolo vi consiglio, se v’interessa, di approfondirlo ulteriormente, intanto a grandi linee per potervi orientare sappiate che molte sostanze vanno perdute già all’inizio per vari fattori come; la raccolta prima della maturazione, i tempi d’immissione sul mercato, le raffinazioni e lavorazioni dei prodotti, con la cottura si rischia di eliminare le restanti sostanze, questo si può evitare tenendo presente al momento di preparare un prodotto che: quasi tutte le vitamine del gruppo B sono resistenti al calore mentre la vitamina C si perde per il 10 per cento, quando si superano i 100° gradi per almeno 30 minuti, anche la preparazione con troppo anticipo di verdure favorisce perdita di vitamine, tutte le sostanze organiche vegetali o animali si modificano alla presenza dell’aria, ma più è vasta la superficie di contatto con l’aria più la rapidità d’ossidazione aumenta con la temperatura, semplificando, più tardi si taglia o si lavora un prodotto meno sono i rischi di perdere troppe vitamine. L’eccessivo apporto di nitrosamine aumenta il rischio di cancro, per cucinare senza fabbricare od usare troppe sostanze cancerogene, non consumare eccessive quantità d’ortaggi ricchi di nitrati come spinaci, ravanelli, lattuga di serra, sedano bianco ecc., non conservarli in sacchetti di plastica chiusi, consumare rapidamente o mettere nel frigo gli ortaggi ricchi di nitrati e le preparazioni che contengono nitrati, non consumare minestroni o succhi d’ortaggi rimasti diverso tempo a temperatura ambiente, limitare il consumo di pancetta e lardo fritti. Cercate di avere un apporto sufficiente di vitamina C poiché essa inibisce la formazione di nitrosamine. La cottura alla brace produce sostanze cancerogene, i rischi diminuiscono se si consumano insieme alimenti ricchi di sostanze anticancerogene contenenti vitamina A, (carote, indivia, peperoncino, prezzemolo, ecc.,) la vitamina E, che impedisce la formazione di nitrosamine, anche alimenti contenenti le fibre aiutano, perché accelerando il passaggio intestinale riducono il tempo di contatto delle sostanze tossiche nell’intestino.

La scelta dei recipienti e del vasellame in cucina ha la sua importanza, l’alluminio può presentare l’inconveniente del verderame e la pulitura con pagliette di ferro produce un distaccamento di parte di questo materiale, se non è sciacquato molto bene ne possiamo ingerire con i cibi, la cottura in contenitori d’alluminio favorisce la distruzione della vitamina C negli alimenti, e sembra trattenga il piombo presente nell’acqua, favorisce anche la formazione di sostanze mutagene in cotture alla griglia.

Il teflon, usato come rivestimento nelle pentole che permette la cottura senza grassi è teoricamente inoffensivo se: non si superano i 250°C altrimenti si decompone e diventa tossico, ma anche ogni volta che incomincia a consumarsi ed appaiono parti della pentola senza rivestimento è consigliabile eliminare la pentola.

Pentole di ferro o ghisa lasciano negli alimenti, come nel caso dell’alluminio piccole particelle di metallo, tuttavia si possono considerare quasi benefiche al fabbisogno dell’organismo che soprattutto per quanto riguarda il ferro non n’assimila abbastanza dai cibi.

Il rame presenta lo stesso inconveniente e se usato spesso diventa tossico per l’organismo, anche la cottura in questi contenitori favorisce la distruzione della vitamina C nei cibi.

Le pentole smaltate, il vetro, la terracotta e la porcellana sono ottimi materiali inerti anche se presentano l’inconveniente della fragilità.

I contenitori di legno ed i mestoli di questo materiale sono ottimi in cucina, in caso di contatto con salse acide o calore non rilasciano particelle metalliche, ed ortaggi o frutta si ossidano meno rapidamente che quando sono a contatto con i metalli.

Le materie plastiche usate per utensili non sono aggredite dai prodotti alimentari, salvo che, questi non siano molto acidi o molto caldi, in questo caso rilasciano quantità irrisorie di materie plastiche che passano negli alimenti.

F.A.O. FOOD AND AGRICULTURE ORGANIZATION OF THE UNITED NATIONS



FAO/OMS: GLI SCIENZIATI DICHIARANO CHE ULTERIORI RICERCHE SULLA PRESENZA DALL'ACRILAMMIDE NEI CIBI SONO ESSENZIALI



Una Consultazione di esperti sulle implicazioni dell'acrilammide nei cibi, organizzata dall'Organizzazione Mondiale della Sanitá (OMS) e dall'Organizzazione ONU per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), si è conclusa oggi a Ginevra. Come seguito a questo problema, la FAO e l'OMS hanno in programma di stabilire una rete di ricerca sull'acrilammide per raggiungere una conoscenza piú approfondita sui rischi per la salute umana. L'acrilammide verrá inserito tra i punti prioritari nell'agenda del prossimo incontro del Comitato congiunto FAO/OMS di esperti sugli additivi alimentari per una valutazione piú dettagliata.

La Consultazione di 23 esperti in campo scientifico, specializzati in cancerogenesi, tossicologia, tecnologie alimentari, biochimica e chimica analitica, ha identificato alcune questioni aperte che richiedono ricerche urgenti. Mentre è noto che l'acrilammide causa il cancro negli animali da laboratorio, non vi sono studi sulla relazione tra l'acrilammide e il cancro negli esseri umani.

I modelli teorici finalizzati a capire se gli attuali livelli di assunzione potrebbero causare il cancro negli umani non sono abbastanza affidabili per giungere a conclusioni definitive. Negli esperimenti sui topi, l'acrilammide ha dimostrato di avere una potenzialitá simile ad alcuni altri agenti cancerogeni che si formano con la cottura, come alcuni idrocarburi aromatici che si formano nella carne fritta o grigliata. Comunque, i livelli di assunzione dell'acrilammide potrebbero essere molto piú alti. Quindi, la Consultazione ha definito quello dell'acrilammide nei cibi un problema preoccupante.

Comunque, la Consultazione non ha ritenuto i dati disponibili sufficienti a fornire stime quantitative specifiche sul rischio di cancro causato da livelli bassi di acrilammide nella dieta.

L'acrilammide è un prodotto chimico usato nella lavorazione della plastica. La sua presenza era stata inizialmente rilevata in alcuni cibi cotti ad alte temperature in una ricerca presentata in Svezia nell'Aprile del 2002. Tale prodotto è un noto agente cancerogeno e puó causare danni al sistema nervoso.

La ricerca Svedese, e successivi studi fatti in Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, hanno trovato in alcuni alimenti a base di amido - patatine fritte, patatine in busta, biscotti, cereali, pane - livelli di acrilammide di gran lunga superiori a quelli indicati dalle Linee guida dell'OMS sulla qualitá dell'acqua potabile.

Nonostante ció, i livelli di assunzione media di acrilammide da tutte le fonti sono stati misurati ad una quantitá di circa 70 microgrammi al giorno per un adulto, quantitá nettamente inferiore a quella che causa gravi danni nervosi negli animali da laboratorio.


"Dopo aver analizzato i dati disponibili, abbiamo concluso che le nuove scoperte costituiscono un problema serio. Ma la nostra limitata conoscenza attuale non ci permette di rispondere a tutte le domande che sono state poste dai consumatori, dai legislatori e da altre parti interessate" ha dichiarato il Dottor Dieter Arnold, Presidente dell'incontro organizzato dall'Organizzazione ONU per l'alimentazione e l'agricoltura e dall'Organizzazione Mondiale della Sanitá a Ginevra.


Tra gli alimenti nei quali si sviluppa l'acrilammide dopo una cottura ad una temperatura superiore a 120 gradi Centigradi vi sono le patatine fritte, le patatine in busta, i cereali lavorati e il pane. Comunque, hanno fatto notare gli scienziati, non è stato possibile verificare la presenza di acrilammide in altri cibi e la ricerca non è stata ancora portata avanti. Gli esperti hanno sottolineato che mancano dati su cibi presenti in diete di regioni che non fanno parte dell'Europa e del Nord America e che c'è la necessitá di una ricerca piú approfondita in tali regioni.

Di conseguenza non è ancora possibile determinare in quale percentuale la presenza totale di acrilammide nel corpo umano dipende dai cibi a base di amido. Infatti, siccome altri alimenti come la frutta, i vegetali, la carne, il pesce, le bevande e altri prodotti, come le sigarette, possono causare la formazione di acrilammide nel corpo umano, non è nota la percentuale di acrilammide dovuta a cibi a base di amido.

Inoltre, gli scienziati non conoscono la velocitá con cui il corpo elimina l'acrilammide.

La Consultazione ha raccomandato ulteriori ricerche nelle seguenti aree:

· L'esatto processo di formazione dell'acrilammide durante la cottura
· Studi epidemiologici su forme di cancro rilevanti negli umani
· Studi sulla presenza di acrilammide in altri alimenti, inclusi quelli presenti nelle diete di paesi non Europei e non Nord Americani

Acrilammide: più a rischio i cibi cotti ad alte temperature

L’acrilammide è un composto sintetico impiegato in diversi utilizzi industriali. Ma si può trovare anche negli imballaggi, nei cosmetici e nei prodotti per l’igiene personale; inoltre, si sviluppa nel fumo del tabacco.

Che sia nociva per inalazione o contatto si è sempre saputo, ma l’allarme è cresciuto dopo la scoperta che l’acrilammide si annida anche in alcuni alimenti.

Verso la fine degli anni Novanta un gruppo di ricercatori svedesi, durante uno studio sull’impatto di questa sostanza su coloro che vi erano esposti per motivi di lavoro, ha scoperto che anche persone senza alcun contatto con l’acrilammide ne presentavano un tasso elevato nel sangue.

Solo lo scorso aprile la ricerca ha dato una risposta al quesito: è stata scoperta la presenza di acrilammide in alcuni alimenti, in particolare quelli a base di patate e cereali cotti a elevate temperature, seppur in quantità tali da rendere poco probabili danni seri all’organismo umano.

Potete consultare i risultati di queste ricerche su www.slv.se (in inglese) e www.bag.admin.ch.

Per coordinare gli studi sull’acrilammide nell’alimentazione, l’Organizzazione mondiale della sanità ha promosso via Internet una rete internazionale di ricerca (www.who.int/fsf/Acrylamide/researc.htm).

Per saperne di più sull’acrilammide, sui possibili danni sulla salute, sulle precauzioni da adottare in cucina, sui dati raccolti dall’Oms su alcuni alimenti, leggete il nostro articolo.

Da Altroconsumo, gennaio 2003 - n. 156

L’Ue impone una drastica riduzione nell’uso del colorante per pesci d’allevamento
Meno rosa nei salmoni e nelle trote europei
(Direttiva Ue 24.1.2003)



Si accumula sulla retina dei nostri occhi, provocando seri danni alla vista, il rosa aggiunto nei salmoni e nelle trote d’allevamento. E’ il verdetto degli scienziati europei, che ha spinto la Commissione di Bruxelles ad introdurre nuovi limiti, più severi, sulla quantità autorizzata di cantaxantina, il pigmento che permette di colorare i pesci prodotti in acquicoltura rendendoli simili a quelli cresciuti in libertà. La normativa fissa limiti più stretti anche per gli additivi utilizzati per polli all’ingrasso e galline ovaiole per rendere più intenso il colore della pelle dei volatili e il tuorlo delle uova. La direttiva, già pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, dovrà essere applicata dagli Stati membri a partire dal primo dicembre 2003. Da quel momento, la concentrazione massima di contaxatina non potrà superare 25 milligrammi per kg di mangime nel caso di salmoni, trote e pollame da ingrasso, mentre per le galline ovaiole la soglia fissata è di 8 milligrammi per kg di mangime. Nell’intento di garantire la massima protezione del consumatore europeo, la direttiva dovrà essere rispettata anche dai prodotti d’importazione, in provenienza da paesi extra-europei. (29 gennaio 2003)

DIRETTIVA 2003/7/CE DELLA COMMISSIONE del 24 gennaio 2003 che modifica le condizioni di autorizzazione della cantaxantina nei mangimi in conformità alla direttiva 70/524/CEE del Consiglio.


Agente cancerogeno in snack e patatine


Alta densità di acrilammide in molti alimenti in commercio. La denuncia del Salvagente. Imputati i Bahlsen e le chips di McDonald's.


ROMA - Un probabile agente cancerogeno per in molti alimenti e snack normalmente in commercio. Questa la denuncia del settimanale Il Salvagente , che, nel numero in edicola questa settimana, presenta i risultati della prima analisi italiana sull'acrilammide. Un lavoro realizzato per conto della rivista dei consumatori dal Laboratorio della Camera di commercio di Torino. A finire sotto i microscopi 17 confezioni industriali, tra patatine, chips, fette biscottate e corn flakes. Per tutte è stato calcolato il contenuto in acrilammide, sostanza classificata in classe 2A (tra i potenziali cancerogeni per l'uomo) da parte della Iarc, l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Una molecola per la quale la legge italiana impone un severo limite nelle acque potabili: 0,1 microgrammi al litro.

I risultati del test bocciano patatine e chips, che superano di migliaia di volte il tetto precisto per l'acqua nel nostro paese. Una confezione "media" (attorno ai 90 grammi) di patate fritte di MacDonald's, per esempio, contiene circa 50 microgrammi di acrilammide, 500 volte più che un litro d'acqua. Un "tubo" da 100 grammi di patatine Bahlsen, invece, arriva a 160 microgrammi, quanto quelli che la legge permetterebbe di assumere, al massimo, bevendo 1600 litri di acqua. Il test, però, fornisce anche notizie confortanti per gli amanti di fette biscottate e corn flakes, che escono pienamente assolte dall'accusa di ospitare acrilammide.

L'acrilammide fino a qualche mese fa non avrebbe detto nulla al grande pubblico. A cambiare le carte in tavola, ci ha pensato la Swedish national food authority, l'istituto pubblico di controllo sugli alimenti, nell'aprile 2002, che ha denunciato la presenza del pericoloso composto in numerosi cibi, cotti ad alte temperature. Un allarme che ha messo in subbuglio prima gli esperti poi i consumatori, dato che riguardava alimenti difusissimi sulle tavole di tutto il mondo. Le patatine fritte, per esempio, tanto quelle in busta che quelle servite dai fast food, ma anche i biscotti, il pane tostato, i cereali e il caffè. Alimenti normalmente associati a diete squilibrate, come i fritti, già oppressi da più di un'accusa, dunque, ma piatti che nessun consumatore guardava fino a quel momento con sospetto.

La Iarc, l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, in realtà, lo aveva classificato nel 1994, nel gruppo 2A, insieme ad altre sostanze ad alto rischio. E da imporre un severo limite nelle acque potabili, l'unica fonte alimentare considerata a rischio fino allo studio svedese: 0,5 microgrammi al litro (secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità) e 0,1 microgrammi per litro, secondo la legge italiana. Dopo gli studi realizzati da Olanda, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, pare accertato che l’acrilammide si formi durante la cottura di alimenti ricchi di zuccheri e di asparagina (un amminoacido caratteristico delle proteine), quando è presente nel cibo un basso contenuto di acqua.

A finire sotto accusa, insomma, secondo il Salvagente, rimangono patatine e chips. Quelle in busta, ad esempio, mostrano un contenuto di acrilammide circa 3mila volte superiore a quello permesso per l'acqua potabile. A rispondere dovranno essere gli scienziati, spiega il Salvagente, la considerazione che segue è però "preoccupante": un pacchettino piccolo di patatine da 45 grammi, che un bambino consuma interamente, contiene in media 13,5 microgrammi di acrilammide, 135 volte oltre il massimo permesso per un litro d'acqua. Una confezione "media" (attorno ai 90 grammi) di patate fritte di MacDonald's, invece, ne contiene circa 50 microgrammi, 500 volte più che un litro d'acqua. Per un tubetto da 100 grammi di chips Bahlsen, arriviamo a 160 microgrammi, quanto quelli che la legge permetterebbe di assumere, al massimo, bevendo 1600 litri di acqua. Davvero troppo, a meno di non dimostrare che non aveva alcun senso l'allarme e le conseguenti restrizioni adottate per le acque.